Quanti schiavi possiedi? La domanda non è una riproposizione dei dialoghi tra ricchi aristocratici ateniesi, o dei proprietari terrieri americani dell’800. Vale ancora oggi e vale per tutti. Come ricorda l’organizzazione non-profit californiana Slavery Footprint, che si propone di combattere il traffico di esseri umani e la schiavitù di questi giorni, basta consumare cibi e indossare vestiti particolari per mettere in moto un macchinario che si fonda, di solito in paesi lontani da quelli del consumatore e con norme diverse (e con scarsa attenzione ai diritti umani), sullo sfruttamento degli esseri umani.
Ci siamo dentro tutti, nessuno escluso, ma in misura diversa a seconda dei consumi. Questo test, che ha avuto anche alcune contestazioni per l’inaccuratezza dei dati, spiegherebbe in quale modo il nostro stile di vita abbia un impatto negativo sulle condizioni di vita e di lavoro di altre persone, costrette a lavorare a ritmi e con modi schiavistici. Forse non è tutto vero. Forse le cose sono più complesse, meno immediate. Ma di sicuro permette a tutti di farsi un’idea.
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