Più espliciti di Joseph Blatter non si sarebbe potuti essere. Il padre-padrone della Fifa, con la sua consueta affabilità, ha tenuto a far sapere che in quarant’anni di organizzazioni di Campionati mondiali, mai aveva visto ritardi maggiori di quelli di quest’anno in Brasile. Ci sono gli stadi, alcuni dei quali ancora non finiti a una manciata di giorni dall’inizio delle partite. Ma ci sono, soprattutto, le decine di opere infrastrutturali che non saranno pronte entro i Mondiali e quelle che non vedranno mai la luce: ingrandimenti di aeroporti, ferrovie, metropolitane leggere, autostrade. Sono la maggior parte: solo 36 sulle 93 opere previste erano state completate a maggio, ha ricostruito uno studio della associazione di ingegneri e achitetti Sinaenco. Le spese sono esplose – per gli stadi il conto sarà il triplo di quello stimato inizialmente – toccando il valore record di 8 miliardi di euro (25 miliardi di real); gli strumenti di affidamento semplificato degli appalti messi in atto per ridurre i tempi e il peso dell’intervento pubblico hanno ottenuto l’effetto opposto a quello voluto; e gli episodi di corruzione hanno riempito le pagine dei giornali brasiliani degli ultimi anni. Si parla di fatti che avvengono a seimila chilometri dall’Italia, ma con meccanismi che sembrano vicinissimi a quelli di casa nostra.
Mentre in tutto il globo sale la febbre di Brazil 2014, nel Paese di Rio de Janeiro e San Paolo sale il nervosismo. Dopo le proteste dello scorso anno e dell’inizio di questa primavera, sono seguiti gli scioperi, l’ultimo a San Paolo la settimana appena conclusa. A leggere le cronache della stampa locale, nazionale e internazionale, l’impressione che si ricava è sempre la stessa: una “disillusione mundial”, egregiamente descritta in una recente analisi di Stefano Cingolani per Linkiesta.
Le previsioni sul numero di turisti attesi nel mese dei campionati mondiali si sono via via ridimensionate: un milione, poi seicentomila, poi cinquecentomila, secondo una stima recente di PricewaterhouseCoopers. Altre stime si fermano addirittura a 300mila, lo stesso numero di tifosi andati in Sudafrica nel 2010 (quando le attese erano state di 450mila tifosi). C’è chi ricorda che in Corea, in occasione dei campionati del 2002 (organizzati in tandem con il Giappone), non ci fu un solo turista in più, perché se arrivavano i tifosi, si tenevano alla larga tutti gli altri. La seconda disillusione riguarda gli effetti sul Pil: il governo parla ancora di un mezzo punto di prodotto interno lordo generato dalla kermesse, ma una recente indagine tra autorevoli economisti, ha ricordato la Reuters, ha ridimensionato la spinta allo 0,2%, in un anno in cui la crescita sarà dell1,6%, molto bassa rispetto al decennio appena passato. Il terzo aspetto che sta raffreddando gli animi riguarda il rapporto tra costi e benefici dei campionati. Tutte le opere nel complesso, come detto, sono costate l’equivalente 8,3 miliardi di euro. La suddivisione delle spese si ricava da questo documento di Sinaenco.
Apresentação final secovi maio 2014 pdf from Linkiesta
Per fare un confronto, la Coppa del mondo in Sudafrica nel 2010, oggetto peraltro di critiche per il fasto di stadi rimasti in seguito quasi inutilizzati, costò circa 3,7 miliardi di euro.
