Il nome del sito è ambizioso. The Job of my life è una promessa non da poco in tempi in cui l’Europa sta perdendo una generazione di disoccupati. Eppure le illusioni scompaiono una volta che la pagina viene caricata. Un messaggio centrale e ben visibile frena subito l’entusiasmo: «Non saranno accettate più applicazioni da Aprile 2014 per l’anno in corso. Ulteriori informazioni per il 2015 saranno pubblicate più avanti». Il testo è in inglese, diretto cioè chiaramente agli europei non tedeschi che si illudevano di poter ancora accedere al programma lanciato dalla Germania. Un anno dopo che Berlino e Parigi annunciassero in pompa magna un «Piano Marshall» per l’occupazione giovanile, alcune delle iniziative sembrano già naufragate, altre cadute nell’oblio. Dei vertici sul lavoro, nemmeno l’ombra.
Quando il ministro dell’Economia Carlo Padoan è atterrato questa settimana a Berlino per «illustrare» al collega tedesco Wolfgang Schäuble la visione economica italiana in vista della presidenza italiana dell’Unione euoropea non si è stancato di ripetere fino allo sfinimento due parole: «Crescita e occupazione». Perché se è vero che in Europa iniziano a vedersi i primi segnali di ripresa, la disoccupazione non accenna a migliorare e i passi dati fino ad ora non sono stati sufficienti e non hanno prodotto i risultati sperati.
Un anno fa esattamente Schäuble e l’allora ministra del Lavoro Ursula von der Leyen convocavano la stampa nella sala ovale del Ministero delle Finanze a Berlino. Dalla Wilhelmstrasse proclamavano un piano per stimolare l’occupazione giovanile che prevedeva una serie di vertici internazionali a Berlino, Roma e Parigi. Erano i giorni in cui Merkel modificava il suo vocabolario di fronte alla frustrazione europea, tralasciando parole come “rigore” e ripetendo piuttosto “occupazione” e “competitività”.
«La disoccupazione giovanile è ora forse il problema più urgente in Europa», tuonava allora la cancelliera da Berlino, «non può esserci una generazione perduta». I giovani andavano aiutati e tra giugno e novembre capi di stato e governo e ministri del lavoro dei 28 approvavano una serie di misure che si presentavano allora come risolutive.
Cosa è successo un anno dopo? Nessuno si aspettava certo che i risultati fossero immediati, ma 12 mesi più tardi molte di quelle iniziative sono finite nella spazzatura della burocrazia europea. Al fine di convogliare ulteriori finanziamenti verso le regioni e le persone maggiormente colpite dalla disoccupazione e dall’inattività giovanile, il Consiglio europeo aveva deciso di dar vita a un’iniziativa a favore dell’occupazione giovanile (Youth Employment Initiative, Yei), da sovvenzionare con 6 miliardi di euro provenienti dal bilancio dell’Ue. Dei 28 Paesi che hanno diritto ad accedere a tali fondi, secondo fonti della commissione europea citate da Die Zeit, solo Danimarca, Germania, Grecia e Polonia hanno portato a termine l’accordo con Bruxelles. La firma dell’accordo è fondamentale per avere accesso ai fondi. Allo stesso tempo si esige una partecipazione al programma con capitali propri pari come condizione per poter accedere a quelli europei.
Un’altra delle promesse fatte in queste circostanze dai leader di governo e ministri era quella della «garanzia per i giovani» che prevedeva la possibilità di offrire ai giovani fino a 25 anni che si erano appena laureati (o avevano appena concluso una formazione professionale) di avere diritto a uno stage, un corso di approfondimento o un praticantato finanziato in un Paese europeo entro i quattro mesi dalla data della laurea o da quando rimanevano senza lavoro. I forum su internet di chi vi ha provato sono zeppi di storie frustranti e tentativi falliti.
E ancora, l’iniziativa Mobi-Pro lanciata dalla Germania con enfasi, era apparsa a molti europei delle nazioni colpite dalla crisi come una possibilità per trascorrere gli anni di difficoltà economica lontani dal proprio Paese, facendo un esperienza formativa importante. L’immagine di giovani felici sotto il titolo di “The job of my life” è ancora sul sito della Agenzia Federale del Lavoro studiato apposta per questo scopo. Ma la nota non lascia speranza. Dall’Agenzie faderale per l’impiego (la Bundesagentur für Arbeit) spiegano che il volume di richieste ricevute è stato molto più alto delle aspettative ed è così che i fondi per voli aerei, corsi di tedesco e alloggi in Germania per il 2014 si sono esauriti già a marzo. Dei 33 mila posti da apprendisti promessi nell’ambito di una campagna propagandistica senza precedenti, ne sono stati occupati 5.000 in particolare de giovani spagnoli, portoghesi e greci.
A quello dei fondi si è aggiunto un problema di comunicazione e di incompatibilità di aspettative. Così come ha denunciato Konrad Mezger, presidente della compagnia di costruzioni Geiger + Schüle Bau GmbH, dei nove spagnoli che sono stati destinati alla sua azienda di costruzioni all’inizio del 2013 ne rimangono solo due. «C’erano aspettative sbagliate da entrambe le parti», ammette. Da una parte molti avevano titoli di studi validi ma che erano incompatibili con le esigenze dell’azienda tedesca. In altri casi, gli uffici responsabili non avevano previsto come condizione il titolo di studio necessario.
«Nell’Unione euoropea ci sono 7,5 milioni di giovani fino a 25 anni senza apprendistato o lavoro. In particolare in 13 Paesi più di un giovane su quattro è senza occupazione. I soli dati ci dimostrano che con grandi programmi di azione non sarà facile invertire rapidamente la tendenza», ci spiega Klaus Zimmermann, presidente dell’Istituto per il Futuro del Lavoro (Iza) che ha recentemente pubblicato un manifesto a favore di maggiore mobilità in Europa per creare occupazione.
Tre passi sono urgenti secondo questo esperto. Il primo è la flessibilizzazione ulteriore del mercato del lavoro, visto che solo così i più giovani potranno avere accesso a esperienze significative per la loro formazione e il loro curriculum. In secondo luogo in molti Paesi è necessario rivedere l’educazione e la formazione, rendendole molto più mirate, e ispirandosi al modello duale tedesco. In ultima istanza, è urgente abbattere le barriere logistiche e burocratiche che ancora limitano il movimento dei giovani disoccupati. «Non può essere che un giovane europeo rimanga fermo disoccupato nel suo Paese invece di lavorare in un altro, come la Germania, in cui c’è domanda di lavoratori», è necessario dunque superare ostacoli pratici, ma anche mentali.
L’occupazione passa poi anche per il finanziamento delle iniziative imprenditoriali piccole e medie dei giovani. L’Europa ha messo fondi a disposizione, i singoli stati devono darsi altrettanto da fare per liberare questi fondi e contribuire di tasca propria a rilanciare le piccole e medie imprese. Solo queste, in Germania, costituiscono più di due terzi del totale dei posti di lavoro. La posta in gioco è alta secondo questo esperto: «Se non si offre una prospettiva ai giovani, l’idea stessa di Europa è a rischio».