La mala sarda colpisce ancora e punta sul narcotraffico

Parla il capo della Mobile di Nuoro

NUORO – Escalation di violenza in Sardegna. Martedì 25 marzo, l’auto di Roberto Aresu, imprenditore di Lanusei, comune della provincia dell’Ogliastra, è stata fatta saltare in aria da una bomba. Nulla da fare per il quarantasettenne, dilaniato dalla deflagrazione dell’ordigno collegato al motorino di avviamento della sua Renault. È bastato girare la chiave nel quadro per disintegrare l’auto posteggiata a pochi metri dalla casa della madre.

La mattinata del capoluogo ogliastrino è stata scossa da un episodio che non sembra avere nulla a che vedere con la storia criminale di queste zone. Una “tecnica di stampo mafioso” – così come l’ha definita anche Fabrizio Mustaro, capo della Squadra mobile di Nuoro – in grado di dimostrare il salto di qualità della criminalità locale. La scelta degli attentatori ha stupito gli inquirenti, decisi però nell’escludere categoricamente il coinvolgimento di Cosa nostra in questa zona della Sardegna.

Una provincia abituata a fare i conti con incendi dolosi a danno di commercianti e amministratori locali o omicidi nelle campagne. Nel 2013, un’altra auto venne fatta saltare in aria a Ilbono, paese a pochi chilometri da Lanusei. In quell’occasione però il conducente riuscì a rimanere miracolosamente illeso. Un episodio che, però, non per forza deve essere messo in collegamento con l’ultimo scoppio, dicono gli esperti.

Ad agire sono state mani esperte, una conoscenza degli esplosivi molto dettagliata che ha permesso di andare a colpo sicuro. La carica scelta è stata progettata per uccidere. Ovviamente, si scava nel passato della vittima, per capire se possono essere riscontrati fatti in grado di spiegare l’accaduto. L’uomo, in passato attivo nella vendita di automobili, risulta indagato per truffa; fattispecie che non sembra sufficiente a giustificare un gesto di questa portata. Nel frattempo è stato invece aperto un fascicolo per tentata strage: l’ordigno avrebbe potuto uccidere anche eventuali passanti o occupanti delle case vicine.

Per le questure di tutta la Sardegna questi sono giorni di intenso lavoro. Solo il venerdì precedente all’attentato è stato infatti portato a termine con successo un assalto a un portavalori dal bottino milionario. Un commando di sette persone ha colpito nel bel mezzo del pomeriggio lungo la 131 “Carlo Felice”, la strada statale che collega Cagliari a Sassari. Un’azione studiata nei minimi dettagli e portata avanti con una strategia militare. I malviventi hanno imbracciato armi da guerra – quasi sicuramente Kalashnikov o AR 70/90 Beretta – e scaricato oltre venti colpi contro due furgoncini blindati. Una potenza di fuoco a cui avrebbe potuto aggiungersi anche lo scoppio di una bomba a mano, così come raccontato dalle guardie giurate. In meno di quattro minuti, gli uomini – tutti dallo spiccato accento nuorese – hanno potuto mettere le mani sui sei milioni di euro partiti dalla Banca d’Italia di Cagliari e destinati agli uffici postali della provincia di Nuoro.

Una somma di denaro da utilizzare per finanziare la criminalità o altre azioni, alla quale vanno anche aggiunti i cinque milioni di euro frutto di un altro colpo orchestrato a Nuoro lo scorso ottobre. Soldi – anche in quell’occasione – destinati agli uffici postali di tutta la provincia. Non è infatti escluso che dietro i due colpi, entrambi a danno della stessa società, si possa celare la stessa mente, magari imbeccata al momento giusto da una talpa. Polizia e Carabinieri seguono diverse piste, le perquisizioni a poche ore dalla rapina non sono però state in grado di dipanare una nebbia che resta fittissima.

Le bande attive in Barbagia e in Ogliastra conoscono benissimo il territorio in cui operano, cercare di fermarle è un’impresa difficile. Nemmeno l’impiego dei “Cacciatori di Sardegna” dei Carabinieri o degli elicotteri della Polizia potrebbe riuscire a fermare chi non è abituato a farsi scrupoli. Le malavita sarda sta diventando sempre più professionale ed esperta. «Abbiamo a che fare con gruppi di persone che si mettono insieme per progettare un colpo per poi riprendere ognuno la propria strada», spiega a Linkiesta Fabrizio Mustaro, dirigente della Squadra mobile di Nuoro. «Non siamo di fronte ai nuclei stabili e alle gerarchie della criminalità organizzata di stampo mafioso», continua Mustaro. «Non ci sono condotte che permettono di integrare il reato previsto dal 416-bis. L’indole criminale barbaricina punta tutto sulle individualità e non su una eventuale compagine criminale operativa con regolarità».

Il dirigente della questura nuorese svolge anche un’analisi sulle attività criminali in Sardegna. «Il sequestro di persona a scopo di estorsione è ormai un reato che non paga più. La legge sul congelamento dei beni della vittima e l’arresto di una lunga serie di latitanti renderebbe oggi molto difficile mettere in piedi quella rete criminale necessaria per portare a termine questo tipo di attività». Come confermato dai vertici della Polizia, anche in Sardegna ci si sta concentrando sul traffico di droga, reato capace di garantire rapidi guadagni in poco tempo. «Già nell’ultima fase della stagione dei sequestri una parte dei ricavi veniva reinvestita nell’acquisto di partite di stupefacenti», racconta il capo della Mobile nuorese. «Il fatto non deve quindi apparire come una novità. Anzi, stiamo assistendo ad un netto salto di qualità; mentre prima ci si affidava all’intermediazione di elementi della criminalità organizzata italiana, adesso sono i sardi a condurre trattative in prima persona. Un dato che conclama la professionalità di certi elementi».

Le grandi rapine servirebbero quindi a finanziare una serie di attività criminali sul territorio sardo e nel resto del Paese. Tra qualche mese, per assurdo, le cose potrebbero essere addirittura più semplici per malviventi e criminalità organizzata. La cura dimagrante imposta al Viminale dal ministro Angelino Alfano si abbatterà infatti anche sulle strutture presenti in Sardegna. Il ministero degli Interni ha previsto di mandare in pensione venti strutture distribuite su tutte le province dell’isola, una decisione che ha scatenato la dura presa di posizione della Cisl e ha fatto preannunciare manifestazioni di dissenso alle altre sigle sindacali. Gli agenti sanno molto bene che il disimpegno dello Stato potrebbe suonare come un via libera per chi ha sempre visto nella presenza delle Forze dell’ordine un intralcio per i propri affari. 

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