American Horror Story è il più grande successo del network americano FX. La première della quarta stagione, Freak Show, andata in onda l’8 ottobre, è stata seguita in diretta da oltre 6 milioni di spettatori e preceduta da una serrata campagna teaser, con diversi trailer e mini-video promozionali che avevano lo scopo di introdurre nel mondo bizzarro e retrò dei freak shows, i cosiddetti «spettacoli di rarità biologiche», molto in voga tra ottocento e novecento, di solito associati a circhi e luna park itineranti.
Circo, freak show, sideshow… Esiste tutta una gamma di terminologie, con diverse sfumature semantiche, che ruota intorno a questo particolare tipo di intrattenimento. “Circo” è sicuramente termine di più ampia portata e comprende diversi tipi di esibizioni; per sideshow si intende uno spettacolo-spalla, che si accompagna appunto a circhi o fiere, e di cui il freak show è molto spesso l’esibizione principale, ma non l’unica: può comprendere il Girl show, che è uno spettacolo di rivista con numeri di streap tease; il “Single-O”, in cui viene esposta una singola attrazione o curiosità; il “museo”, che è una sorta di campionario di stranezze (animali imbalsamati, sedicenti armi di celebri criminali…); e infine il “Ten-in-one”: un programma di dieci numeri tra cui acrobazie, spettacoli di magia e appunto le performace dei «fenomeni umani»: nani, giganti, persone iper-tatuate, uomini o donne cannone o, viceversa, magrissimi. Proprio su questo genere di artisti è imbastita la quarta stagione di American Horror Story: una donna barbuta, un’ermafrodita, un ragazzo affetto da ectrodattilia e tanti altri, fino all’attrazione principale: le gemelle siamesi interpretate da Sarah Paulson.
Subito viene in mente Tod Browning (regista di film horror con un passato circense) e il suo straordinario Freaks,cult movie del ’32 dalla fama “maledetta”. La scena del banchetto di nozze, in cui la malvagia trapezista è ufficialmente accolta (con suo sommo disgusto) nel gruppo dei freaks, è forse tra le più citate della storia del cinema («Gooble, gobble, we accept her, we accept her, one of us, one of us!»). Meritatamente, perché si tratta di una scena potentissima, che con la sua coralità mette in piazza una delle tesi portanti del film (e in genere uno dei leitmotiv sui freaks), ovvero l’enorme coesione di gruppo che si sviluppa attraverso la vita comunitaria e la condivisione dello status di “diversi”: «Offendine uno e li avrai offesi tutti», come sperimenterà la trapezista interpretata da Olga Baclanova, scelta tra l’altro perché aveva già recitato in un film che trattava il tema della mutilazione, L’uomo che ride (The Man Who Laughs), trasposizione del romanzo omonimo di Victor Hugo, il cui gusto teratologico si era già espresso con Notre-Dame de Paris.
Freaks , noto per la partecipazione di autentici artisti dei sideshows dell’epoca – come le gemelle Daisy e Violet Hilton , Prince Randian “il torso vivente” oJohnny Eck “il mezzo ragazzo” (il quale, insieme a un fatto di cronaca, ha ispirato uno dei numeri più amati di Dylan Dog) – ebbe, come molti sanno, una fortuna scenica assai travagliata. La première lasciò Hollywood sbigottita e imbarazzata, molti spettatori affermarono di essersi sentiti male e la Metro Goldwyn Mayer, che lo aveva prodotto come film horror di facile incasso, finì per rinnegare la pellicola e sottoporla a 26 minuti di tagli, mai più recuperati (in particolare la mutilazione di Cleopatra e di Hercules, che in origine non veniva ucciso ma evirato, per poi esibirsi in un canto in falsetto nell’epilogo). Dopo decenni di proiezioni underground, il film fu presentato al Festival di Venezia nei primi anni ’60, iniziando così il suo periodo di rivalutazione come indiscusso cult cinematografico ed efficace allegoria sul tema della diversità.
Con un antesignano così importante le citazioni, gli omaggi e i paragoni sono d’obbligo, e la serie FX ha cavalcato l’onda. La rivista Indiewire ha individuato alcune delle somiglianze più lampanti tra la serie e il film di Browning (a cui possiamo aggiungere il personaggio di Meep, chiaramente ispirato a Minnie Woolsey, detta Koo-Koo the Bird Girl), mentre il sito The Human Marvels ha studiato la sigla per individuare i veri freaks riprodotti dai pupazzi nei titoli di testa.
Gli anni della Grande depressione sembrano essere un periodo storico appropriato in cui ambientare le storie costruite intorno a spettacoli viaggianti. Oltre a Freaks, girato e ambientato nei primi anni ’30, esiste una notevole serie tv andata in onda tra il 2003 e il 2005 che racconta le vicende di un circo itinerante. Si tratta di Carnivàle, serie targata HBO, che gioca abilmente con le atmosfere di un’America di provincia anni ’30, con ambigui predicatori e agricoltori dotati di poteri taumaturgici. Più naturalmente tutto il campionario del sideshow: donne barbute, gemelle siamesi, cartomanti e uomini serpente.
