Sindaci di frontiera, 47 morti in meno di mezzo secolo

Sindaci di frontiera, 47 morti in meno di mezzo secolo

Il lungo elenco parte da Gaetano Longo, il sindaco di Capaci assassinato dalla mafia il 17 gennaio 1978. Un omicidio rimasto senza colpevoli. Poi prosegue, vittima dopo vittima. C’è Pasquale Cappuccio, il 24enne consigliere comunale di Ottaviano, ucciso nel settembre del ’78 mentre era in macchina con la moglie. Il calabrese Giuseppe Valarioti, candidato consigliere comunale assassinato a Rosarno nel 1980. Aveva trent’anni. Ci sono il sindaco di Pagani Marcello Torre, colpevole di essersi opposto agli interessi della criminalità organizzata negli appalti sul terremoto irpino, e quello di Platì Domenico de Maio, freddato a colpi di pistola mentre era in auto con la figlia. La vicenda di Angelo Vassallo, il primo cittadino di Pollica ucciso in un agguato quattro anni fa è più nota. Meno quella di Pasquale Grillo, consigliere provinciale di Vibo Valentia, colpito da alcuni sicari nel 2000 mentre sedeva su una panchina nel centro di San Calogero, paese che aveva guidato da sindaco per cinque anni. È il drammatico tributo di sangue degli amministratori locali italiani. Sindaci, assessori, consiglieri: quarantasette omicidi negli ultimi quarant’anni. Dieci solo nell’ultimo decennio

L’elenco pubblicato dalla commissione di inchiesta sul fenomeno delle intimidazioni nei confronti degli amministratori locali non è neppure definitivo. «Per alcuni casi — si legge nel documento — le notizie disponibili sono poche e frammentarie». Intanto «le ricerche continuano, e il quadro che ne risulterà costituirà parte integrante della relazione finale». Il ministro degli Affari regionali Maria Carmela Lanzetta è intervenuta oggi in audizione. Due volte sindaco di Monasterace, in provincia di Reggio Calabria, in passato anche lei è stata più volte vittima di attentati della criminalità organizzata. Davanti alla commissione, l’esponente del governo conferma i dati “allarmanti” del fenomeno.  Solo nel 2013 ci sono stati 351 atti di intimidazione e minaccia nei confronti di amministratori e funzionari pubblici italiani. «Quasi uno al giorno». Un fenomeno in crescita — rispetto al 2010 le violenze sono aumentate del 66 per cento — e pericolosamente diffuso. Stando alle cifre, i casi hanno interessato 18 regioni, 67 province e 200 comuni di tutta Italia. 

«Le cronache dai nostri territori, da nord a sud, raccontano ormai con sempre maggiore e preoccupante frequenza delle continue minacce verbali, delle lettere minatorie, dei danneggiamenti e degli attentati incendiari, delle violenze fisiche e, in qualche caso, anche degli omicidi, a danno di chi amministra, a livello locale, la cosa pubblica». Come sottolinea il ministro, buona parte delle violenze sono legate alla criminalità organizzata. Non è un mistero. Prendendo in considerazione gli ultimi vent’anni anni, sono ben 243 i Comuni sciolti per infiltrazioni mafiose. Ma dietro tante intimidazioni c’è anche altro. «Penso agli interessi economici e al malaffare di ogni natura — racconta il ministro Lanzetta — a quei frequenti e odiosi fenomeni correttivi sempre tristemente alla ribalta della cronaca e agli interessi personali di varia natura che si muovono nella sempre più complessa e complicata realtà dei territori locali».

Parla di numeri che “spaventano”, la presidente della commissione di inchiesta Doris Lo Moro, senatrice del Partito democratico. Anche per questo l’organismo parlamentare è al lavoro per studiare una serie di proposte da trasmettere alle Camere. Il primo passo è la creazione di un rapporto diretto con il territorio. È stato attivato un indirizzo e-mail — [email protected] — per comunicare con la commissione. Nel frattempo sono state contattate le 107 prefetture italiane per richiedere informazioni su ogni episodio di intimidazione subito dalle amministrazioni locali negli ultimi due anni. L’obiettivo è creare una banca dati nazionale in grado di quantificare il drammatico fenomeno. Un sistema  «che possa fornire una casistica completa e aggiornata del fenomeno — condivide l’iniziativa il ministro Lanzetta — Senza dimenticare che molti atti di intimidazione, per natura, non sono nemmeno oggetto di denuncia».

Bisogna avvicinarsi alle vittime, gli amministratori e i funzionari locali. Ruoli di frontiera, «perché il Comune è il primo baluardo dello Stato sul territorio», conferma il ministro, sottolineando «la condizione di solitudine umana e strumentale» che spesso caratterizza tanti sindaci italiani. Parla chiaro, Maria Lanzetta. Ammette che per quanto coraggiosa e figlia di «smisurata passione civile», la resistenza di tanti amministratori onesti da sola non sia sufficiente. Gli attestati di solidarietà non bastano. «Occorre dimostrare, con la necessaria forza e determinazione, la presenza, il sostegno, l’aiuto concreto dello Stato e di tutte le sue istituzioni».

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