Le batterie agli ioni di litio sono pressoché ovunque – alimentano quasi tutti gli smartphone, tablet e portatili. Eppure, Elon Musk, CEO di Tesla Motors, dice di voler costruire nei prossimi tre anni una fabbrica che negli Stati Uniti raddoppierà la produzione mondiale complessiva di batterie agli ioni di litio. Il piano è ancora alle prime fasi, ma già quattro stati stanno negoziando con Tesla nella speranza di ospitare questa fabbrica.
Le persone sono ormai abituate agli audaci piani di Musk. Oltre ad aver fondato Tesla, ha avviato una società di razzi, SpaceX, che ora spedisce rifornimenti alla Stazione Spaziale Internazionale. Anche per lui, però, la “Giga-fabbrica”, come gli piace chiamarla, pare un progetto audace.
Partiamo dal presupposto che lo scorso anno Tesla ha venduto 23.000 vetture. La giga-fabbrica, che dovrebbe avviare la produzione nel 2017, produrrebbe entro il 2020 abbastanza batterie per 500mila auto elettriche (produrrebbe un numero sufficiente a conservare 35 gigawatt di elettricità, da cui il nome Giga-fabbrica). Oltretutto, le società che producono batterie sono solite annunciare i piani per la costruzione di una fabbrica solo dopo aver raccolto i fondi e selezionato un sito. Per finire, queste fabbriche sono solite crescere gradualmente di dimensione. Perché annunciare il piano di una fabbrica tanto grande – specialmente quando le vendite di auto elettriche non sono ancora tali da giustificarla?
Il progetto pare ancora più dubbioso se si guarda ai tempi duri che altre fabbriche di batterie per automobili stanno attraversando. Nel 2009, il Presidente Obama ha annunciato un ambizioso programma di finanziamenti da 2.4 miliardi di dollari volti ad avviare l’industria delle batterie elettriche per automobili negli Stati Uniti. Questo sforzo, finora, non ha avuto successo – sono state costruite fabbriche, ma le vendite sono state scarse a causa del basso volume di auto elettriche.
Tutti i costruttori di batterie coinvolti hanno faticato (vedi “Too Many Battery Factories, Too Few Electric Cars“).
Musk sta scommettendo che Tesla riuscirà a generare un mercato molto più grande per le auto elettriche. Per mantenere in funzione la fabbrica, dovrà vendere un numero di vetture dieci volte superiore a quello registrato da Nissan lo scorso anno (e Nissan ha venduto più auto elettriche di qualunque altro produttore). Musk ha qualche motivo per essere così sicuro – lo scorso anno Tesla ha venduto negli Stati Uniti lo stesso numero di auto elettriche vendute da Nissan, anche se la Model S ha un costo due o tre volte superiore a quello della Leaf. Pare che, secondo Musk, una gigantesca fabbrica possa ridurre considerevolmente il costo di produzione delle batterie, che continuano a essere la componente più cara all’interno delle auto elettriche. In uno scenario ottimale, questa riduzione di costo aiuterebbe Tesla a produrre un’auto per il mercato di massa simile alla Nissan Leaf o alla Chevrolet Volt ma capace di percorrere il doppio della distanza (l’auto sarebbe anche capace di accelerare più rapidamente).
Non è ancora chiaro, però, se una gigantesca fabbrica sarebbe veramente capace di portare ai tanto desiderati tagli nei costi. Secondo una presentazione agli investitori, ridurrebbe i costi del 30 percento. Tesla ha collezionato un certo numero di meriti nella riduzione del costo delle batterie (vedi “Cinque domande a Tesla Motors“) e persino migliorie presso le fabbriche convenzionali potrebbero ridurre i costi del 15 percento entro il 2020, secondo Menahem Anderman, presidente della Advanced Automotive Batteries. Non è chiaro da dove dovrebbe arrivare il restante 15 percento.
Le economie di scala potrebbero contribuire a ridurre i costi di produzione, ma Tesla sostiene che anche l’insolito design della giga-fabbrica, con batterie realizzate partendo da materiali grezzi piuttosto che semplicemente assemblate, contribuirà.