Sempre negli Stati Uniti degli anni ’30 – ma questa volta non si tratta di una finzione narrativa – una cittadina della Florida, Gibsonton, iniziò a diventare un luogo privilegiato per il “ritiro invernale” di molti artisti di sideshow, alcuni dei quali, con il tempo, si trasferirono lì. Tra questi Al Tomaini, celebre “gigante” – che si trasferì a Gibsonton nel ’49 con la moglie –, Priscilla “the Monkey Girl” e Grady Stiles, detto “Lobster boy” (ragazzo aragosta) per via dei suoi arti affetti da ectrodattilia. Quest’ultimo fu protagonista di una serie di vicende di cronaca nera: prima fu giudicato colpevole dell’assassinio del fidanzato della figlia, e poi fu ucciso dal suo figliastro, su istigazione della madre. Tanto basta per rendere la cittadina famosa in tutti gli States e meta di turismo ancora oggi (i fan di X-Files ricorderanno anche l’episodio “Humburg”, ambientato a Gibsonton, che vede Mulder e Scully attorniati da alcuni moderni performers di sideshow come The Enigma).
Proprio in Florida – non a Gibsonton ma a Jupiter – è ambientata la quarta stagione di American Horror Story. La vicenda si svolge negli anni ’50, cioè in un periodo in cui, per questo tipo di intrattenimento, stava già iniziando la fase di declino, a causa della sempre vituperata televisione e, soprattutto, del cambiamento di morale e sensibilità nell’opinione pubblica, che iniziava a trovare di cattivo gusto l’esibizione delle cosiddette «rarità umane». Molte località emanarono divieti, nonostante le proteste di tanti performers, che in questo modo rimanevano senza lavoro e altrettanto (se non maggiormente) emarginati dalla società.
Se come sostiene il performer Johnny Meah «l’esibizione delle stranezze umane risale alla notte dei tempi», i primi veri e propri antesignani dei freak show possono però essere rintracciati nelle Wunderkammerndel XVI secolo: le camere delle meraviglie, in alcune delle quali, tra le varie bizzarrie, venivano conservati feti umani e animali mostruosi accuratamente tenuti sotto spirito. Di lì a poco queste esposizioni si sarebbero evolute nei veri e propri zoo umani, le esposizioni delle cosiddette “razze esotiche”, la cui raccapricciante storia è legata a doppio filo con le vicende coloniali e le teorie del darwinismo sociale.
Già nel XVII secolo abbiamo notizia delle esibizioni dei gemelli siamesi Lazzaro e Giovanbattista Colloredo, ma fu nell’Inghilterra e negli Stati Uniti dell’800 che i freak showsebbero il loro periodo di maggior popolarità. L’impresario più conosciuto è sicuramente P.T. Barnum, che a dirla tutta si dedicò al circo quando aveva già sessant’anni: prima era già stato giornalista, agente di artisti e atleti, promotore di concorsi di bellezza e proprietario e direttore dell’ American Museum di New York, maestosa galleria di “stranezze” e animali esotici. Alla fine dell’ottocento la sua autobiografia era il libro più venduto negli USA dopo la Bibbia. Personaggio estremamente controverso, era però un uomo dalle notevoli capacità di marketing, che raggiunsero l’apice quando si autodenunciò come mistificatore. Tra le sue beffe più celebri, ilGigante di Cardiff e la sirena delle Fiji.
Il concorrente inglese di Barnum era Tom Norman, che nel 1884 entrò in contatto con Joseph Merrick, il famoso “Elephant Man”. Ma qualcosa nella mentalità comune europea stava già cambiando. L’esibizione di Merrick durò poco, l’esercizio in cui Norman organizzava le sue esposizioni venne chiuso dalla polizia e nel 1886 i freak show furono dichiarati fuori legge in tutto il Regno Unito. Negli Stati Uniti invece questo tipo di intrattenimento sopravvisse, con qualche sporadico divieto, almeno fino agli anni ’60 e a ben vedere non sparì mai del tutto, come testimonia questo bellissimo reportage di Randal Levenson, realizzato negli Stati Uniti degli anni ’70.
Quel che è certo è che gli anni ’90, oltre alle Spice Girls e al World Wide Web, ci hanno regalato anche una moderna forma di sideshow, soprattutto grazie a Jim Rose, inventore del Jim Rose Circus (l’ultima esibizione si è tenuta nel 2013 al London Burlesque Festival), i cui numeri si basano soprattutto su performance estreme del corpo umano, come mangiare insetti vivi o sollevare pesi tramite ganci e uncini agganciati ai piercing. Contemporaneamente, in Canada, Scott McClelland stava facendo qualcosa di analogo fondando il Carnival Diablo: si stava così aprendo una nuova stagione di sideshows che dura ancora oggi, con alcune differenze significative rispetto al passato, prima tra tutte – e non è poco – la maggior libertà di autodeterminazione dei performers.