Per quella in Germania nel 2006, con il suo cielo azzurro sopra Berlino, il conto si fermò a soli 1,8 miliardi di euro, di cui 600 milioni messi dai privati. La grande differenza, ovviamente, è che la Germania aveva già città perfettamente collegate e attrezzate, mentre il Brasile scontava una enorme arretratezza. Per questo i Mondiali sono stati vissuti, negli anni della grande corsa e dell’inserimento nel rampante club dei Bric (poi Brics), come il grande trampolino per un balzo in avanti. Lo saranno senz’altro, perché il lascito sarà in ogni caso notevole. Ma le aspettative risposte sui campionati sono state, a giudizio della maggior parte degli osservatori, eccessive. Il numero di interventi messi in preventivo è stato smisurato. Così, mentre la Fifa chiedeva interventi in otto città per altrettanti stadi, il Brasile rilanciava su 12. Se un aeroporto, come a Natal, nel Nord-Est, era già dignitoso, si è pensato di costruirne uno nuovo sfavillante. In molte delle città si parla di opere superflue ed effimere, che ricordano da vicino il complesso della stazione Ostiense di Roma, solo di recente rinobilitato dall’Eataly di Oscar Farinetti. Il risultato, nel breve termine, appare quello di indebolire l’immagine del Brasile come nazione affidabile da un punto di vista organizzativo. Per gli effetti nel medio termine, si può essere più ottimisti.
Aeroporti: “solo Dio può sistemarli in tempo”
«Solo Dio può sistemarli in tempo». Con questa frase del tecnico Francisco Araujo, che lavora in uno dei siti costruttivi all’aeroporto di Belo Horizonte, inizia un articolo sull’International Business Times a firma di Alberto Riva, blogger de Linkiesta. Citando un’inchiesta del 2 giugno del quotidiano Folha de Sao Paulo, l’articolo fa una carrellata piuttosto deprimente dello stato degli scali brasiliani. A Manaus, città a circa duemila chilometri dalla capitale Brasilia, sono fotografati passeggeri in coda per il check-in tra la polvere e i lavoratori di un cantiere. Dozzine di camion e ruspe circondano il terminal. Eppure Infraero, la società di gestione degli aeroporti brasiliani, aveva detto che l’aeroporto sarebbe stato funzionante durante la competizione che avrebbe raggiunto la capacità prevista di 4 milioni di passeggeri l’anno. A Curitiba, capitale dello stato di Paranà, ci sono strutture temporanee fatte di tela e legno, in un aeroporto che non sarà pronto per altri due anni. Nello scalo di Recife non sono stati completati gli ascensori. In quello di Salvador di Bahia solo uno tre rinnovi di terminal previsti è stato completato, ed è un parcheggio per aerei, mentre la nuova torre di controllo è in alto mare. A Fortaleza una nuova struttura sarà solo una tenda temporanea (ma in questo caso la scelta è voluta, secondo Infraero). A Porto Alegre tutto è bloccato da una causa contro il “contractor” che sta lavorando all’ingrandimento del terminal 1. Nella metropoli più grande del Brasile (e una delle più grandi del mondo), San Paolo, i lavori nell’aeroporto sono conclusi, ma il Terminal 3 di Guarulhos, recentemente inaugurato, sta operando solo al 25% della capacità, con il risultato che i vecchi terminal sono stipati. Unico punto luminoso, Brasilia, la capitale, dove l’aeroporto è pronto.
Per un quadro completo, ci aiuta ancora lo studio di Sinaenco, che città per città classifica le opere in verde (completate nei tempi previsti), giallo (in ritardo ma in tempo per il Mondiale) e rosso (non completate per i Mondiali e spesso a rischio di rimanere incompiute). Così a Belo Horizonte risulta in rosso la modernizzazione del terminal dei passeggeri, così come a Curitiba (Paranà) e a Fortaleza e in parte a Rio. Il quadro, rispetto all’inchiesta di Folha de Sao Paulo, è meno fosco per San Paolo, Porto Alegre e Salvador. Anche Natal sembrerebbe aver completato quasi tutte le opere, ma un reportage della Reuters nella città ha dipinto un quadro gravissimo di corruzione, ritardi e opere superflue.
Metro, ferrovie, strade: le altre incompiute
Lo studio di Sinaenco permette anche di fare il punto delle altre opere incompiute, al di là delle 39 operazioni su 13 aeroporti e degli stadi. Si tratta di 42 progetti di mobilità (più 19 progetti esclusi), costati complessivamente 8,024 miliardi di real (2,6 miliardi di euro), e di lavori su sei porti, per 587 milioni di real.
