I partiti candidati
La formazione politica più accreditata per la vittoria relativa è quella riunita intorno al presidente Poroshenko, che vede tre partiti riuniti sotto la formazione chiamata Solidarietà e in seguito, per avere maggior riconoscibilità, Blocco Poroshenko. Questi è riuscito a riunire, attorno a un programma basato su un accordo di pace con la Russia, le forze politiche pro-europee più moderate.
Poroshenko è riuscito ad assicurarsi anche l’appoggio dell’Udar, dell’ex pugile Vitalij Klycko e con un buon seguito (attualmente ha 40 seggi su 450), in cambio del sostegno allo stesso Klycko per la campagna elettorale a Kiev, in seguiti alla quale lo scorso maggio Klycko è diventato sindaco di Kiev.
Il Partito Radicale, guidato da Lyashko, giornalista e politico pro-europeo, è il partito più in ascesa rispetto agli altri ed è dato intorno al 6-7%, mentre alle elezioni del 2012 aveva conquistato solo un seggio.
Il Fronte Nazionale dell’ex Primo ministro Yatsenyuk potrebbe entrare in parlamento se supera lo sbarramento del 5%, ma risulta molto indebolito dalla rottura con Poroshenko, avvenuta per via di disaccordi sulle liste elettorali e sul nome del blocco che avrebbe dovuto sostenere il partito del Presidente.
Il Partito della Timoshenko, Patria, risulta uno di quelli con posizioni più radicali nei confronti della Russia e dei separatisti. Candida come seconda di lista Nadia Savchenko, pilota ucraina ex ostaggio di ribelli filo-russi, e candida anche diversi soldati e combattenti provenienti dal battaglione di Donbass e altri fronti. Potrebbe superare la soglia del 5% e conquistare seggi, creando tensioni all’interno del blocco filo-europeo per via delle sue posizioni.
Anche Svoboda, il partito nazionalista di estrema destra, ha posizioni più radicali di Poroshenko, anche se secondo alcune fonti Poroshenko avrebbe stretto una sorta di patto ufficioso con i nazionalisti, secondo cui questi appoggerebbero un eventuale governo guidato dalle forze fedeli a Poroshenko.
Sul fronte anti-europeo e pro-russo, il Partito delle Regioni, precedentemente (elezioni 2012) vincitore di 185 seggi su 450 e primo partito (soprattutto nell’Est del Paese), si è dissolto e i suoi ex membri si candidano con il Blocco di Opposizione, che potrebbe anche non raggiungere il 5 per cento. Anche se raggiungesse tale cifra, sarebbe comunque minoritario in Parlamento.
Le questioni aperte
La questione principale non riguarda tanto il possibile vincitore. È chiaro che vincerà un partito o una coalizione filo-europea, ma è altrettanto evidente che il fronte sia spaccato al suo interno, per via di visioni diverse sulla Russia.
In particolare, la possibile presenza nel prossimo parlamento di attivisti e militari che hanno preso parte direttamente agli scontri contro i ribelli, renderebbe il parlamento molto radicale, rischiando di rendere difficile l’azione di Poroshenko.
Un sondaggio riporta che circa la metà degli elettori ucraini sono contro l’accordo di pace proposto da Poroshenko. Ciò testimonia quanto sia polarizzata la situazione sociale e politica nel Paese e quanto sia ancora alto il rischio che i combattimenti con i ribelli possano diventare anche più violenti.
La vittoria del blocco di Poroshenko e, in generale, delle forze filo-europee, sembra certa anche per via della questione del voto bloccato a Lugansk, Donetsk e Crimea. Si pensi che alle presidenziali del maggio 2014, non si è potuto votare in 14 su 22 distretti a Donetsk, in 10 su 12 a Luhansk e in tutti i 12 della Crimea. A Donetsk, l’affluenza era stata solo del 15%.
Allo stesso tempo, visto il sistema elettorale ucraino (dei 450 seggi se ne assegnano 225 su base proporzionale a livello nazionale e altri 225 in distretti locali), è teoricamente probabile che, qualora in un distretto si voti anche solo in un seggio, il risultato del distretto venga dato per valido. Questo apre a possibili frodi elettorali e aumenta il rischio di tensioni e attacchi nei seggi, durante lo svolgimento delle elezioni.