Il programma di Scelta Europea si pone all’interno della lunga tradizione dei partiti di ispirazione liberale europea, come evidenziato dalla scelta di aderire al partito Ue dell’Alde, che dà il suo supporto all’ ex primo ministro belga Guy Verhofstadt come candidato alla presidenza della Commissione. Entrambe le piattaforme programmatiche (Scelta Europea e Alde) hanno un forte richiamo alla tradizione dei padri fondatori della Ue, la cui visione di un mercato unico come pilastro fondamentale per un’Europa libera, economicamente e politicamente, ha guidato per lunghi anni il percorso di integrazione dei Paesi fondatori. Forte è perciò il richiamo al libero scambio, di beni, servizi e idee, queste ultime in entrambi i programmi messe alla base di una rinnovata capacità dell’Europa intera di aprirsi al nuovo paradigma dell’economia della conoscenza.
A questo proposito, è molto interessante il dettagliato impegno a liberalizzare al massimo i settori economici della digital economy, in particolar modo tramite una più libera regolamentazione del settore dei servizi di telecomunicazione, che vedono ancora tariffe esorbitanti da Paese a Paese (cross-border), e un mercato dominato dai grandi player nazionali. Degno di nota anche l’impegno a riformare regolamentazione e incentivi del settore energetico, con l’obiettivo di ottenere una minore dipendenza da fonti fossili. Tuttavia, si dà il caso che il punto critico della cosiddetta “technological neutrality”, perseguibile per esempio tramite una tassazione generalizzata della CO2, che lasci poi al mercato la “scelta” della tecnologia migliore, non è specificato né menzionato nei due manifesti, lasciando dunque aperta la porta alle critiche di chi vede la politica energetica dell’Unione come troppo prona agli interessi delle lobby contrapposte, che potrebbero non essere disinteressate rispetto all’obiettivo di massimizzare l’estrazione di rendite.
Viaggia nella stessa direzione la parte di programma, molto estesa e dettagliata, che impegna i partiti liberali a una revisione globale della Politica Agricola Comune, in modo da liberare risorse per interventi in campi prioritari per lo sviluppo economico di stati moderni. Intendiamoci: la follia di avere la maggior parte del budget europeo destinato a incentivi costosi e distorsivi è sottolineata ad ogni tornata elettorale da quasi i tutti i partiti. Il fatto che poi ogni tentativo di riforma radicale si scontri con gli interessi nazionali di alcuni Paesi (Francia in primis) pone l’accento su una delle debolezze strutturali del disegno europeo, così come si è stratificato nei decenni: la difficile conciliazione – se non il contrasto – fra interessi comunitari e nazionali. Questo è un punto cruciale, che nessuno dei partiti storici della Ue ha mai saputo affrontare in modo risolutivo, ed echeggia anche nelle annose questioni legate all’unificazione bancaria e alla politica monetaria dei Paesi della zona Euro. Da questa angolatura, pare curioso che il programma internazionale dell’Alde non citi per nulla la moneta unica europea, sotto attacco in diversi Paesi – non solo periferici – se non in uno smilzo paragrafo verso la fine della pubblicazione.
Contrariamente al programma Alde, Scelta Europea cita invece la difesa dell’euro come una priorità strategica. Perché questo iato abbastanza notevole fra le due piattaforme? Il timore è che la composizione transnazionale del partito, portatore di istanze eterogenee, annacqui la capacità di analisi e di sintesi nei confronti di quello che, piaccia o no, è il punto cruciale di discussione in molti stati Ue (Italia e Francia in testa, non di certo Paesi marginali). Uno degli errori storici della classe dirigente europea è quello di aver ammantato di mito la costruzione e l’implementazione della moneta unica. Una volta che il re, però, resta nudo, ed è attaccato in modo spesso superficiale, ma efficacemente, quella di nascondere la testa nella sabbia non sembra essere la strategia migliore per difendere, migliorare il progetto della moneta unica, così da contribuire a risolvere quella che in molti Stati è divenuta, nell’immaginario collettivo, la crisi dell’euro, e solo dell’euro. Un partito liberale che voglia davvero gettare il cuore oltre l’ostacolo farebbe bene a raccogliere frontalmente la sfida, contrattaccando laddove le critiche sono prevenute e faziose, ed accogliendo i punti critici, il più delle volte noti da decenni, ma mai affrontati per la nota debolezza strutturale delle istituzioni politiche e del processo democratico Ue.
Per di più, il progetto dell’euro è stato spesso trapuntato da questa idea magica di “intangibilità” e di mito con cui spesso sono state liquidate le critiche verso di esso, prima prettamente accademiche, ma ora crescenti in forza e soprattutto radicate nel sentire di molte società dell’Unione. Un partito che con tale forza richiama le idee fondanti della Ue, la libertà di commercio e di impresa come fonte di benessere, le libertà civili come loro base ineludibile, il superamento di regolamentazioni farraginose prone agli interessi delle lobby nazionali e internazionali, la difesa del consumatore come primo interesse delle legislazioni antitrust, non può nascondere la testa sotto la sabbia e non rilanciare, laddove le mancanze sono state più gravi.
Non serve difesa ma attacco. Più commercio significa economie più integrate, meno prone a shock asimmetrici che, come ben noto nella letteratura scientifica e ormai nella realtà quotidiana, possono mettere a repentaglio il funzionamento della moneta unica. Più libertà d’impresa significa più circolazione dei capitali produttivi, delle idee, delle innovazioni senza le quali, lo ricordiamo, le economie non crescono, con o senza cambi flessibili o aree valutarie comuni. Più responsabilità fiscale significa un migliore ancoramento dei budget pubblici nazionali ai vincoli di bilancio effettivi, senza che comportamenti irragionevoli o fiscalmente irresponsabili di pochi stati mettano a repentaglio il benessere di tutti. Un mercato bancario unico più libero, competitivo, aperto alle innovazioni significa un costo della raccolta del credito più basso e perciò spread sui tassi d’interesse pagati dalle imprese più convenienti in tutta l’Unione. Scuole ed università in competizione per attrarre gli studenti migliori, non solo a livello nazionale ma europeo, significano più libertà di movimento del fattore lavoro, meccanismo automatico di aggiustamento di shock regionali o comunque idiosincratici ai singoli stati.
Ci sarebbero mille possibilità di “attaccare” nel campo stesso dei partiti che invece propongono come soluzione un’uscita immediata dalla moneta unica, soprattutto considerando che le idee esposte sono tutte presenti nel programma, ma non sistematicamente ed efficacemente esposte come la vera, unica alternativa alla difesa di una moneta basata sull’immobilismo moralista, spesso adottato delle strutture politiche della Ue. Sottolineare in modo più strutturato e sistematico come le idee liberali dei padri fondatori restano l’unico modo per far funzionare dignitosamente l’area monetaria comune è un obiettivo non raggiunto, e la cui importanza meritava uno sforzo di presentazione maggiore.