Quando si legge di Senna, soprattutto dei suoi primi anni, è facile trovarlo descritto come un duro, un selvaggio dedito all’ossessione della vittoria, un timido che nasconde una rabbia furiosa, una faccia di pietra che incute timore e rispetto. Tutti coloro che ne scrivono sembrano affascinati da quella sua distanza quasi inarrivabile e, chi più chi meno, finiscono per parlarne come di un talento incredibile, inconcepibile, unico per intensità e dedizione.
Ayrton Senna era tutto questo nel suo lavoro di pilota ma era anche un uomo, un uomo prigioniero del suo talento e della sua passione.
Del grande pilota brasiliano può scrivere solo chi lo ha conosciuto davvero, e sono in pochi; per tutti gli altri, per i tanti che ne hanno parlato e continueranno a parlarne, Ayrton Senna era un pilota raro, completo, estremo nelle prestazioni e, soprattutto, nell’impegno che metteva al servizio della sua ossessione. Un’ossessione talmente forte da risultare spesso incomprensibile. […]
Ho pensato molto a come definire Senna, mi sono scervellato per giorni e giorni e alla fine ho concluso che, forse, l’unica definizione possibile è quella che ne dà Christopher Hilton nel suo libro The Genius: una preda inafferrabile.
Una preda che ha corso da sola sino al momento dell’arresto obbligato, a Imola.
Imola è il luogo dove Senna è morto. È una simpatica cittadina emiliana sulle rive del Santerno, che non avrebbe molto da dire se non ospitasse l’autodromo Ferrari, quello che il grande Enzo ha voluto dedicare a suo figlio Dino. Ayrton Senna è morto il 1° maggio del 1994 ma a partecipare a quella tragedia c’erano già altri elementi che da mesi lavoravano perché quella tragedia si compisse. Forse dall’agosto 1993, forse dal momento in cui Senna, ha cominciato a parlare con Frank Williams.
Negli appunti di Paolo (giornalista inviato al processo, n.d.r.) trovo queste parole, scritte a penna su di un grande block notes: «A uccidere Senna, non è stata sola la Williams FW16! A uccidere Senna sono stati in tanti, senza premeditazione. Sono stati i tanti diversi protagonisti di questo sport che così tanto ci appassiona! Quell’uomo che si è schiantato contro il muro alla curva del Tamburello era un uomo avvilito, confuso, offeso. Per la prima volta nella sua carriera non era stato ascoltato, per la prima volta aveva trovato progettisti gelosissimi della loro creatura e computer-dipendenti, e tutto questo dopo un periodo molto aspro con tanti altri protagonisti di questo mondo, attori di una tragedia lunga mesi e con differenti atti. In ognuno di questi atti c’è una parte della tragedia.»
Quello che è successo a Imola non è stato un caso, né fatalità, né imperizia.
Estratto dall’e-book Il caso Ayrton Senna – tutta la verità sul processo, edito da GoWare.