Come noto la Pubblica Amministrazione paga spesso di wage premia per i propri dipendenti, se paragonati ai salari di lavoratori privati con caratteristiche simili e comparabili. Il grafico in alto mostra il rapporto grezzo fra compenso per dipendente nella PA e nel settore privato. In Italia, il ratio è crescente e maggiore di uno dal 1990 in avanti, per poi subire una frenata negli ultimi anni. Nel confronto internazionale, sia l’evoluzione che il livello di questo “premio” risultano particolarmente alti, soprattutto se si guarda al brusco cambio di tendenza verificatosi dopo la crisi in molti paesi periferici della Ue.
Il differenziale mostrato non tiene però conto della differenza di composizione nei lavoratori del settore pubblico e privato, per quanto riguarda le capacità, il livello di istruzione e così via. Controllando per questi fattori con una regressione, la tabella mostra un wage premium italiano ridotto a quasi un quarto di quello grezzo. Si pone, infatti, vicino 10% alla fine degli anni 2000, in leggera diminuzione dal 13% di metà decade. Viene dunque confermata l’intuizione: la PA sembra attirare in media lavoratori con qualifiche più elevate rispetto al settore privato. Si badi bene che, nonostante tutto, questa stima potrebbe essere non corretta, a causa di un puro artificio statistico, essendo il livello di istruzione una cattiva proxy del reale valore di competenze di una persona. Tuttavia, per dimostrare che questa discrepanza risulti in un’analisi non robusta, sarebbe necessario mostrare che, in media, lo scarto fra competenze realmente possedute e quelle misurate risulti più forte per il settore pubblico rispetto a quello privato.
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