Slitta ancora la nomina del successore di Attilio Befera. In lizza restano Francesco Greco, il celebre pm milanese, e Marco di Capua, ex ufficiale della Guardia di finanza e vice direttore vicario dell’Agenzia delle Entrate dal 2008. In pole, inutile dirlo, c’è di Capua. Lo vuole Befera e il ministro Pier Carlo Padoan non ha motivi per opporsi.
La poltrona è importante e il potere di chi ci sta seduto sopra rischia di essere incommensurabile. La nomina infatti stavolta è difficile anche perché vale l’operazione del secolo: la fusione tra Equitalia e Agenzia delle Entrate. Sicuramente sarà il primo fascicolo che il neo direttore dovrà aprire. Ci verrebbe da chiedere a entrambi i candidati di bocciare subito l’operazione per il bene di noi tutti cittadini. Difficile che di Capua si opponga. D’altronde uno degli ideatori sarebbe lo stesso Befera.
Il primo a darne notizia, lo scorso aprile, è stato il Corriere della Sera, non a caso all’indomani della notizia che Attilio Befera avrebbe lasciato l’incarico. L’ipotesi ha poi cominciato a prendere corpo. Inizialmente in nome della spending review, senza però fornire alcuna cifra o stima di risparmio. Sebbene la recente incorporazione dell’Agenzia del Territorio dentro le Entrate non sembri aver prodotto particolari risparmi. Il 22 maggio il giornale di via Solferino ci torna su. Stavolta dando per scontato il fatto che la fusione si faccia. Con grande naturalezza. Eppure, passateci il confronto per rendere l’idea, è come se per risparmiare denaro tra pm, giudice e carabinieri che poi vanno a mettere le manette, si tenesse un’unica figura. Quella del pm, ovviamente.
Marco di Capua (Flickr / Andaf, sotto licenza Creative Commons)
Nonostante la contraddizione sia lapalissiana, domani se ne discuterà in Parlamento, “grazie” al Movimento 5 Stelle che ha presentato un disegno di legge che prevede proprio la fusione. Ignorano, evidentemente, che ne nascerebbe una delle più grandi imprese del Paese, con circa 48mila dipendenti pubblici, e che i cittadini si troverebbero di fronte a un terribile e sempre affamato leviatano fiscale nel cui ventre sparirebbero del tutto i confini tra chi si occupa di norme e di lotta all’evasione e chi a valle dovrebbe gestire la riscossione dei tributi.
A questo punto il rischio che si concretizzi la fusione è alle porte. E i cittadini dovrebbero dire no con fermezza. Sarebbe la definitiva abdicazione da parte dei partiti e della politica alla gestione del Fisco. Di fronte a questa ipotesi anche le sigle sindacali di Equitalia hanno detto la loro: «La classe politica che ha governato per anni – si legge in una nota congiunta dei sindacati – incapace di attuare politiche che attenuassero i gravi danni della crisi tutt’ora in atto ed attenuassero la fase recessiva e le sue ricadute, e che non ha saputo avviare una seria e radicale riforma fiscale, ha indubbiamente beneficiato dell’equivoco venutosi a determinare sui poteri di Equitalia e Riscossione Sicilia, che sono state rese colpevoli di tutte le vessazioni subite dai cittadini».
In Italia – negli ultimi anni – tutto è stato affidato ai funzionari di Stato e la fusione sarebbe la sublimazione di questa logica. Esattamente il contrario di quanto il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, ha promesso da quando è in carica. «La possibilità che Equitalia venga assorbita dall’Agenzia delle Entrate, con la costituzione di una Super Agenzia Fiscale comporterebbe l’accorpamento della funzione dell’accertamento con quella della riscossione in un unico Ente, diminuendo il livello di garanzia per il cittadino», si legge nel comunicato unitario diffuso dalle sigle sindacali della riscossione. Le quali auspicano «che per rendere sempre più efficiente il servizio siano indispensabili l’impegno e la professionalità dei lavoratori del settore, che sapranno applicare al meglio gli ulteriori sviluppi del lungo processo di riforma della riscossione nel nostro Paese tutelando il lavoro, le aziende e l’interesse della collettività’ e, allo stesso tempo, diffondendo una cultura di equità e di certezza».
E qui casca la parola magica. La certezza del diritto e la garanzia del cittadino. Che cosa possiamo invece aspettarci da un unico ente che accerta, verifica, riscuote e quando ci sono i dubbi interpreta le norme? E che cosa possiamo aspettarci da un Paese che ha accettato di mettere il pareggio di bilancio in Costituzione senza che vi fosse inserito anche lo Statuto del Contribuente? A oggi, in Italia, uno dei codici più violati dallo Stato.
Domande retoriche. Anche i grillini sono caduti nella trappola ordita dai palazzi che tanto dicono di odiare. Già, perché a loro insaputa, sostenendo la fusione di Equitalia e Agenzia, stanno facendo felice la grande tradizione fiscale nata con Vincenzo Visco. A differenza di Giulio Tremonti che non ha lasciato particolari tracce né eredi nella macchina del ministero di via XX settembre, Visco ha creato i vischiani. Funzionari radicati e potenti (non solo Befera, doppio direttore per anni, e Vieri Ceriani il consulente che ha contribuito a sfornare Irap, Imu e Tasi) che sembrano perseguire l’obiettivo di costruire una macchina (per gestire il Fisco) che alla fine non avrà più bisogno del governo né tanto meno del Parlamento.
Non è dunque un caso che l’ipotesi sulla fusione sia salita alla ribalta dei media proprio quando Befera ha iniziato a fare le valigie. Sarebbe il modo migliore per preparare la successione e per chiudere il cerchio del “sogno” di Visco. Un mondo dove non sarà più neppure necessario ammantare la caccia al gettito con il termine di lotta all’evasione. Mentre Renzi tarda ad affrontare la questione, non tutti al governo la pensano così. «Dal mio punto di vista la legge delega fiscale deve essere l’occasione per semplificare il corpus normativo ma anche per rivedere i link tra Mef, Equitalia e Agenzia delle Entrate. Temi che confido di poter affrontare operativamente anche a supporto del viceministro Luigi Casero», aveva dichiarato il sottosegretario Enrico Zanetti in un’intervista lo scorso marzo. «Il ministero non può continuare a fissare come unico reale obiettivo quello del gettito. Bisogna distinguere chiaramente – e questo è il primo intervento – la differenza tra lotta all’evasione e verifiche su ciò che è già alla conoscenza del Fisco». In poche parole il ritorno del primato della politica sul palazzo e sull’Agenzia. Esattamente il contrario di ciò che produrrebbe la super-Agenzia. C’è il rischio concreto che Padoan ceda alle pressioni dei vischiani e che Renzi lasci solo il soldato Zanetti. Vedremo il verdetto sulla nomina alla poltrona più alta.