Tra i progetti esclusi c’è sicuramente la linea ferroviaria ad alta velocità tra Rio e San Paolo, rimasta solo sulla carta (sarebbe costata da sola circa 6,5 miliardi di euro). Ancora una volta ad avere la maggior parte di opere segnate in rosso sono Curitiba (collegamenti ferroviari e stazioni), Fortaleza (metro leggera e stazione), Cuiabà e Manaus. Ma è anche il caso di guardare al bicchiere mezzo pieno e pensare alle 34 opere completate o in fase di completamento, in un Paese dove i trasporti, come hanno mostrato le recenti proteste, sono il simbolo delle aspettative insoddisfatte della nuova classe media.
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Ci sono poi gli stadi (a cui sarà dedicato un articolo a parte) e le opere accessorie. Anche in questo caso il risultato è tutt’altro che positivo. Una sintesi si ritrova in questa slide dello studio di Sinaenco.
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Per dirla diplomaticamente, come fa a Linkiesta Mariana Barbosa Miraglia, avvocato dello studio legale d’affari Aroeira Salles di Belo Horizonte, «il Brasile ha dovuto affrontare una serie di sfide nell’attuazione di tutti i progetti infrastrutturali previsti per la Coppa del Mondo. L’obiettivo principale è stato quindi di fare in modo che gli stadi fossero completati ad un livello elevato. Per quanto riguarda gli altri progetti relativi a trasporti e alle infrastrutture urbane, i progetti completati sono stati meno di quanto inizialmente previsto. Pertanto, dopo la Coppa del Mondo, il Brasile avrà bisogno di continuare ad investire e lavorare su progetti che non è stato in grado di completare».
Aeroporti: privatizzazione, successo finanziario
Da un punto di vista finanziario, sugli aeroporti il governo ha giocato una partita non certo fallimentare. Nel 2012 è stato compiuto il processo di privatizzazione dell’aeroporto di Brasilia e di due scali a San Paolo, il Guarulhos e quello minore di Campinas. Per ciascuno il 49% del capitale è rimasto in mano alla pubblica Infraero. Come riportò Firstonline.info, lo Stato incassò dalle società concessionarie oltre 10 miliardi di euro, il triplo rispetto alle previsioni. I tre aeroporti insieme sommano il 30% dei passeggeri e il 57% di trasporto merci dell´intero Brasile.
Così l’articolo descriveva i risultati delle aste:
“L’aeroporto di Guarulhos a San Paolo è stato battuto per 7 miliardi di euro, con un rialzo del 373% rispetto al valore minimo fissato dal governo. Ad aggiudicarsi la concessione ventennale è stato il consorzio brasiliano-sudafricano Invepar-ACSA che dovrá realizzare il nuovo terminal da 7 milioni di passeggeri.
L’aeroporto di Brasilia è andato al consorzio brasiliano-argentino Inframerica per due miliardi di euro, con un rialzo del 673%. La concessione dura 25 anni e prevede la costruzione di un nuoco terminal in grado di ricevere 2 milioni di passeggeri.
La concessione trentennale dell´aeroporto di Campinas è andata invece ad un consorzio franco-brasiliano per 1,6 miliardi di euro e vedrà la realizzazione di un nuovo terminal da 5 milioni di passeggeri”.
In seguito, nel 2013, il governo brasiliano ha ceduto a privati, per un valore complessivo di 20,8 miliardi di reais (9 miliardi di dollari), la gestione dell’aeroporto Galeao di Rio de Janeiro e per il Confins di Belo Horizonte.
Così riportava Il Sole 24 Ore:
“Lo scalo di Rio, intitolato al re della bossa nova Antonio Carlos Jobim, è stato ceduto a un consorzio formato dal gruppo brasiliano Odebrecht e da Changi, la società che ha in gestione l’aeroporto di Singapore, per 19 miliardi di reais (8,3 miliardi di dollari) , un’offerta di quasi 4 volte superiore alla richiesta minima. I due gruppi hanno in programma la costruzione di 26 nuovi gate e l’espansione dell’area cargo. La seconda gara, per lo scalo di Belo Horizonte, è stata vinta dal gruppo brasiliano Ccr insieme agli operatori degli aeroporti di Zurigo e Monaco di Baviera per 1,8 miliardi di reais (800 milioni di dollari)”.
