La frutta non è più quella di una volta. E credeteci, è un bene: se doveste mangiare una pesca di seimila anni fa, non la riconoscereste nemmeno. Era molto più piccola, amarognola, con un nocciolo più grande e una buccia più dura. Esistevano solo tre varietà ed erano solo in Cina. Adesso se ne conoscono più di 200 ed è un frutto diffuso in tutto il mondo.
Quello che molti dimenticano, quando si parla di agricoltura, è che anche il cibo ha avuto una drastica evoluzione. I coltivatori hanno selezionato, coltivato, inventato nuove piante per avere frutti più succosi e più grandi, o più produttivi e ricchi, o entrambe le cose. Il lavoro compiuto da James Kennedy, professore di chimica australiano, lo rende evidente: in una serie di post sul suo blog mette a confronto i frutti “naturali” e “modificati” dall’uomo, sottolineando le numerose differenze fisiche.
Un altro esempio è l’anguria, forse ancora più lampante perché, a detta di Kennedy, è “il frutto meno naturale in circolazione”. In origine aveva un volume 1680 volte più piccolo, pesava 80 grammi (ora va dai due agli otto chili) ed era amarissimo. Oltre che reperibile solo in Botswana e Namibia.
E che dire del mais? Il più grande miracolo mai operato dall’uomo. Come spiega Michael Pollan, è più o meno alla base dell’intero sistema alimentare (e non solo) dell’uomo (americano). All’inizio veniva coltivato solo in Messico e in America Centrale. Era grande un decimo, aveva pochi granelli (le cariossidi) e un sapore amaro. Poi venne importato in Europa, dove subì le maggiori trasformazioni.
Per queste e altre informazioni, qui il link al sito di James Kennedy.