C’è chi i senatori li fa nominare direttamente dal governo, chi li sceglie in base all’origine etnica e chi si affida a un sorteggio. Ma persino chi riserva qualche scranno ai rappresentanti del clero e chi autorizza il voto solo ai cittadini laureati. Paese che vai, Camera alta che trovi. E di fronte a certe stranezze rischiano di rimanere a bocca aperta persino gli oppositori della riforma immaginata da Renzi e Berlusconi.
Se sarà approvato il disegno di legge all’esame di Palazzo Madama, gli italiani non potranno più votare direttamente per i loro senatori. A scegliere saranno i consiglieri regionali. Ma in Belgio, tanto per dirne una, a nominare una parte dei membri del Sénat sono gli stessi colleghi. Attraverso una cooptazione. I seggi da distribuire sono dieci. «Furono introdotti con lo scopo di permettere ai senatori di eleggere alcuni esperti o membri di organizzazioni rappresentative, per incrementare la qualità dei dibattiti e delle leggi – spiega un interessante dossier del servizio studi di Palazzo Madama – ma nei fatti sono utilizzati piuttosto come una riserva di posti per i senatori rimasti esclusi dall’assegnazione dei seggi elettivi». Una forma di compensazione per trombati belgi.
E poi ci sono i parlamentari per grazia divina. Se in Italia il Quirinale continuerà a nominare cinque senatori a vita (su cento), altrove esistono diritti acquisiti ben più curiosi. In Gran Bretagna, ad esempio, venticinque seggi della House of Lords sono attribuiti ai vescovi anglicani. Nessuno scandalo. Del resto tra i membri della Camera alta d’Oltremanica sopravvivono ancora un centinaio di esponenti della nobiltà, scelti tramite elezione dagli stessi aristocratici britannici. Quando si dice la Casta. E in Belgio sono senatori di diritto i figli del Re, purché maggiorenni.
In Italia c’è il rischio di una deriva autoritaria? Per fortuna Matteo Renzi ha evitato di attribuire le nomine dei senatori direttamente a Palazzo Chigi. Di sicuro in Irlanda non si sarebbe stupito nessuno. Attualmente, infatti, a Dublino il primo ministro ha il potere di designare undici componenti del Seanad. Mentre altri sei membri della Camera alta vengono scelti con suffragio diretto da chi ha ottenuto un diploma di laurea in una delle due università del Paese. Quando si dice l’importanza dell’istruzione.
Dall’altra parte dell’Adriatico si guarda alla carta d’identità. Nella Camera dei popoli bosniaca, i membri vengono designati in base alla propria appartenenza: ai dieci rappresentanti della Federazione di Bosnia-Erzegovina – divisi in numero uguale tra delegati bosniaci e croati – si aggiungono cinque esponenti della Repubblica serba di Bosnia. «La connotazione di rappresentanza “etnica” della Camera dei Popoli – si legge ancora sul dossier di Palazzo Madama – è talmente forte che nella determinazione del quorum (9 delegati) è condizione necessaria la presenza di almeno 3 bosniaci, 3 croati e 3 serbi».
E poi c’è il caso. Per garantire le minoranze, in Austria vengono riservati alcuni scranni della Camera alta ai partiti che in ciascuna Dieta hanno sfiorato l’elezione. Sono i secondi classificati in base al numero di seggi conquistati, per usare una metafora calcistica. Qualora due partiti abbiano lo stesso numero di seggi, viene premiato chi ha ottenuto più voti alle precedenti elezioni. «E nel caso in cui più partiti vantino gli stessi diritti – si legge nel dossier – si ricorre a un sorteggio». Manco fosse un girone di qualificazione ai Mondiali.
Certe particolarità offrono un importante spunto di riflessione. Alcuni Paesi hanno deciso di scegliere i componenti della propria Camera alta tra i non professionisti della politica. È il caso della Eerste Kamer, il Senato dei Paesi Bassi, dove le personalità elette dai membri dei Consigli provinciali conservano quasi sempre le proprie occupazioni lavorative principali. Così avviene anche a Londra, dove i componenti della House of Lords sono spesso «cittadini che non si dedicano a tempo pieno all’attività parlamentare». In Slovenia ben 18 membri del Consiglio nazionale vengono scelti in base alla categoria professionale di riferimento (4 senatori rappresentano il lavoro dipendente, 4 gli agricoltori, i commercianti e i liberi professionisti, 4 i datori di lavoro e altri 6 i settori non commerciali). Da noi sarebbe più difficile. Del resto il mestiere più rappresentato in Parlamento rimane quello del politico di professione.