Una firma di tutto riposoPerché per gli elettori è meglio il voto diretto

Perché per gli elettori è meglio il voto diretto

Ci si riempie la bocca a discutere sui sistemi elettorali (Italicum contro Porcellum contro Pincopallinum), ma ogni tanto sarebbe il caso di partire dalle cosiddette “basi”: quante volte dovremmo votare? Messa così, sembra che mi stia riferendo alla frequenza con cui dobbiamo rinnovare un’assemblea legislativa, ma in ho in testa un’altra domanda, cioè questa: per quante cariche elettive dovremmo votare?

Più che ad un’assemblea legislativa, penso ad una posizione esecutiva, come il governatore di uno stato degli Stati Uniti o il presidente di una regione italiana. È ragionevole pensare che il presidente in carica venga rieletto se ha fornito una prestazione soddisfacente per una maggioranza di elettori sui temi di cui è responsabile. Il punto nevralgico sta nell’uso del plurale: i temi. Il presidente di una regione si occupa di una molteplicità di temi, e l’elettore razionale dovrebbe valutare la performance del presidente in carica su tutti questi temi, potenzialmente attribuendo importanza diversa a ciascuno di essi. Detto in termini semplici: potrei decidere di rieleggere il presidente in carica anche se ha deluso sul 70 percento dei temi di cui si occupa, qualora il restante 30 percento di prestazioni buone è su temi che sono molto più importanti dei restanti. Ecco dunque il rischio insito nel votare per una carica elettiva che ha molte responsabilità: la maggioranza degli elettori potrebbero rieleggere qualcuno che si è comportato male su molti temi, che disgraziatamente erano ritenuti meno importanti dei temi su cui si è comportato decentemente.

Il trucchetto largamente usato a livello di singolo stato negli Usa consiste nello “spacchettare i voti” (issue unbundling), cioè nell’avere la possibilità di votare separatamente per il governatore dello stato, il sovrintendente per l’istruzione, il responsabile della regolamentazione eccetera, mentre l’alternativa “impacchettata” consiste nel avere un solo voto per decidere il governatore, il quale a sua volta nominerà i responsabili delle diverse aree tematiche. Nel primo caso l’elettore ha la possibilità di punire con la mancata riconferma il responsabile dell’area tematica che ha fornito una prestazione insoddisfacente, mentre nel secondo caso una prestazione insoddisfacente da parte del responsabile nominato dal governatore potrebbe non essere sufficiente per convincere gli elettori a cacciarlo.

Quello dello spacchettamento dei voti è un concetto semplice e potente, che è stato introdotto nella letteratura di political economy dagli economisti Besley e Coate. La conseguenza immediata di questo modello teorico è che la maggioranza degli elettori dovrebbe ottenere politiche più vicine alla loro politica più gradita in caso di issue unbundling. Dal punto di vista empirico, la caratteristica interessante degli stati Usa è che per la stessa carica in alcuni di essi il responsabile viene eletto direttamente, mentre negli altri viene nominato dal governatore. I due autori analizzano il caso specifico del regolamentatore dei servizi di pubblica utilità, e – controllando per fattori confondenti – mostrano che i prezzi dell’energia elettrica per clienti residenziali sono significativamente più bassi negli stati che eleggono il regolamentatore rispetto agli stati in cui il governatore lo nomina.

A questo punto un suggerimento per casa nostra: perché non eleggere direttamente i membri delle fondazioni bancarie, invece di farli nominare dai politici?

Per chi vuole saperne di più:

Timothy Besley e Stephen Coate [2003]. “Elected Versus Appointed Regulators: Theory and Evidence” Journal of the European Economic Association 1(5): 1176-1206.

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