Premessa: questo articolo è stato scritto utilizzando l’infografica eurospending realizzata da Linkiesta. La fonte dei dati è eurostat e l’anno di riferimento è il 2012.
Spesa totale: un continente con le mani bucate
La spesa pubblica italiana è pari a 792,583 miliardi di euro. Una cifra che, in termini assoluti, solo tre Paesi in Europa superano: la Germania e la Francia, la cui spesa pubblica è di oltre mille miliardi di euro, e la Gran Bretagna, che si ferma a 925 miliardi. Dietro di noi, a distanza siderale, la Spagna (491 miliardi), l’Olanda (302) e la Svezia (211), che tuttavia hanno una popolazione decisamente inferiore a quella italiana (16,7 e 9,5 milioni di persone, rispettivamente). Le cose, ovviamente, cambiano se consideriamo questa cifra in rapporto al Pil e alla popolazione che effettivamente ne beneficia. Partiamo dal reddito pro-capite: lo Stato italiano costa in media 13.344,4 euro a persona. Sopra la media, ma non troppo. Tanto per fare un esempio, gli inglesi (nonostante sia passata la Thatcher) ne spendono 14.572 e i francesi quasi 18mila. Relativamente al Pil, invece, la spesa pubblica italiana è pari al 50,6% della ricchezza prodotta nel Paese. Davanti a noi la Francia (56,7%) e i Paesi scandinavi, ma anche la Grecia (53,7%), segnale piuttosto inequivocabile che la differenza tra social democrazia illuminata e idrovora di denaro pubblico è piuttosto labile e non si evince certo da questi numeri.
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Welfare: le pensioni si mangiano tutto
Il 27,9% della spesa nazionale (pari al 14,1% del Pil, a 221 miliardi di euro e a 3.719 euro a testa) finisce a pagare le pensioni di anzianità. Non si chiama «vecchio continente» a caso: non c’è Paese europeo in cui le pensioni d’anzianità non siano in cima alla lista. Con qualche distinguo nelle proporzioni, ovviamente: in Olanda le pensioni d’anzianità pesano «appena» per il 14,3% della spesa nazionale, non molto più delle spese per malattia e invalidità che arrivano al 9,1% (in Italia, il 3,7%). Allo stesso modo, in Irlanda – Paese che può permettersi il reddito di cittadinanza – il sostegno alla disoccupazione (7,4%, in Italia è l’1,9%) costa quasi quanto quello relativo alla vecchiaia (10,9%, la percentuale sul totale della spesa più bassa d’Europa). In Danimarca, le pensioni pesano il 13,8% (e sono considerate le migliori d’Europa) mentre il sostegno alle famiglie l’8,6% (in Italia, il 2,3%). In breve, il sostegno alla vecchiaia, in Italia, si mangia tutto. Non è un caso che Italia e Grecia abbiano la spesa pensionistica, in proporzione al totale, più alta d’Europa. Non è un caso nemmeno che in Europa solo Lettonia e Grecia destinino meno fondi di noi alle famiglie, o che relativamente all’emarginazione sociale sia ancora la «solita» Grecia a sfilarci la maglia nera. O ancora, che solo Portogallo, Bulgaria e Grecia facciano peggio di noi nel sostegno a malattia e invalidità.
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Politica e burocrazia: meno costa, più è efficiente
In termini tecnici, parliamo della voce che prende il nome di «organi esecutivi e legislativi, attività finanziarie e fiscali e affari esteri», che è la cosa che più si avvicina a quelli che, in gergo giornalistico, sono definiti come costi della politica e della burocrazia. Un’approssimazione, vero, ma tant’è. Al dunque: tutta questa roba costa agli italiani circa 39 miliardi di euro, 662 euro a testa. Curioso il fatto che il costo, in percentuale sulla spesa totale, parrebbe essere inversamente proporzionale rispetto a quella che immaginiamo essere l’efficienza della politica e della burocrazia di ciascun Paese. Per dire, spendono meno di noi l’Olanda, la Svezia, la Danimarca, la Finlandia (dove i parlamentari prendono meno di 60mila euro all’anno), la Francia, l’Inghilterra, la Germania. Spendono di più il Portogallo, la Polonia, l’Ungheria, la Bulgaria. Le valutazioni le lasciamo a voi.
