Il ponte che unisce Francoforte sull’Oder (Germania) e Slubice (Polonia) è una struttura metallica di colore blu. Alle quattro di pomeriggio il traffico di auto e pedoni è intenso in entrambe le direzioni. Una linea speciale di autobus, di colore verde chiaro, unisce le due città gemelle attraversando l’Oder, un fiume caratterizzato da un paesaggio selvaggio e una natura dirompente.
Su questo ponte, il primo maggio 2004, cittadini tedeschi e polacchi festeggiavano l’entrata della Polonia nell’Unione europea con bandiere e fuochi d’artificio. Oggi, dieci anni più tardi, le due città gemelle a ridosso del fiume si presentano come un esempio riuscito di integrazione, due luoghi di università e di ricerca dove prevale l’europeismo e si guarda con preoccupazione verso gli eventi in Ucraina.
Il ponte che unisce Francoforte sull’Oder a Slubice
«Mi ricordo le celebrazioni a Slubice, la città era un’esplosione di energia. Fino al 2004 le collaborazioni tra le due città si limitavano al piano sportivo, culturale e di formazione. La presenza della frontiera, rendeva gli scambi difficili. Oggi praticamente ogni azienda di Slubice ha contatti con partner commerciali di Francoforte sull’Oder. Il numero di abitanti cresce costantemente, ci sono squadre di calco miste, condividiamo le strutture sportive. Anche le famiglie miste sono in aumento e lo studio del tedesco nelle scuole elementari è d’obbligo», Tomas Ciszewicz, Sindaco di Slubice, traccia un bilancio positivo nel corso di un incontro con alcuni giornalisti stranieri nel municipio di Frankfurt Oder.
Al suo fianco, il suo omologo tedesco, Martin Wilke, ricorda che negli ultimi dieci anni è cambiato l’atteggiamento dei tedeschi della frontiera nei confronti dei vicini polacchi: «Aumenta il numero di famiglie miste e le richieste per i kindergarten bilingui sono alte: le famiglie con doppia nazionalità vogliono che anche i loro figli lo siano». È questo di per sé un dato sorprendente se solo si considera che, per parlarsi, entrambi i sindaci hanno bisogno di farsi accompagnare da un interprete. «All’università ho studiato scienze politiche e non lingue», si scusa Ciszewicz, «parlo francese e russo, però non parlo tedesco. I miei figli parlano inglese e tedesco».
Le autorità ammettono che non mancano i problemi di convivenza. Il principale è un aumento esponenziale dei furti d’auto nelle zone del confine in Germania da quando le frontiere sono state abbattute, tanto che negli ultimi mesi, nell’ambito di uno sforzo congiunto, sono stati restituiti i controlli in alcuni punti. Allo stesso modo, anche il contrabbando continua ad essere un problema. In generale però, secondo la polizia locale, la criminalità nella zona è diminuita negli ultimi dieci anni.
E se Francoforte sull’Oder/Slubice è l’esempio dell’integrazione europea riuscita, questo si deve anche a un laboratorio intellettuale d’eccezione presente in questa località. Si tratta dell’Università Viadrina, che è esistita in questa città come “Alma Mater Viadrina” dal 1506 al 1811, per poi essere rifondata negli anni Novanta, dopo la caduta del muro, come “Università Europea” con lo scopo esplicito di riflettere e spingere l’integrazione verso l’Est.