Solitamente, le componenti delle batterie sono realizzate in svariate località. Gli elettroliti sono spesso realizzati presso grandi impianti chimici, mentre gli elettrodi in grafite provengono dagli impianti che producono anche la grafite per gli pneumatici ed altre applicazioni. Gli elettroliti e gli elettrodi vengono quindi assemblati assieme in celle presso fabbriche dedicate, che vengono assemblate a loro volta in batterie complete – con tanto di impianti di raffreddamento e sistemi di controllo elettronici – presso un altro stabilimento.
Musk intende portare quasi la totalità di questi processi sotto lo stesso tetto. Materiali grezzi convertiti in elettrodi, elettroliti, contenitori e altre parti entrerebbero tutte da un lato, mentre dall’altro uscirebbero le batterie finite. La fabbrica sarà anche in grado di smantellare vecchie batterie per riciclarne i materiali, e Musk prevede persino di utilizzare energia eolica e solare per contribuire all’alimentazione della fabbrica.
Brett Smith, codirettore alla manifattura, ingegneria e tecnologia presso il Center for Automotive Research, dice che il controllo di ogni singolo passaggio del processo contribuirebbe sicuramente alla riduzione dei costi.
Tesla dovrebbe raccogliere intorno a sé un gran numero di competenze per garantire la riuscita di questo piano. Oltretutto, esistono alcuni vantaggi nel produrre componenti differenti in luoghi differenti, quali ad esempio il minor costo di produzione degli elettroliti presso un grande impianto chimico che produce altre sostanze. Panasonic, l’attuale fornitore di batterie per Tesla, beneficia del know-how dei suoi lavoratori in Giappone, molti dei quali vantano decenni di esperienza.
“I costruttori hanno provato entrambi gli approcci. Entrambi possono funzionare”, dice Jack Hu, professore di operazioni e ingegneria industriale presso l’Universita del Michigan.
Hu aggiunge però che un impianto del genere dovrebbe essere flessibile. “Realizzare unagiga-fabbrica è possibile, ma la chiave sta nel come realizzarla. La produzione di batterie è un processo complesso che comporta svariati passaggi. Se questi passaggi sono indipendenti gli uni dagli altri, allora una giga-fabbrica non può funzionare. Si presenterebbero problemi di gestione, tempi morti e difficoltà a riconoscere problemi di qualità”.
Oltre alle sfide tecniche, Tesla potrebbe avere problemi a convincere i partner a seguire questo piano. La fabbrica costerebbe $5 miliardi, 2 dei quali proverrebbero direttamente da Tesla. Se l’azienda non riuscisse a vendere il numero di automobili prefissato, verrebbe meno la prima applicazione delle batterie sviluppate presso la fabbrica. Questo fa della giga-fabbrica un investimento rischioso (Un mercato potenziale, che utilizza le batterie per immagazzinare l’elettricità della rete elettrica, è ancora in uno stadio iniziale di sviluppo).
Ammesso che la giga-fabbrica venga realmente costruita, a prescindere dall’aspetto finale che avrà, la maniera in cui Musk ha promosso questo progetto potrebbe rivelarsi un’ardita mossa di business. L’annuncio della fabbrica a uno stadio talmente iniziale, e con dimensioni talmente ambiziose, potrebbe favorire le negoziazioni con gli stati, specialmente considerate le dimensioni proposte per la fabbrica. Alcuni stati stanno persino riconsiderando leggi che limitavano le vendite di Tesla, il che potrebbe aiutare ad aprire nuovi mercati per la casa.
Una proposta tanto ambiziosa potrebbe portare Panasonic o altri partner a scegliere piani meno ambiziosi – una fabbrica per alimentare 100,000 automobili, ad esempio. “Panasonic non può permettersi di perdere l’attività’”, dice Anderman.
Eppure, per quanto il piano di Musk sia grandioso, vale la pena precisare che 500mila automobili siano ancora una frazione minuscola rispetto all’industria automobilistica mondiale. GM ha venduto quasi 10 milioni di automobili lo scorso anno. Se le auto elettriche vorranno mai avere un impatto reale sul mercato automobilistico, le giga-fabbriche dovranno diventare realtà.