L’incidenza della povertà, definita come la soglia al di sotto del 50% del reddito disponibile mediano, varia decisamente secondo l’età. Nei Paesi Ocse si osservano due tendenze ben precise. La prima può essere descritta da una curva a forma di U, in cui l’incidenza della povertà è più alta agli estremi delle classi di età, minorenni e anziani. L’altra tendenza assume una forma decrescente con l’età. Buoni esempi sono, rispettivamente, la Germania e la Francia. È molto interessante notare come nel tempo alcuni Paesi si siano spostati da una situazione all’altra. Più generalmente, il cambiamento demografico in atto nei Paesi europei abbia spostato necessariamente il potere negoziale politico delle generazioni più anziane, le quali pesano di più in termini elettorali.
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L’Italia è un caso emblematico. Nella metà degli anni ’80 il nostro Paese poteva essere classificato nel primo gruppo, per poi assumere una connotazione una “alla francese” da metà anni 2000 in avanti. Questo spostamento repentino non è prerogativa dell’Italia; come si può notare, anche il Regno Unito, da metà anni ’80 a metà anni ’90, un arco temporale piuttosto breve, è riuscito a ridurre la povertà per le classi di età più anziane in modo sostanziale.
Vi è, però, da aggiungere che un conto è ottenere tale spostamento grazie ad una maggiore partecipazione degli anziani al mercato del lavoro, un altro tramite trasferimenti pubblici, principalmente pensioni. Il reddito disponibile è, infatti, definito come la differenza fra reddito da lavoro, al netto delle tasse, sommato ai trasferimenti. Sappiamo bene che l’Italia ha sperimentato un forte aumento di trasferimenti pensionistici, soprattutto grazie a riforme delle pensioni, da metà anni ’90 in avanti, piuttosto blande. Il tasso di partecipazione al mercato del lavoro degli anziani, e il netto calo dello stesso indicatore per i giovani, ha tuttavia contribuito a questa dinamica. Il welfare familiare, che funziona grazie a trasferimenti impliciti all’interno delle famiglie, ha di certo attutito il problema. La disfunzionalità di tale sistema sta nell’essere una soluzione di second best, in un ambiente in cui gli incentivi di mercato sono già blandi. Un welfare che funziona grazie alle “paghette” dei nonni pensionati offerte ai nipoti esclusi dal lavoro, grazie anche a contributi pensionistici altissimi, è lontano dall’essere la soluzione migliore per coniugare efficienza e protezione sociale.