Ma al di là del successo finanziario, i problemi sono arrivati sul piano operativo. È stata la stessa presidente del Brasile, Dilma Rousseff, a esprimere la preoccupazione che alcuni dei vincitori non avessero sufficientemente esperienza di gestione, soprattutto per quel che riguarda i lavori di riqualificazione. Una preoccupazione che si è rivelata fondata.
Come commenta l’avvocato Mariana Barbosa Miraglia, «le concessioni degli aeroporti in Brasile tendono ad essere una misura importante per il governo per superare alcuni degli ostacoli per fornire una buona infrastruttura aeroportuale in tutto il Paese. Quando le concessioni sono state assegnate in una fase iniziale, le aziende sono riuscite ad andare avanti sugli interventi previsti. Nel caso del Guarulhos International Airport a San Paolo, per esempio, moltissimi dei piani principali sono state attuati, tra cui un terminale nuovo e molto moderno. Per quanto riguarda le concessioni aeroportuali che si sono verificate più di recente, come l’aeroporto Galeão di Rio e l’aeroporto Confins di Belo Horizonte, alcune delle modifiche previste devono ancora essere attuate».
Il fallimento del regime differenziale di contrattazione
Se la privatizzazione degli aeroporti è stato un processo con qualche ombra, ma che ha ottenuto l’obiettivo di coinvolgere i privati, nel caso del “regime differenziale di contrattazione”, noto come Rdc, il fallimento è incontestabile. La legislazione (legge 12.462/2011) aveva lo scopo di accelerare il processo di appalti per i Mondiali del 2014 e i Giochi Olimpici del 2016. Lo stesso meccanismo è stato poi esteso alle scuole e poi alle carceri e ora rischia di estendersi a tutte le opere dei governi federale, statali e locali. La Rcd prevede il conferimento di un appalto integrato a una società di costruzioni, che si fa carico in seguito del progetto. L’obiettivo era dare più qualità e velocità ma gli effetti reali del Rcd li ha messi ancora una volta nero su bianco la Sinaenco: costi superiori alle aspettative, qualità inferiore alle attese, insufficiente formazione del personale , legacy (cioè quel che rimarrà dopo l’evento) inferiore alle aspettative. In definitiva, “la Rdc non ha aiutato affatto”, sentenzia lo studio.
Una recente analisi di Bloomberg ha messo direttamente in relazione l’aumento dei costi e la corruzione, fenomeno da sempre grave in Brasile, riportando la denuncia del presidente dell’equivalente della Corte dei conti brasiliana, chiamata Tcu. L’articolo sottolineava come la stessa Tcu, con un gruppo di magistrati, abbia permesso di risparmiare circa 700 milioni di real, individuando conti gonfiati e prezzi anomali.
La corruzione rimane un problema di primaria gravità in Brasile, anche se diverse azioni di contrasto sono state messe in atto. «Vi è una sensazione generale in Brasile che il livello di corruzione sia alto, che tende a generare dubbi nei confronti di opere come quelle dei Mondiali – commenta Mariana Miraglia -. Negli ultimi due decenni, il Brasile è stato alle prese con questo problema e ha messo in atto diverse misure per ridurlo. Molte istituzioni importanti in Brasile, come la polizia federale, il Pubblico Ministero e le Corti di controllo sono state rafforzate negli ultimi dieci anni e hanno svolto un lavoro importante al fine di fornire una maggiore trasparenza, combattere l’impunità e garantire che il denaro pubblico sia speso meglio. La misura più recente di ridurre la corruzione è una nuova legge anti-corruzione che è entrato in vigore a gennaio. La legge 12.846/2013 introduce una serie di misure rigorose per aiutare nella lotta contro la corruzione. Questa legge si applica anche internazionali e società nazionali».
Più poteri, misure più rigorose, risultati modesti: oggi la campana dell’imbarazzo davanti al mondo suona per il Brasile, domani si rischia che suoni a casa nostra.