Una firma di tutto riposoGli effetti benefici di classi piccole al Sud. Anzi no

Gli effetti benefici di classi piccole al Sud. Anzi no

I famosi test Invalsi (italiano e matematica) servono per valutare gli studenti delle scuole dell’obbligo in maniera standardizzata, cioè attraverso domande comuni per tutti gli studenti. In questo modo è possibile fare confronti tra scuole diverse e valutare l’evoluzione nel tempo dei risultati.

Quando su dati così interessanti si mettono a lavorare ricercatori empirici di rango, si comincia a capire qualcosa di più. Ad esempio, una delle questioni più importanti nell’ambito dell’istruzione sta nel verificare se gli studenti apprendono di più se fanno parte di classi meno numerose. Non è facile effettuare esperimenti veri e propri su questi temi (anche se esperimenti sono stati effettuati), ma si possono sfruttare situazioni che assomigliano a esperimenti: i cosiddetti esperimenti naturali.

In quasi tutti i Paesi esiste un limite massimo al numero di studenti per classe all’interno di ogni scuola (ad esempio un limite di 40 in Israele, la cosiddetta legge di Maimonide): quando in una scuola il numero totale di studenti supera una di queste soglie, il direttore dell’istituto è obbligato a suddividere ulteriormente le classi, facendo calare bruscamente il numero di studenti per classe. Nel caso israeliano, con 40 studenti si ha una classe sola, mentre con 41 studenti si devono creare due classi di 20 e 21 studenti, cosicché il numero medio di studenti per classe si dimezza.

Anche in Italia vale una legge simile, anche se è applicata con piccoli elementi di flessibilità: gli economisti Angrist, Battistin e Vuri hanno analizzato l’andamento dei test Invalsi in funzione di questa variazione nel numero di studenti per classe. In prima battuta essi hanno scoperto che classi più piccole aumentano i punteggi Invalsi solo al Sud, mentre nel resto del Paese gli effetti sono praticamente inesistenti.

Abbiamo dunque una bella indicazione di politica educativa, secondo cui potenziando il corpo insegnante nel Sud possiamo ottenere livelli di apprendimento più elevati? Purtroppo no, poiché il resto dell’analisi mostra come l’intero aumento nei punteggi Invalsi sia spiegato dal fatto che nelle classi più piccole al Sud vi sia maggiore manipolazione dei voti da parte degli insegnanti.

Come fanno gli autori a saperlo? È la stessa Invalsi che si preoccupa della manipolazione dei voti da parte degli insegnanti e pertanto manda in maniera casuale (o quasi-causale) ispettori nelle scuole. Detto in poche parole: nelle scuole visitate dagli ispettori non è più vero che le performance degli studenti nelle classi piccole sono migliori rispetto alle classi grandi.

Di che tipo di manipolazione stiamo parlando? Gli autori forniscono elementi empirici abbastanza forti per concludere che la manipolazione dei voti da parte degli insegnanti non è finalizzata tanto a far ottenere voti più alti ai propri studenti (con il fine di essere possibilmente valutati come insegnanti migliori) quanto a minimizzare la fatica di valutare le prove e riportarne gli esiti nei documenti da inviare alla sede centrale di Invalsi. Secondo gli autori, con classi più piccole – e senza monitoraggio degli ispettori – è più facile manipolare i voti, in quanto l’attività di correzione e di report è più solitaria, quindi c’è meno controllo sociale su questi comportamenti.

Conclusione: per fare politica economica non bastano gli aneddoti, ma non bastano neanche i bei dati. Senza ricercatori rigorosi che conoscono l’analisi empirica e il contesto istituzionale i dati restano muti o balbettano stupidaggini.

Per chi vuole saperne di più:

Joshua D. Angrist, Erich Battistin e Daniela Vuri [2014]. “In a Small Moment: Class Size and Moral Hazard in the Mezzogiorno.” NBER Working Paper n.ro 20173

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