Un elemento cardine della “Buona scuola” è sicuramente la proposta dell’organico funzionale, o – meglio – dell’autonomia. Non è un’idea nuova. Auspicata a più riprese per permettere una effettiva realizzazione dell’autonomia, è sempre rimasta una chimera strozzata dalle esigenze di cassa e dalle burocratiche strettoie degli organici.
“La Buona Scuola” lo ripropone diffusamente in più parti: quando affronta il tema dell’assunzione dei docenti inseriti nelle graduatorie, quando si occupa di mobilità e valutazione dei docenti, fino ai capitoli sul registro dei docenti e sull’alternanza scuola-lavoro. È chiara la volontà di rafforzare l’autonomia delle scuole aumentando le risorse umane e dando maggiore flessibilità nell’utilizzo degli organici ed è scritto esplicitamente che la posizione funzionale farà parte dell’organico di diritto. C’è – va però sottolineato – una aspettativa eccessiva sui benefici di questo organico nella scuola superiore, dove inciderà molto meno che sul primo ciclo (20.000 contro 64.000).
Precisato questo, è un fatto che le scuole avranno in organico un numero superiore di docenti rispetto alle cattedre ma… per fare che cosa?
Il documento delinea tre aree fondamentali di impiego: supplenze, ampliamento e miglioramento dell’offerta formativa, cura della continuità fra ordini di scuola e mondo del lavoro.
Innanzitutto il personale sarà a disposizione per le supplenze brevi per una quota dell’orario dedicata e resa flessibile da “banche ore” accumulabili e recuperabili; ancora, nella scuola primaria sarà impiegato per realizzare il tempo prolungato e il tempo pieno, con compresenze e attività laboratoriali. Negli altri ordini di scuola permetterà lo sviluppo dell’offerta formativa attraverso azioni di recupero e potenziamento degli apprendimenti degli alunni, percorsi di orientamento e accompagnamento nei passaggi fra un segmento scolastico e un altro e/o nei progetti di alternanza scuola-lavoro. Per quanto riguarda l’offerta didattica, ogni scuola sarà ovviamente autonoma nelle sue scelte, ma è auspicabile che non si utilizzi esclusivamente la logica additiva, sfruttando piuttosto l’opzionalità del curricolo.
Questa estensione di organico dà medesima dignità alle attività di cattedra e a quelle extra cattedra, ponendo una reale attenzione all’individualizzazione della didattica e alla differenziazione dei tempi, degli ambienti di apprendimento e rendendo molto più strutturali queste attività, oggi spesso episodiche e provvisorie. Poterle programmare da subito, contando su risorse certe, porterà benefici immediati sia ai fini degli apprendimenti che per le famiglie.
Le scuole che già dispongono di capacità progettuali e sintonie con i propri territori troveranno in questi organici una vela al vento, sempre che vengano concessi in base alle esigenze e alle progettualità degli istituti e non “a pioggia” in modo lineare. Su questo aspetto il documento non si pronuncia del tutto, anche se si intravvedono novità sul sistema di reclutamento e di mobilità; sarà interessante verificarne lo sviluppo. L’autonomia delle scuole troverà in questi organici risorse da condividere anche in reti verticali e orizzontali, valorizzando e integrando le specificità e i punti di forza di ogni istituto a beneficio del territorio e in stretta connessione con esso.
Fra i compiti, si accenna anche all’“affiancamento ai tirocinanti”, con un “eccetera” successivo che presuppone altre attività. Sembrerebbe quindi (ed è positivo) una stabilizzazione della figura del tutor per i tirocinanti prevista anche dalla organizzazione attuale della formazione iniziale.
Come si vede, figure e compiti molto diversi tra loro. Ma non tutto è chiaro.
Non è chiaro se il docente in orario funzionale debba dedicarsi esclusivamente agli alunni o anche ad aspetti organizzativi come le funzioni vicarie del dirigente e le altre funzioni strumentali, compresa quella nuova del referente di rete delle tecnologie.
Ma soprattutto non è chiaro se queste molteplici figure andranno individuate solo nella parte “aggiuntiva” dell’organico (o tra chi accetta volontariamente di entrare a farne parte), o piuttosto se l’organico – “attuale” e “nuovo” – non sia tutto funzionale alle attività che la scuola progetta e propone nel suo Piano dell’offerta formativa.
Anche perché se a essere “funzionale” è solo la parte dell’organico aggiuntivo, ciò non è coerente con l’idea che la flessibilità debba riguardare tutti, introducendo così una rigidità che vincolerebbe ulteriormente l’autonomia che invece il governo sostiene di voler liberare.
I docenti in questo contesto dovrebbero infatti avere un orario di lavoro più mobile e aperto rispetto a quello attuale. Come gestire e regolare questa “fluidità” e certificarne la qualità e l’efficacia, potrà essere l’autonomia di ogni scuola a stabilirlo, in attesa però di un nuovo contratto che recepisca queste novità. È infatti impensabile gestire questi cambiamenti senza il rinnovo contrattuale, a fronte di un contratto già rigido e quindi lontano perfino dall’attuale modello di scuola.
Prevedere a livello normativo un organico di questo tipo senza un contratto che lo recepisca e lo regoli, creerebbe confusione e resistenze legittime da parte di tutto il personale scolastico, vanificando nella realtà lo sforzo riformatore.
*Gabriele Benassi, insegnante. Esperto in organizzazione scolastica e nuove tecnologie applicate alla didattica, collabora con USR Emilia Romagna per il Servizio Marconi T.S.I.