Carlo Ossola è membro dell’ Accademia Nazionale dei Lincei , filologo, linguista e critico. Dirige l’Istituto di Studi Italiani dell’Università della Svizzera Italiana e dal 2000 detiene una cattedra di Letterature moderne al Collège de France , a Parigi. Per tutta la sua vita ha studiato le lingue latine e la loro evoluzione. Conosce le radici del linguaggio, la costruzione dello scritto e la sua derivazione.
Ma la lingua è uno strumento in continua mutazione, negli ultimi anni sempre più rapida. Con le incursioni anglosassoni, lo sviluppo delle tecnologie e la relativa diminuzione delle distanze, la lingua ha subìto in breve tempo un’evoluzione velocissima e radicale. E ancora, tutti i giorni la vediamo cambiare. La prosa ricca cede il posto a testi sintetici e diretti, la poesia fa spazio a una narrazione in pillole. Avendo la possibilità di intervistare Ossola, abbiamo pensato di chiedergli delle ragioni e delle conseguenze di questo cambiamento, dei mezzi per favorirle (se necessario) o ostacolarlo e dell’importanza dell’insegnamento, soprattutto all’estero.
Mutazione dei media. Lo sviluppo dell’online favorisce il diffondersi de — e il gusto per — la lettura sintetica, che scavalca non solo la carta, ma anche la narrazione approfondita e soprattutto la poesia. Cosa sta succedendo alla lingua, dal punto di vista di chi ha dedicato la vita al suo studio?
Ho l’impressione che spesso non si tratti di “lettura sintetica”, ma di “lettura cursoria”.
La prima suppone la conoscenza articolata delle parti, la loro distribuzione logica e gerarchica per giungere alla fine a una sintesi che “incentri” ciò che si è letto intorno all’essenziale; arte non facile. La “lettura cursoria”, rapida e sbrigativa, obbedisce alla fretta, ai parametri del tempo; molto della bisaccia dei contenuti può andar perso per strada, senza che uno se ne accorga. I medievali avevano un processo di assimilazione della lettura che chiamavano ruminatio. In effetti non basta né inghiottire né rispedir fuori; comprendere è un lungo, tenace, organico, esercizio di pazienza.
Quanto in effetti l’evoluzione dei media e la globalizzazione sta influenzando le lingue romanze?
Le lingue romanze patiscono tutte, ad eccezione dello spagnolo, l’avanzata dell’inglese come lingua franca. Occorre che esse si difendano conservando un valore di prestigio, come si fa con i prodotti di “alta gamma”. In questo l’italiano è favorito: i nostri classici, da Dante a Italo Calvino sono una risorsa mondiale.
Una parte fondamentale della sua attività, e della diffusione del suo pensiero riguardo la lingua, consiste nell’insegnamento all’estero ad altissimi livelli: che differenza c’è con l’Italia e come le cose si stanno evolvendo (ammesso che lo stiano facendo)?
L’Italia continua a fornire una formazione liceale “universale” che prepara ottimamente all’Università e alle sfide del mondo globale. Purtroppo l’Università, specie nelle discipline umanistiche, conosce un’involuzione che sembra non potersi arrestare. I migliori dei nostri giovani proseguono i loro studi all’estero (esperienza assolutamente necessaria) ma con il progetto di non più rientrare. Siamo già senza classe dirigente e ancor meno l’avremo in futuro. Senza una forte integrazione europea, l’Italia non presenta scenari d’avvenire incoraggianti in nessun settore, ancor meno nella ricerca.