Cosa significa il “cerchiobottismo” elettorale?

Cosa significa il “cerchiobottismo” elettorale?

È nato il cerchiobottismo elettorale? Solo una particolarissima forma di follia congenita degli italiani può spiegare il risultato (apparentemente incoerente ma in realtà animato da una logica ferrea) dei ballottaggi di ieri, nel secondo turno delle elezioni amministrative. In estrema sintesi il risultato ha delineato questa dinamica a macchia di leopardo: dove governava la destra vince la sinistra, dove governava la sinistra vince la destra, dove c’era “il sindaco più amato d’Italia” vince lo sfidante, dove avevano appena trionfato le truppe renziane vince — con un balzo di quasi quaranta punti! — il candidato grillino. Livorno, la città-simbolo dove è nato il partito comunista, cessa di essere un luogo mitico nella toponomastica elettorale della sinistra e diventa una capitale a 5 stelle, ancora più importante nella rottura — di certo rispetto alla storia — di quello che ha rappresentato la vittoria dei grillini a Parma.

Non viene del tutto stravolta, dunque, la prevalenza espressa dal centrosinistra nelle elezioni europee, ma fortemente attenuata sì: in due città simbolo — oltre a Livorno c’è Perugia — gli stessi elettori che avevano incoronato come vincitore il Pd di Matteo Renzi, individuano e premiano l’opposizione più forte al suo partito, facendo vincere i candidati Grillini con performance elettorali a dir poco incredibili.

Non sono impazziti, questi elettori, e nemmeno incoerenti: ci sono almeno due spiegazioni possibili per dare un senso al fenomeno del cerchiobottismo elettorale. La prima è che in Italia, appena si dà forza a qualcuno, si trovano subito dopo buone ragioni per revocare o attenuare questo mandato: molto, di certo, hanno pesato gli arresti di Venezia, i “calci in culo”, l’immagine, magari deformata di un patto corporativo tra i due ex contendenti dell’Italia bipolare per la spartizione del potere pubblico che emerge in maniera lampante dall’inchiesta sul Mose. A Venezia si profila una Caporetto delle larghe intese che — paradossalmente — è stata pagata dalle componenti più innovative dei partiti: i formattatori di Flavio Cattaneo, e i dirigenti del Pd di Livorno, che avevano — invano — provato a svecchiare l’apparato. Il secondo fattore è sicuramente la partecipazione al voto: votano in pochi, anzi pochissimi. Ma sarebbe sbagliato immaginare che sia gente che se ne va al mare. O meglio: anche se vanno al mare è perché sono amareggiati, schifati, delusi.

Ultima annotazione importante: nelle urne dei ballottaggi la distanza politica apparentemente più incolmabile, quella tra Forza Italia e Movimento 5 stelle si azzera. In pubblico Berlusconi e Grillo si danno dell’assassino e del nano. Ma nel voto, questi elettori così distanti si possono unire contro il centrosinistra: è una possibile convergenza che nel caso opposto non si produce, o si crea con più difficoltà. Il messaggio è frastagliato, dunque: ma il segnale è chiaro. Nessuno può riposare sugli allori, perché in politica non possono esistere vuoti. Se manca lo spazio dell’opposizione, gli elettori delusi lo inventano nello spazio di un voto.

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