L’Ucraina – e i rapporti con la Russia – primeggiano nella cena del G7 di questo mercoledì sera. I toni sono più distesi – varie fonti diplomatiche parlano di «sviluppi molto più positivi di quanto ci si potesse aspettare» -, con le elezioni in Ucraina senza particolari intoppi (Est a parte) e il ritiro di buona parte delle truppe russe dal confine, confermato anche dalla Nato (sebbene il comandante supremo delle forze in Europa dell’Alleanza Philip Breedlove, insiste che «qualcuna è rimasta»). Di una cosa nessuno vuole più discutere: la Crimea. A parole, tutti ribadiscono che «l’Occidente non riconoscerà mai l’annessione» della penisola da parte della Russia, ma è sempre più evidente che di fatto nessuno la mette più in discussione.
Lo si vede quando si parla con dirigenti e funzionari Ue, e diplomatici di vari Paesi, della questione del possibile ritorno della Russia nel G8, da cui è stata temporaneamente espulsa proprio per gli eventi in Ucraina. Lo stesso presidente del Consiglio europeo Herman Van Rompuy, presentando il G7, lo ha definito «speciale», in quanto «è il primo da 15 anni» (dal 1998 ci sono sempre stati G8), e «il primo a Bruxelles». Il fiammingo rimane però molto vago quando i giornalisti gli chiedono se una delle condizioni perché Mosca possa tornare nel G8 sia il ritiro dalla Crimea. «Al vertice dell’Aja (sulla sicurezza nucleare, a marzo, ndr) abbiamo detto chiaramente che sospendiamo la partecipazione della Russia finché non modificherà il suo atteggiamento e si tornerà a un ambiente che renda sensato un incontro in formato G8. Non ci sono eventi specifici cui è legato un possibile ritorno a questo formato». Lo stesso Van Rompuy – che evita anche solo di pronunciare la parola «Crimea» – sottolinea che «abbiamo sempre solo parlato di sospensione».
Fonti della Commissione europea spiegano dal canto loro che «non ci sono precondizioni specifiche per il ritorno della Russia nel G8», ma occorre che si ripristini «una comunità di valori». Non spiegano però che cosa si intenda. E fonti diplomatiche tedesche si affrettano a sottolineare che «neppure gli americani chiedono un automatismo tra la situazione in Crimea e il ripristino del G8». Non a caso nella bozza della dichiarazione finale del G7 circolata in questo ore, non c’è alcun riferimento alla Crimea. «Esortiamo la Federazione Russa – si legge- ad accelerare il ritiro delle sue forze militari dal confine con l’Ucraina, fermare il flusso di armi e militanti attraverso il confine e a esercitare la sua influenza sui separatisti armati affinché depongano le armi e rinuncino alla violenza». Della serie: non vogliamo chiudere la porta, nonostante l’annessione della penisola. Secondo varie indiscrezioni, diversi Paesi, a cominciare dalla Germania (che da gennaio è presidente di turno del G7-G8), ma anche l’Italia, vorrebbero un ritorno di Mosca nel G8. Chi rimane granitico al momento è soprattutto il presidente Usa Barack Obama, già accusato in patria di essere «troppo morbido» nei confronti di Vladimir Putin. Certo è che si allontana anche la prospettiva di passare alla temutissima (da molti europei) «fase tre» delle sanzioni, quelle economiche – finora ci si è limitati a misure mirate a singoli – pochi – individui. A questo G7 «non ci saranno decisioni», dicono all’unisono tutti i diplomatici con cui si parla. Anche se naturalmente Van Rompuy, come la bozza di dichiarazione del G7, ribadisce che i membri del G7 «sono pronti a intensificare le sanzioni» e a «considerare ulteriori misure restrittive se gli eventi lo richiederanno».
La verità è che soprattutto gli europei – gli americani sono nettamente più duri – sono ansiosi di un dialogo con Mosca. Non a caso è tra diplomatici continentali che si esalta il ritiro di buona parte delle truppe russe dal confine ucraino: «la Russia ha detto che rispetta le presidenziali ucraine, adesso speriamo che le riconosca esplicitamente, e magari mandi a Kiev un suo rappresentante sabato per l’insediamento di Petro Poroshenko» dice una fonte Ue. Insediamento – val la pena sottolineare – cui non parteciperanno big europei come la stessa cancelliera tedesca Angela Merkel o il presidente francese François Hollande (ci saranno i presidenti di Commissione e Consiglio europeo José Manuel Barroso e Van Rompuy). Significativo è anche che soprattutto Berlino abbia respinto la richiesta dello stesso Poroshenko di firmare la parte economica dell’Accordo di associazione con l’Ue direttamente sabato, dopo l’insediamento. Gli europei vogliono prima vedere le sue prime mosse – e anche i suoi rapporti con Vladimir Putin.
Certo è che gli europei – a differenza degli americani, che restano gelidi – si affannano a sottolineare l’importanza delle celebrazioni del D-Day venerdì in Normandia, celebrazioni cui sono stati invitati lo stesso Putin e anche Poroshenko. «La cancelliera – evidenzia una fonte tedesca – ha insistito che ci fosse il presidente russo visto che fu l’Unione Sovietica a pagare il prezzo più alto in termini di caduti». Nessun incontro formale è previsto, ma già si sa che Putin andrà a cena dal presidente francese Hollande e avrà poi incontri con la Merkel e con il premier britannico David Cameron. Obama ha invece rifiutato qualsiasi contatto diretto. «La presenza di Putin alle celebrazioni – dice la fonte tedesca – certamente offre possibilità di riavvicinamento». Lo stesso cancelliere, del resto, ha più volte ripetuto che «a medio lungo termine dovremo avere una forte partnership con la Russia». E pazienza per la Crimea. Un tempo la chiamavano Realpolitik.