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Sanità: tanta spesa, poca tecnologia
A guidare la classifica dei Paesi europei che spendono di più per la salute dei loro cittadini ci sono l’Olanda (17,7%) e, a sorpresa, Repubblica Ceca (17,5%) accompagnate da Lituania, Slovacchia, Gran Bretagna e dai «soliti» Paesi scandinavi. Un bel mix di est, ovest, grandi, piccoli, maturi ed emergenti, casi da imitare e da evitare In realtà, punto percentuale più o meno, tutti sono più o meno attorno alla media europea del 15 per cento. Non fa eccezione l’Italia, con il suo 14,4%. Il nostro Paese, in realtà, orienta gran parte delle sue risorse sui servizi, ospedalieri e non: solo Gran Bretagna, Olanda, Danimarca, Estonia e Austria spendono più di noi negli ospedali – e non è detto che spendano meglio, visto che, nell’universo delle inefficienze, la sanità italiana sembra cavarsela non male. D’altro canto solo Portogallo, Svezia, Finlandia, Francia, Olanda e Slovacchia ci sopravanzano nei servizi non ospedalieri. Dove paghiamo dazio, purtroppo, è sulla tecnologia: solo l’1,3% della spesa pubblica italiana finisce in prodotti, apparecchiature e attrezzature sanitarie, quintultima tra tutti i Paesi europei in cui il dato è disponibile. Questo nonostante sappiamo quanto costino garze e siringhe in alcune regioni italiane. Relativamente a questa voce, insomma, spendiamo poco e, quel che è peggio, molto male.
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Istruzione: Italia maglia nera d’Europa
Alla voce «cose di cui vergognarsi in Italia» i fondi destinati all’istruzione occupano indiscutibilmente una delle prime posizioni. Solo l’8,2% della spesa nazionale è infatti destinato all’educazione e alla cultura delle generazioni future, meno di un terzo di quel che viene speso per le pensioni d’anzianità. Solo la Grecia, tra tutti i Paesi europei, investe meno nella scuola: persino la Romania (8,4%), l’Ungheria (9,9%) e la Bulgaria (9,7%) ci mettono più soldi, per non parlare delle repubbliche baltiche, che viaggiano su percentuali che superano addirittura il 15%. Problema tra i problemi, l’istruzione superiore: siamo l’unico Paese europeo (tra quelli i cui dati sono disponibili) che vi investe meno dell’1% sul totale della spesa nazionale. E gli effetti di queste scelte si vedono sugli anni di istruzioni medi della popolazione italiana.
Non sarà forse l’unica causa della crisi, ma invertire questa tendenza potrebbe essere uno dei modi più efficaci per tornare a crescere.
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Attività economiche: un paradosso che spiega quasi tutto
Ok, non stiamo parlando di grandi cifre, ma tra le pieghe della spesa pubblica italiana e dal confronto con i compagni di continente, emergono alcune singolari anomalie. Prendiamo ad esempio, la voce «attività estrattive, manifatturiere ed edilizie», contenuta nel più ampio aggregato degli «affari economici»: pesa meno dello 0,8% della spesa nazionale, una cifra che qualcuno definirebbe irrilevante. Eppure, si tratta di una cifra che, in proporzione, è quattro volte più alta rispetto a quelle di qualunque Paese europeo. Strano, no? In pratica, non abbiamo miniere, abbiamo un tasso di irregolarità imprenditoriale tra i più alti d’Europa e un livello di abusivismo edilizio da brividi, con una casa su dieci che è fuorilegge. Eppure, spendiamo molto più di chiunque altro per regolamentare i tassi di produzione delle miniere, per tutelare i consumatori dai prodotti difettosi, per ispezionare i cantieri edili. Chi trova la chiave per risolvere questo piccolo paradosso, probabilmente, avrebbe in mano la soluzione di gran parte dei problemi dell’Italia. Ammesso e non concesso che sia intenzionato a cercarla, ovviamente.