Per capire meglio i sideshow attuali, è bene soffermarsi un attimo sulla distinzione tra born freaks (gemelli siamesi, persone con parti del corpo eccedenti o mancanti) e made freaks (individui totalmente tatuati, con varie modificazioni corporee o che hanno sviluppato abilità straordinarie). Questa seconda tipologia, che è oggi decisamente la più diffusa, esisteva anche in passato, ad esempio tra i tanti sedicenti ermafroditi che modificavano il proprio aspetto allenando un solo lato del corpo perché apparisse più muscoloso e indossando un costume metà femminile metà in stile Tarzan. Non si seppe mai ad esempio se Josephine Joseph , che recitò in Freaks nel ruolo di se stessa, fosse realmente ermafrodita. Si sa invece per certo che Elisabeth Green (che nel film di Browning interpreta la “ragazza cicogna”) non soffriva di nessuna sindrome, aveva semplicemente un aspetto peculiare, accentuato da costume e acconciatura.
Un caso assolutamente moderno di made freak è invece Erik Sprague, The Lizardman (l’uomo lucertola), che per diventare tale ha lavorato duramente. Texano, laureato in filosofia, ex performer del Jim Rose Circus, si è sottoposto a circa 700 ore di sedute di tatuaggi, a cui vanno aggiunti i corni in teflon, le modifiche ai denti e l’operazione per rendere la lingua biforcuta come quella dei rettili, che lui ama moltissimo.
Secondo Dick Zigun, impresario di freak show, la spettacolarizzazione della diversità è oggi sentita come un’esigenza per rimarcare la propria unicità contro una società eccessivamente omologante: «oggi sono le persone che desiderano sentirsi diverse, visibilmente diverse da tutte le altre. In questa società che tende all’omologazione essere finalmente unici è un obiettivo». The Lizardman è della stessa opinione: «ho deciso di fare della mia diversità un mestiere», racconta: «ho lavorato molto per diventare un’attrazione speciale. Mi sentivo un freak anche quando indossavo abiti normali ma prima di trasformarmi la gente non poteva sapere che ero così speciale, adesso basta un’occhiata per capire che sono una persona unica. Quando la gente dal panettiere vede l’uomo lucertola mi piace pensare che questo li scuota dalla monotonia, questo piccolo tocco di surreale può scuoterli un attimo, restituire loro quel senso di stupore simile a quello che si prova da bambini».
Diversa è la storia di un altro famoso artista contemporaneo di sideshow: Black Scorpion, detto anche “Lobster boy”, un born freak che soffre di ectrodattilia come Grady Stiles e come il personaggio di Jimmy Darling (Evan Peters) in American Horror Story. È stato “scoperto” nel 2006, durante il matrimonio di un amico, da un personaggio chiamato “the Amazing Mr. Lifto”, «la prima persona», racconta Black Scorpion «che mi ha fatto sentire veramente a mio agio con le mie mani e i miei piedi». Da allora si esibisce soprattutto nello show 999 Eyes, ovvero, secondo la réclame, «l’ultimo autentico sideshow viaggiante. Black Scorpion spiega che entrare nello show è stato un radicale cambio di prospettiva: «come essere Alice ed entrare nella tana del coniglio». Da allora la sua vita è notevolmente migliorata, sia nei rapporti sociali sia per quanto riguarda le gratificazioni professionali. Apprezza molto la vita comunitaria, confermando (in maniera meno truce ed estrema) il tema della solidarietà tra artisti intorno a cui il film di Browning e la serie FX hanno costruito le proprie trame.
Anche in America Horror Story recitano alcuni born freaks, tra questi Jyoti Amge, (la donna più piccola del mondo stando al Guinness World Records) e Mat Fraser, musicista e performace artist con entrambi gli arti affetti da focomelia. Fraser si è detto molto contento della presenza nello show di artisti con disabilità, la cui partecipazione nello show business è ancora troppo limitata.
In conclusione, la quarta stagione di American Horror Story – che poi è il pretesto per questa incursione nel mondo del sideshow – sembra promettere meglio della deludente terza stagione, ma per ora è meglio non sbilanciarsi (i più pignoli qui troveranno una rassegna degli errori storici presenti nella serie, che in ogni caso, trattandosi di finzione, possono essere perdonati). Di sicuro vale la pena sentire la versione da vaudeville di Life on Mars cantata con accento tedesco da Elsa Mars – una wannabe Marlene Dietrich, impresaria del circo, interpretata da Jessica Lange –. Ecco dunque Jessica Lange che canta David Bowie vestita da David Bowie.