La famiglia tradizionale, basata su una coppia stabile di genitori, è ancora alla base della società italiana. Alla fine degli anni 2000, quasi il 90% degli adolescenti di età compresa fra gli 11 e 15 anni viveva in una famiglia di questo tipo, contro circa il 60% negli Stati Uniti e il 75% della media Ocse. Gary Becker (recentemente scomparso), pioniere dello studio della composizione delle famiglie (in ottica prettamente economica) sviluppò un modello di formazione delle coppie in cui l’allocazione del tempo libero era guidato principalmente dai costi e dagli incentivi impliciti di mercato. A lui si devono i primi risultati empirici che mostrano come, ceteris paribus, un uomo con più alto reddito sia più propenso all’instabilità famigliare e a cambiare partner. Anche la predizione del suo modello, secondo cui, a un aumento dell’investimento in capitale umano delle donne segue una diminuzione del tasso di fertilità, a causa dell’aumento del costo di opportunità di assistere i figli, si è rivelata corretta.
Più recentemente, questo approccio è stato ampliato per tenere conto di eventuali effetti della cultura sulla composizione familiare. Il substrato culturale di una società è molto persistente nel tempo, e ha ovvi effetti di lungo periodo sulla composizione famigliare. Non si deve però dimenticare che la relazione di causalità, sebbene più lentamente, può anche avere un verso opposto, ovvero che un cambiamento di fondo degli incentivi economici dovuti, ad esempio, a cambiamenti tecnologici, può cambiare la cultura e il grado di accettabilità sociale di composizioni famigliari non tradizionali.