C’è un clima ormai da ultimi giorni di Pompei in procura a Milano, dove lo scontro tra il procuratore aggiunto Alfredo Robledo e il Capo Edmondo Bruti Liberati, storico leader di Magistratura democratica, sta raggiungendo livelli mai raggiunti in un tribunale di giustizia. Tanto che c’è chi tra i corridoi del palazzaccio dà ormai per difficile la «riconferma» di Bruti Liberati a luglio, quando ci sarà la valutazione per i suoi quattro anni di incarico: non è escluso che possa arrivare un nuovo numero uno della procura. E c’è chi fa già il nome di una donna, Carmen Manfredda, attuale sostituto Procuratore Generale presso la Corte di Appello, non legata a correnti politiche delle toghe, magistrato stimato, vicina ai centristi di Unicost. Nei prossimi giorni a palazzo dei Marescialli sono previste quattro audizioni, quella di Ilda Boccassini, di Francesco Greco, Ferdinando Pomarici e Nunzia Gatto. Serviranno al governo delle toghe per «farsi un’idea» su quanto sollevato da Robledo nelle scorse settimane, ovvero i presunti «vizi di forma e le criticità» sulla gestione della procura e sul modo in cui sono state assegnate le inchieste in questi anni.
Rischiano di pesare in giudizio le parole pronunciate da Manlio Minale, procuratore generale di Milano, di fronte al Csm lo scorso 14 aprile. Minale è la massima autorità a palazzo di Giustizia, è considerato una persona rigorosa e competente. A Milano i giornalisti lo ricordano perché non faceva filtrare nulla e non voleva mai telecamere tra i piedi. Giuseppe D’Avanzo, storica firma di Repubblica, lo descriveva così: «Minale preferisce un pubblico ministero sobrio e ordinato che non infligga sciabolate o provochi rumore o scelga strade avventurose». Per questo motivo le indiscrezioni sull’audizione uscite mercoledì 7 aprile, rappresentano una dura presa di posizione nei confronti di Bruti Liberati e una conferma di quello che aveva detto Robledo il 15 aprile in audizione: l’inchiesta su Ruby Rubacuori non doveva essere assegnata alla Boccassini.
«Non aveva titolarità la Boccassini», ha detto Minale, quando Ilda la Rossa raccolse quattro anni fa la deposizione di Pietro Ostuni, capo di gabinetto della Questura di Milano sul rilascio di Ruby, la giovane marocchina ospite delle serate ad Arcore, fermata per un furto. Quell’interrogatorio fu determinante per “incastrare” Silvio Berlusconi, all’epoca presidente del Consiglio, visto che da lì scaturì la sua iscrizione nel registro degli indagati per concussione, vicenda finita lo scorso anno con un condanna a 7 anni di reclusione e all’interdizione perpetua dai pubblici uffici anche per prostituzione minorile. «La collega Boccassini, non essendoci stata un’assegnazione diretta fino al provvedimento di iscrizione – ha spiegato Minale ai consiglieri – dobbiamo ritenerla non assegnataria di quel procedimento», affidato quattro anni fa ai pm Pietro Forno e Angelo Sangermano, che si era portato dietro il fascicolo una volta trasferito alla Dda.
Minale è stato molto puntuale: «Io non so se la Boccassini abbia chiesto al Procuratore se poteva compiere quell’atto. La possibilità per il procuratore di delegare singoli atti a un sostituto o a un magistrato dell’ufficio», ha chiarito il procuratore generale, «è prevista nella circolare del Consiglio superiore della magistratura» ma «non ha cittadinanza» nelle tabelle di organizzazione degli uffici milanesi, disposte dallo stesso Pg. «Non escludo che in quel caso ci sia stata un’interlocuzione tra l’aggiunto e il procuratore – ha concluso – per cui ci sia un’autorizzazione a compiere quell’attività che si è poi formalizzata nell’iscrizione». È quanto sostenuto da Robledo che ha raccontato come è stato il pm Ferdinando Pomarici, a definire «una violazione delle regole grave» l’assegnazione del fascicolo Ruby a Ilda Boccassini, mentre per Bruti Liberati non ci fu nessuna irregolarità, piuttosto una decisione condivisa con i colleghi interessati.
