I trafficanti di droga sono sempre stati abituati a spostare i loro soldi tramite conti e bonifici bancari. Ora, anche perché i governi messicani e americani hanno inasprito i controlli sulle banche che fanno affari con i cartelli, i criminali sono dovuti diventare più creativi. La loro ultima copertura? Il mercato della moda: un nuovo complesso schema per rimandare i profitti in Messico attraverso l’export dei vestiti pre-maman.
La mattina del 10 settembre, circa mille poliziotti sono entrati nel quartiere di abbigliamento di Los Angeles come parte di un’indagine sulle compagnie import-export di vestiti, sospettate di riciclaggio di denaro sporco per i cartelli messicani. L’operazione è stata chiamata “Fashion Police”. Entro la fine della giornata, gli agenti avevano scoperto una somma-record di contante, impilata in un condominio, in una villa e in un magazzino. C’erano dollari ovunque. I poliziotti hanno trovato 35 milioni in una casa a Bel Air: dentro le scatole delle scarpe, nei cassetti e in borsoni impilati nella doccia. Altri 20 mila nel bagagliaio di una Bentley. Un agente sotto copertura ha fatto passare anche del denaro sporco di sangue. Quando sono riusciti a contarli tutti, gli agenti si sono trovati in mano più di novanta milioni di dollari: la più grande quantità di contante mai raccolta negli Stati Uniti in un giorno solo.
In seguito gli agenti sono andati dietro ai conti bancari, trovando altri circa quaranta milioni, inclusi 15 depositati a Taiwan. Hanno confiscato due case a Pasadena e una a Alhambra, California. Secondo i federali, le compagnie di vestiti facevano parte di un “mercato nero di cambio di pesos”. I cartelli della droga hanno moltissimo contante negli Stati Uniti, ma, per usarlo, devono farlo tornare in Messico convertito in pesos. Lo schema funziona così: dopo aver venduto cocaina o altre droghe, un membro del cartello negli Usa infila i ricavi in un borsone e lo da a un “broker di pesos”. Il broker lo passa a un esportatore di Los Angeles, che poi spedisce, come precedentemente concordato, a un importatore in Messico un normale ordine di capi di abbigliamento. Una volta che i vestiti vengono venduti in pesos, l’importatore da i soldi al cartello in Messico come pagamento per l’ordine, invece che all’esportatore.
L’hub principale per l’operazione a Los Angeles era un grossista di vestiti pre-maman chiamato Q.T. Fashion, che è indagato per aver preso i profitti della droga e usato i dollari per pagare le fatture a dozzine di altri negozi del distretto per le ordinazioni di export verso il Messico.
Claude Arnold, il capo delle investigazioni per la sicurezza del territorio dell’Ice (Immigrazione e dogana) a Los Angeles, ha dichiarato che gli agenti stavano monitorando i grossi depositi dei conti bancari delle compagnie di vestiario sospettate di essere implicate nello schema. La genialità del piano è che neanche un dollaro doveva essere contrabbandato dagli Stati Uniti al Messico. Il contante veniva accumulato nel lato americano dell’operazione. (…)