«Il contesto attuale del decimo anniversario dell’estensione dell’Europa verso oriente, così come le elezioni europee alle porte e, più di tutti, l’attuale crisi in Ucraina ci obbligano a riflettere sull’importanza storica dell’Europa», spiega Gunter Pleuger, presidente dell’Università ed ex segretario di Stato del ministero degli Esteri, dalla Sala del Senato di questo antico ateneo nel cuore di Francoforte sull’Oder, «le nuove generazioni e gli studenti che frequentano questo ateneo praticamente non hanno vissuto la svolta democratica in Europa e danno per scontato ciò di cui noi godiamo tutti i giorni, però non lo è. La crisi in Ucraina dimostra precisamente questo». «Essa ha conseguenze sensibili per l’intera Unione europea e in particolare per i Paesi dell’Est che vi sono entrati nel 2004», aggiunge Pleuger, che come diplomatico tedesco aveva partecipato nell’ambito delle Nazioni Unite alla gestione della crisi in Kosovo, «una crisi come quella di Kiev, e come quella attuale delle relazioni tra l’Ue e la Russia non rimarrà certo senza conseguenze. L’esclusione della Russia dal G8 è stata, dal mio punto di vista un errore enorme, per dialogare è necessario avere un foro». L’estensione dell’Ue, secondo Pleguer deve obbligare a ripensare la leadership in Europa oltre al tradizionale asse franco-tedesco. In questa direzione proprio la Polonia, che vive un miracolo economico e una rinascita, potrebbe ricavarsi un nuovo ruolo.
Se ci sono professori antieuropeisti? Anja, una ragazza bionda di 24 anni originaria di Bonn, sorride nella mensa della Viadrina, una grande sala moderna la cui vetrata orientale si affaccia sull’Oder. «Non li ho mai incontrati», assicura, «però si ci sono discussioni tra studenti riguardo a determinati temi su cui i più europeisti e i meno europeisti non si trovano d’accordo». Dei 6.500 studenti che frequentano questo ateneo che si concentra sugli studi europei, il 25 per cento sono stranieri, tra questi la presenza polacca è dominante, ma tutti i paesi dell’Est sono rappresentati e la visione della crisi in Ucraina è unanime: «La sovranità dell’Ucraina è minacciata, l’annessione della Crimea è stata una violazione ingiustificata delle leggi internazionali, l’unico futuro possibile per il paese è quello di un avvicinamento progressivo all’UE», non ha dubbi Irina Solonenko, studentessa ucraina della Viadrina e membro del gruppo Euromaidan Berlin.
Dall’altra parte dell’Oder, nel Collegio Pollonicum, l’università gemella della Viadrina in territorio polacco, la pensano allo stesso modo. Il direttore di questo collegio, Krszysztof Wojciechowski, premette, prima ancora di iniziare a rispondere, di essere «un ottimista e un europeista». «Nel 1989, prima della caduta del muro, io ero un uomo di Varsavia con una famiglia appena fondata e un futuro sconfortante davanti a me. Se penso ora a cosa è accaduto con la caduta del muro prima, e l’entrata nell’UE dopo, ancora non riesco a capacitarmi. La democratizzazione, il Pil raddoppiato…. È anche per le nostre esperienze personali che al Collegium Pollonicum siamo a favore dell’estensione dell’Europa verso est e verso l’Ucraina. Qui studiano molti giovani ucraini, ci identifichiamo con loro», insiste.
Un paragone tra le due economie — che come tale non tiene conto di molti altri fattori e vuole solo essere indicativo — offre una solida base alle convinzioni di questo professore che ha dedicato la carriera alle relazioni europee e tedesco-polacche. Secondo la parità del potere d’acquisto (Ppa), nel 1992, le economie di Polonia e Ucraina erano molto simili, con l’Ucraina leggermente in vantaggio. Al giorno d’oggi l’economia polacca è pari al doppio di quella dei vicini ucraini.
Secondo Bloomberg Businesweek, l’economia polacca è la «più dinamica d’Europa» e questo si deve tra le altre cose, alla capacità di sfruttare la posizione di vantaggio offerta, nell’ambito della crisi, a un Paese che appena entrato nell’Ue ha potuto sfruttare i vantaggi del nuovo mercato, al riparo dell’indipendenza monetaria. Eppure non tutti i Paesi dell’Est entrati nell’Ue nel 2004 hanno goduto della stessa fortuna. «Il segreto del successo della Polonia risale all’epoca post comunista, quando i leader politici riuscirono a implementare una serie di dolorose ma efficaci riforme», scrive Businessweek, per poi precisare, «il miracolo polacco è una prova dei risultati di politiche precise, ma ha anche a vedere con la fortuna». In questo momento alla vicina Ucraina sembrano mancare entrambe.