Robledo ha riportato i giudizi di Pomarici: «Mi ha detto che era una violazione delle regole grave perché il fascicolo andava assegnato al secondo dipartimento (pubblica amministrazione di Robledo, ndr) e non alla Boccassini». E lo stesso Pomarici dovrà ripetere queste considerazioni di fronte al Csm. Ma ormai su Bruti iniziano ad addensarsi nubi sempre più scure. Oltre allo screzio con Robledo sulla sua nomina, dove sono stati ricordati i voti di Magistratura Democratica, oltre al caso Ruby, rischiano di pesare in giudizio le problematiche sul caso Sea, dove ci fu (parole dello stesso Bruti, ndr) «una deplorevole dimenticanza», creando «ritardo esclusivamente a me imputabile». Passaggio che è stato confermato dallo stesso Minale per cui il fascicolo «risulta pervenuto in ritardo al naturale destinatario e ciò ha pregiudicato le indagini ponendo l’assegnatario nella condizione di procedere a una ricostruzione storica di una vicenda che una tempestiva assegnazione avrebbe permesso di seguire con percezione diretta dei fatti».
E poi ancora il caso di Alessandro Sallusti, direttore del Giornale, che avrebbe avuto «una mano leggera» da parte della procura dopo la condanna per diffamazione. Robledo ha riportato ancora una volta le parole di Pomarici, critiche nei confronti di Bruti Liberati, anche se il capo della procura le ha rispedite al mittente. «Non consento che si dica che ho fatto un trattamento differenziato perché è contrario ad esigenze di rispetto della dignità e a quello che risulta dagli atti». E nel frattempo la questione Ruby diventa un assist per il centrodestra nella campagna elettorale per le europee. Luca D’Alessandro (Fi) commenta: «quanto sta emergendo dal procedimento del Csm è un intreccio di irregolarità, abusi, favoritismi e forzature che dimostrano come fosse in vita una procura nella procura che aveva lo scopo esclusivo di colpire Silvio Berlusconi».
Nel frattempo il magistrato Guido Salvini, per anni a Milano, ha spiegato al quotidiano online Formiche.net il suo punto di vista. «Robledo è forse l’unico aggiunto che non fa parte delle correnti di sinistra (MD e i Verdi) ma è vicino a Magistratura Indipendente. È la “corrente” considerata moderata non perché, al pari delle altre, non veda la magistratura e il suo ruolo al centro del sistema, ma perché è molto più indifferente ad apparentamenti ideologico-politici. È una “corrente” in ascesa che spera di ottenere per la prima volta la maggioranza alle elezioni per il nuovo Csm che si terranno a giugno ribaltando l’egemonia dei gruppi di sinistra. Quanto sta accadendo a Milano e quanto si muove all’interno dei rapporti di forza tra le correnti sono quantomeno in forte sintonia».
Il punto insomma è politico. E non riguarda solo il rinnovo del Csm, ma probabilmente anche gli equilibri in una procura così importante come quella di Milano. In tanti aspirano a prendere il posto di Bruti Liberati. Si parla persino di Ilda Boccassini, ma l’impressione è che dopo questi anni così convulsi la scelta potrebbe ricadere su un nome meno noto, come Carmen Manfredda, attuale sostituto Procuratore Generale presso la Corte di Appello, che si distinse lo scorso anno quando valutò che le indagini su reati di natura fiscale non erano state svolte adeguatamente dai pm della procura, in particolare da Francesco Greco, uno dei fedelissimi di Bruti Liberati, coinvolto anche lui nella battaglia interna della procura. Non era mai successo nella storia del tribunale.