Continua a far discutere la sentenza con cui la Corte di Giustizia Europea, lo scorso 13 maggio, ha istituito il cosiddetto “diritto all’oblio”. La possibilità cioè data agli utenti europei di poter richiedere a Google di eliminare dei contenuti, qualora questi risultassero offensivi o lesivi della persona. Su Linkiesta ne abbiamo parlato ampiamente, convinti del fatto che si trattasse di una questione unica nel suo genere, in grado di sollevare una mole così grande di casi, da renderne controversa la gestione. I fatti poi ci hanno dato ragione, visto che nell’arco di qualche settimana dalle parti di Mountain View sono arrivate oltre novantamila richieste di cancellazione di contenuti di ogni tipo.
Proprio da Google però fanno sapere che sono state riscontrate delle difficoltà tecniche, relative alla cancellazione dei contenuti, soprattutto legate al fatto che alcune richieste effettuate da parte degli utenti contengono informazioni false o inesatte. Oltretutto Big G sta cercando di difendere il proprio diritto di informare i siti web quando alcuni contenuti vengono rimossi dai contenuti di ricerca. La compagnia di Larry Page e soci ha deciso di farlo rispondendo alle 26 domande poste dall’Unione Europea qualche settimana fa proprio relative al diritto all’oblio.
«La notifica della rimozione agli amministratori dei siti assicura la trasparenza e rende possibile effettuare delle correzioni quando una rimozione si dimostra essere errata» si legge nella lettera «abbiamo avuto informazioni dai webmaster che ci hanno portato a rivalutare le rimozioni e a reinserire i link tra i risultati di ricerca. Questi feedback da parte degli amministratori, sottolinea la compagnia, ci consentono di fare una pesatura più equilibrata dei diritti, migliorando così il nostro processo decisionale e il risultato per gli utenti e gli amministratori».
All’accusa di non tutelare in alcuni casi l’anonimato di chi fa richiesta di rimozione, Google ha ribattuto sostenendo che non viola le normative europee sulla privacy, visto e considerato che non vengono condivisi dati personali dei cittadini. A tal proposito Big G ha annunciato di effettuare delle consultazioni pubbliche sul diritto all’oblio nei Paesi europei, il 10 settembre prossimo a Roma sarà la volta dell’Italia.