E alla fine arriva anche la tassa sugli smartphone

E alla fine arriva anche la tassa sugli smartphone

C’è già chi alimenta qualche sospetto per il solo fatto che la notizia è stata diffusa via Twitter alle 20:26 di venerdì 21 giugno, in pratica a pochi minuti dal termine della partita dei mondiali tra Italia Costarica. Il testo recitava così: “Firmato il decreto copia privata. Il diritto d’autore garantisce la libertà degli artisti e i costi vanno sui produttori, non sui consumatori”, e a postarlo sul sito di microblogging è stato il ministro dei Beni e delle attività Culturali Dario Franceschini. Per capire quanto la materia si presti a pareri contrastanti (molti dei quali del tutto contrari) basta guardare i commenti rilasciati dagli utenti in coda al Tweet del ministro.

L’oggetto del contendere è la firma del decreto per l’aggiornamento per il prossimo triennio delle tariffe del cosiddetto “equo compenso per copia privata”, ovvero come si legge sul sito della Siae, si tratta di un compenso che si applica tramite una royalty sui supporti vergini fonografici o audiovisivi, in cambio della possibilità di effettuare registrazioni di opere protette dal diritto d’autore. Spiegato meno tecnicamente, non è nient’altro che un importo che ogni consumatore italiano deve pagare al momento dell’acquisto di un cd, dvd, pen drive usb, pc, smartphone e tablet, per il fatto che egli potrebbe utilizzare questi dispositivi per effettuare delle copie di canzoni o film, acquistati legalmente. Per la prima volta introdotto in Italia con la legge 5 febbraio 1992, n. 93, il compenso per la copia privata venne successivamente modificato con il Decreto Legislativo 9 aprile 2003, n. 68.

La firma del decreto del ministro Franceschini ha suscitato però un vero e proprio vespaio in Rete, in particolare per quanto riguarda l’innalzamento delle tariffe per l’acquisto di smartphone e tablet: in pratica — come si può notare nella tabella pubblicata nella nota diffusa dal ministero — per l’acquisto di uno smartphone o tablet da 16 GB (le tariffe variano a seconda della capacità di memoria di ogni dispositivo) il consumatore dovrà sborsare 4 euro, mentre ad esempio per l’acquisto di un cd o dvd (supporti che ormai sono sempre più in disuso) solamente 0,10 centesimi. Una tale sproporzione ha fatto subito gridare all’imposizione di una tassa sugli smartphone, dato che la ricerca su cui ci si è basati per realizzare l’adeguamento di tali tariffe, ha evidenziato come soltanto il 10% dei consumatori utilizza questi dispositivi per effettuare delle copie.

Non c’è sito tecnologico in giro per il web che non sia d’accordo con la tesi secondo cui si tratta di una vera e propria tassa nei confronti dei dispositivi di ultima generazione, e non convince il paragone — messo in mostra dalla tabella — con le tariffe di Germania e Francia. Si tratta infatti di un confronto fatto con gli unici due Paesi in cui le tariffe sulla copia d’autore sono più alte. Tra l’altro per la Germania non vengono citate quelle sull’acquisto di cd e dvd che pare siano più basse rispetto a quelle italiane. Le quote per la cosiddetta copia privata, il cui aggiornamento era fermo dal 2009, hanno subito in Italia un innalzamento consistente, basti pensare che in precedenza l’importo da pagare per uno smartphone era di 0,90 euro, mentre per un tablet di 1,90 euro. Ora invece si va da un minimo di 3 euro per dispositivi fino a 8GB di memoria di archiviazione fino a un massimo di 4,80 euro se superati i 32 GB; e addirittura si arriva a 5,20 euro per i computer.

L’attuazione di queste tariffe lascia scontenti un po’ tutti e basta fare un giro nei vari siti e blog di tecnologia in rete per tastare il polso della situazione, inoltre come sottolineato dall’avvocato Guido Scorza sul sito del Fatto Quotidiano, il ministro Dario Franceschini sostiene di aver adeguato le tariffe in seguito a una richiesta fatta da 4mila autori, ignorando però un altrettanto significativa richiesta sottoscritta da oltre 60mila consumatori italiani che gli chiedevano di non perpetrare quello che per loro rappresentava l’ennesimo regalo alla Siae.

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