Entro la fine di quest’anno, una startup di nome Kateeva inizierà a consegnare le apparecchiature che potrebbero finalmente portare sul mercato i display flessibili. Per anni, i progettisti hanno immaginato schermi che si potessero arrotolare. Nel gennaio del 2013, ad esempio, durante il Consumer Electronics Show di Las Vegas, Samsung ha mostrato esempi di schermi flessibili, mostrando eleganti orologi con display che si avvolgono intorno al polso o gadget che possono essere piegati e messi in tasca.
Questi prototipi non si sono rivelati abbastanza resistenti da poter essere commercializzati. Dopo aver presentato il prototipo del suo schermo flessibile, Samsung ha avuto problemi con il materiale utilizzato per sigillare il display — i Led organici (OLEDs) devono infatti essere protetti dal vapore acqueo e dall’ossigeno.
«Bastano poche molecole di ossigeno o di umidità per distruggere il display», spiega Greg Raupp, esperto di tecnologie per schermi presso l’Arizona State University. «Per questo, i requisiti di incapsulamento per un display OLED sono molto importanti». Samsung ha sviluppato dei telefoni cellulari ricurvi che montano schermi flessibili. Questi schermi, però, sono stati fissati in maniera tale da non poter essere piegati, per cui è più facile sigillare tutto. Stando ad una dichiarazione da parte di Samsung, la società non avrebbe «nessun tipo di problema con l’incapsulamento dei materiali OLED» in questi telefoni commerciali.
Kateeva ha sviluppato un processo di stampa a getto d’inchiostro in grado di applicare un rivestimento protettivo sugli schermi OLED più velocemente rispetto ai metodi precedenti. Questo procedimento promette di dimezzare i costi di produzione e permetterebbe di integrare il procedimento alle linee di produzione già esistenti.
Un’altra sfida è aggiungere la componente “touch” ai display flessibili. L’ossido di indio stagno (ITO), un materiale trasparente e conduttivo che è utilizzato negli schermi touch, è fragile e si romperebbe in un display flessibile. La Canatu, società con sede a Helsinki, in Finlandia, produce sottili pellicole coperte da una rete di “nanobuds” in carbonio (un nanotubo con una sfera di atomi di carbonio attaccato ad esso) per schermi touch flessibili. I nanobuds hanno una migliore conduttività rispetto ai convenzionali nanotubi e possono essere sia allungati che curvati entro un raggio di un millimetro. Lo scorso anno, la società ha aperto una fabbrica per produrre i materiali e ha spedito campioni a 30 clienti per realizzare prototipi di dispositivi.
Raupp spiega che Samsung e altri produttori di telefoni stanno adottando un approccio prudente, iniziando con display curvi che non possono essere piegati per accertarsi che gli schermi flessibili al loro interno funzionino bene. Probabilmente, aggiunge, il primo schermo totalmente flessibile sarà progettato in maniera tale da poter controllare quanto possa essere piegato per prevenire danni allo schermo stesso. Raupp conclude dicendo che «l’interesse di tutti i maggiori produttori è attualmente rivolto alla produzione di schermi pieghevoli»