Come la pensano gli italiani lo si può comprendere anche dalle lettere ai giornali. C’è un sito, in Italia, che, quotidianamente, pubblica le lettere più interessanti, www.carodirettore.eu, nato per iniziativa dell’Azienda di soggiorno e turismo di Bolzano. Linkiesta ne propone qualcuna, rimandando al sito i lettori che vorranno avere un panorama ancora più vasto di ciò che gli italiani scrivono ai giornali, quotidiani e periodici.
Il posto fisso non c’è più però la banca lo pretende se chiedi un mutuo
«Il posto fisso non c’è più» ha detto il presidente del Consiglio. Effettivamente è sempre più vero, anche se non per tutti. Però mi aspetto, subito, una legge di un articolo solo che commini sanzioni a qualunque banca, istituzione finanziaria, agenzia, padrone di casa, concessionaria automobilistica e chissà quanti sto dimenticando, che osi negare un finanziamento, un mutuo, una dilazione, un piano di pagamenti, la concessione di un bene in affitto o a rate, «perché se non ha un contratto a tempo indeterminato, sa, non è proprio possibile». Se il Paese lo vogliamo cambiare davvero, bisogna cambiare anche i forti, non sempre e solo i deboli.
Giuseppe Labianca, Bologna
Selfie, ergo sum
René Descartes, il grande filosofo e matematico francese del Cinquecento Cartesio, trascorse una buona parte della vita a riflettere prima di formulare l’aurea massima Cogito, ergo sum ( penso, quindi esisto). Molti giovani di oggi, di più pratico e sbrigativo intelletto, sembrano invece aver deciso che per essere certi di esistere è più che sufficiente un selfie, da cui “Selfie, ergo sum”.
Gabriele Barabino, Tortona (Al)
Corriere della Sera 29 ottobre
L’articolo 18 protegge solo i più inetti
Susanna Camusso dice che l’articolo 18 è la differenza tra lavoro servile e quello moderno! In tutti gli altri Paesi del mondo dove non esiste l’articolo 18 i lavoratori sono dei servi? Solo in Italia abbiamo un lavoro moderno? Chi scrive è un lavoratore che verifica quotidianamente come l’articolo 18 protegga solo i più inetti e assenteisti.
Ivan Graziani, [email protected]
Stampa 29 ottobre
Però qualche ritocco al diritto di sciopero (nel pubblico) non guasterebbe
Ho letto delle dichiarazioni di Davide Serra alla Leopolda. Era prevedibile che suscitassero le prese di distanza e le polemiche che ne sono seguite. Del resto, neppure io condivido l’idea che possano essere introdotte limitazioni o addirittura sospensive del diritto di sciopero, che è anche costituzionalmente garantito. E’ inteso che lo sciopero è tanto più efficace quanto più rilevanti sono i danni recati alla controparte. Tuttavia, a mio parere, questa efficacia e i relativi danni dovrebbero essere corrispondenti al grado di condivisione maturato e quindi di partecipazione. Principio che riterrei valido in ogni ambiente di lavoro, più che mai in quello pubblico, dove i danni si misurano in termini di disagio recato ai cittadini e colpiscono solo indirettamente la controparte (nel caso, lo Stato, nelle sue diverse articolazioni), mentre nel «privato» sono in prevalenza di natura economica e sono diretti. Di qui, a mio parere, un eccesso da correggere: la libera dichiarazione di adesione dei singoli dovrebbe avvenire formalmente con un anticipo di 24 ore e dovrebbe avere carattere vincolante. Insomma, l’adesione non dovrebbe essere una «sorpresa» dell’ultimo minuto, che obbliga ad organizzare il sistema aziendale come se tutti aderissero. Un esempio. Qualche giorno fa, in una scuola elementare di Ravenna, non si è saputo fino a un minuto prima delle 11 se in una certa classe le lezioni sarebbero proseguite oppure no: troppo evidente il danno ingiusto recato alle famiglie, le cui proteste hanno riempito le pagine dei giornali locali. Un secondo esempio, questa volta personale, tratto dai miei ricordi di primario ospedaliero: è giusto che si avvertano i cittadini della chiusura di un ambulatorio per sciopero, per poi trovarsi con presenze che avrebbero consentito di mantenerlo aperto? No, non lo è! L’adesione a uno sciopero è un diritto non negoziabile. Il «silenzio» (pavido e/o opportunistico) non dovrebbe esserlo.
Franco Bencivelli, 75 anni, primario ospedaliero in quiescenza, Ravenna
Avvenire 29 ottobre
Sarò obiettrice e non comprerò mai più pomodori siciliani
Ho letto qualche giorno fa su un settimanale notizie raccapriccianti sulla vita e la schiavitù delle contadine, romene di nascita, che coltivano i pomodori nelle serre di Sicilia che poi arrivano nei nostri supermercati. Io vorrei fare obiezione di coscienza: quei pomodori mi vanno di traverso. Comprerò d’ora in avanti solo pomodori lombardi od olandesi. Le contadine, oltre a essere sfruttate e pagate poco e alloggiate male, si sentono costrette ad accettare “inviti” del padrone a porno party. E poi vanno ad abortire. Non pensano nemmeno che potrebbero registrare con il telefonino delle prove e poi portarle ai carabinieri per denunciare coloro che commettono anche il reato di induzione alla prostituzione. Mi impressiona anche il disprezzo dimostrato da questi maschi per la loro stessa dignità, come se la responsabilità per le conseguenze delle proprie azioni non ricadesse in capo a loro, che suppongo abbiano più di 14anni. Ma chi li ha educati questi uomini?
Elena Passerini, Milano
Giornale 29 ottobre
L’esproprio proletario è diventato legge
Dalle mie parti capita spesso di sentire notizie del genere: una famiglia con figli minorenni ha approfittato dell’assenza momentanea dei padroni di casa e l’ha occupata. I padroni della casa si sono rivolti alla legge, la quale ha risposto di non poter fare niente. E’ diventata legge dello stato l’esproprio proletario!
Francesco Cillo, Cervinara (Av)