La vicenda del fallito dialogo sulle riforme tra Movimento cinque stelle e Partito Democratico, tra Renzi e Grillo, ormai inizia a sembrare, più che una cronaca politica una sitcom per tele dipendenti del pomeriggio estivo: non ti ricordi più se questa puntata l’hai già vista, inizia guardarla, e a metà tené vai annoiato perché ti è ritornato in mente il finale già noto.
Stupefacente dunque, non è stata la notizia di uno scontro, ma non sarebbe stato certo quella di una intesa, perché questa particolarissima forma di dialogo, fra un premier decisionista che vuole fare come gli pare a lui, e un leader di opposizione populista che vuole essere contro tutto, È davvero la storia di un dialogo tra sordi, che non hanno nessun interesse anzi piuttosto uno svantaggio trovare una qualunque forma di intesa.
Eppure, al contrario degli altri commentatori che – in modo quasi unanime – gettano la croce totalmente sui grillini e sulle loro divisioni, strumentali o fittizie a me paiono più interessanti le contraddizioni del governo: è vero che siamo la patria dei concorso, ma quando mai si è visto il questionario di ammissione per accedere alle trattative? E che senso ha chiedere condizioni agli altri quando si è già contrattata una doppia maggioranza con Forza Italia e Nuovo Centrodestra? L’Italicum, con le sue soglie di sbarramento, la cancellazione delle preferenze e il suo spropositato premio di maggioranza è una riforma che – soprattutto se si legasse alla sterilizzazione del Senato – produrrebbe una pericolosa concentrazioni di poteri e il rischio di un parlamento senza contrappesi. Io, se potessi, sarei contento di fare il questionario di ammissione a Renzi e alla Boschi, e se possibile di bocciarli entrambi.