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Spesso ce ne dimentichiamo, ma siamo un Paese di frontiera, che ospita tre delle più numerose, ramificate e sanguinarie formazioni criminali organizzate al mondo. Dettagli non da poco, questi, che spiegano piuttosto chiaramente come mai l’Italia sia uno dei Paesi che spende più in Europa per la sicurezza. Vi piacerebbe fosse vero, eh? Purtroppo non lo è: Regno Unito, Spagna, Portogallo, Grecia, Bulgaria, Ungheria, Romania spendono in proporzione più del misero 3,9% del nostro Paese in forze di polizia e tribunali. Non nelle carceri che, con la sorprendente eccezione dell’Olanda calvinista (Paese con più guardie carcerarie che detenuti) costano più che in tutti gli altri Paesi d’Europa (0,5% della spesa nazionale) e sono da anni nell’occhio del ciclone per la conclamata emergenza legata al loro sovraffollamento.
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Ambiente: il costo dei rifiuti
Lituania, Regno Unito, Bulgaria, Olanda: cos’hanno in comune? Risposta non facile: sono i quattro Paesi europei in cui lo smaltimento dei rifiuti costa in proporzione più che da noi (1% della spesa nazionale). I motivi del loro primato sono probabilmente molto diversi l’uno dall’altro. Più facile è raccontare come mai tutti gli altri Paesi spendono di meno: basta seguire i camion di immondizia che quotidianamente passano le Alpi per essere bruciati negli inceneritori tedeschi. La Germania (0,4%) è ovviamente uno dei Paesi che paga di meno, insieme ad Austria, Finlandia, Svezia, Danimarca, Polonia e Ungheria e Irlanda, che – udite udite! – spende in proporzione dieci volte in meno di noi (0,1%), con un sistema di imposte su discariche e inceneritori vecchi che ha reso più efficiente lo smaltimento alternativo e più incentivante il ricorso a tecnologie più innovative e pulite.
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Cultura, l’elenco della vergogna
Svezia, Lituania, Estonia, Lettonia, Regno Unito, Francia, Irlanda, Portogallo, Bulgaria, Ungheria, Germania, Danimarca, Polonia, Repubblica Ceca, Austria, Olanda: in ordine casuale, sono i Paesi europei che in proporzione spendono più dell’Italia (0,7% della spesa nazionale) nella promozione di attività culturali. Peggio di noi, solo la «solita» Grecia (0,2%). Non crediamo serva aggiungere altro.
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L’analisi e il confronto tra la spesa pubblica italiana e quella degli altri Paesi europei è per molti versi sconfortante. Riassunto delle puntate precedenti: spendiamo meno di tutti gli altri dove più ne avremmo bisogno, ad esempio in cultura, istruzione e sicurezza. Dove spendiamo tanto (burocrazia, soprattutto, ma anche nello smaltimento dei rifiuti e nelle carceri) spendiamo male. Infine, spendiamo talmente tanto nelle pensioni da aver praticamente disintegrato ogni forma alternativa di protezione sociale. Forse bastava il buon senso (o vivere in Italia per qualche mese) per rendersi conto di tutto questo, ma i numeri certificano la realtà senza alcuna possibilità di smentita. Quel che è certo è che purtroppo la sola riduzione dei costi non basta. Sessant’anni di cattiva gestione della spesa hanno ingarbugliato la matassa oltre ogni limite e venirne a capo, per l’attuale Governo e per quelli che verranno dopo, sarà sempre più difficile.