Avevo già scritto, prima del sondaggio pubblicato oggi dal Corriere della Sera e delle parole di Matteo Renzi, di un derby tra l’Italia della rassicurazione e quella della rabbia che si celebrava nelle urne delle elezioni europee. Una grande sfida tra due umori, tra due stati d’animo: il rifiuto totale della crisi e del suo portato di angosce, e il desiderio di tornare a sperare.
Di solito mi fido delle mie impressioni e dei miei personalissimi campioni di elettori, molto più delle rilevazioni demoscopiche. Però oggi devo fare una eccezione per l’articolata messe di dati che Nando Pagnoncelli pubblica sul Corriere disegnando un interessantissimo identikit elettorale. Pagnoncelli scompone le intenzioni di voto per credo religioso, modalità di informazione e formazione delle opinioni, livello socioculturale e professioni degli elettori.
Dall’indagine emergono molte cose che sappiamo già, ad esempio la prevalenza tra gli elettori di Forza Italia dei credenti, o quella degli elettori del Pd tra i non credenti, o dei frequentatori di internet tra i Grillini, o di coloro che siedano la televisione tra i berlusconiani. Ma la notizia che più mi colpisce, questa volta, non è sociologica, ma anagrafica: gli elettori del Movimento di Beppe Grillo sono il partito maggioritario di una generazione, o meglio di un gruppo di generazioni che va dai 44enni in giù. Sembra un caso, ma non lo è: tra i ribelli, o tra gli arrabbiati, o tra i delusi ci sono i sub-quarantenni, quelli che erano minorenni quando è caduto il muro di Berlino.
C’è in questo paese una linea apparentemente invisibile, cioè, tra due grandi gruppi: quelli che hanno vissuto e si sono formati nel secolo breve, nel tempo dei blocchi e della guerra fredda, nel tempo del muro di Berlino e del welfare in Europa da un lato, e tutti quelli che sono nati dopo dall’altro: sono i non garantiti, i non previdenzialmente assistiti, i non stabilizzati. Il popolo delle partite Iva che è fuori dalla garanzia della pensione e dalla sicurezza dei mutui, fuori dalla meta del posto di lavoro fisso, fuori anche dalla distribuzione munifica degli ottanta euro. Non mi stupisce che a questa generazione importi poco o pochissimo del conflitto dei valori, della destra e della sinistra, delle tradizionali identità politiche, di Berlusconi di Renzi. Fino a ieri erano tanti, ma marginali: Grillo è riuscito a farli sentire per la prima volta protagonisti, se non gramscianamente egemoni. Il Movimento cinque stelle li ha fisicamente portati, con i loro pregi e i loro difetti, nelle aule parlamentari. Sono incazzati, sono non garantiti, sono contro. Presto sapremo anche se sono — per la prima volta — maggioranza.