Mentre Padoan si dice pronto a effettuare “tagli su tutto”, l’ultima puntata della soap Spending Review ci informa che «una partecipata di stato su quattro non è redditizia» e il governo «si costerna, si indigna e si impegna» per riformare la Pubblica Amministrazione imponendo pensionamenti e prevedendo spostamenti risolutivi di persone fino a 50km, chi avrebbe il coraggio di invocare un aumenti nelle retribuzioni dei dipendenti pubblici e in particolare dei dirigenti?
Lo spunto, solo in apparenza controintuitivo, proviene dall’Economist di qualche settimana fa e merita qualche minuto di riflessione in più. Se un’istituzione funziona in modo inadeguato e costa relativamente troppo per il livello di servizio fornito – e in Italia il problema è proprio questo, almeno secondo il Global Competitiveness Report – è abbastanza difficile che intervenire solo in termini di riduzioni di costi possa ottenere dei risultati. Le persone che lavorano bene e tanto, di norma vogliono anche essere pagate e ricevere gratificazioni per il proprio operato, pertanto è plausibile che nelle organizzazioni disfunzionali la loro presenza sia l’eccezione piuttosto che la regola. Tagliare i costi, riducendo il personale e/o ridimensionandone i compensi (soprattutto con riferimento ai ruoli di responsabilità) se ha l’effetto immediato di migliorare il rapporto costo/qualità riducendo il primo, difficilmente potrà evitare di ripercuotersi sulla seconda peggiorandola in prospettiva. Una linea guida ideale di riforma di un’organizzazione inefficiente dovrebbe tendere all’obbiettivo di avere un numero inferiore di risorse rispetto a quelle esistenti capaci di fornire risultati migliori e questo implica inevitabilmente retribuzioni più elevate.
Come vendere in tempo di crisi, ai cittadini scontenti dal funzionamento del sistema, l’idea che bisognerebbe pagare di più soprattutto manager e dirigenti pubblici? Innanzi tutto si può considerare che investire qualche centinaio di migliaia di euro su una persona può generare risparmi per milioni in consulenze di miliardi in termini di opere e progetti non o mal realizzati. Poi va aggiunto che compagno naturale di un maggior rendimento è il rischio: le maggiori retribuzioni andrebbero strettamente condizionate al raggiungimento di risultati obbiettivi e quantificabili in anticipo così come dai risultati dovrebbe dipendere la riconferma di posizioni che sarebbero, necessariamente temporanee.
Singapore che paga i suoi uomini migliori fino a 2 milioni di dollari l’anno riesce ad avere uno dei migliori sistemi sanitari spendendo in proporzione al Pil meno della metà degli altri paesi. La nuova Zelanda ha smantellato il vecchio sistema di gerarchie rigide e gerontocratiche con una struttura di responsabili di dipartimento con contratti a termine basati su precisi obbiettivi e che vengono regolarmente messi alla porta in caso non li raggiungano.