C’è il centro di accoglienza di viale Morandi, a Tor Sapienza, incastonato tra palazzoni popolari e strade malmesse. Ma ci sono pure le cascine in campagna, l’hotel sul lungomare e le case parrocchiali a ospitare i richiedenti asilo. «Perché tutti in periferia e nessuno in centro, o magari nei quartieri dei ricchi?». Il ritornello è passato sulle bocche dei residenti, a margine degli scontri che hanno acceso i riflettori su Tor Sapienza. E sulla sistemazione dei richiedenti asilo in città. Fonti della Polizia Locale di Roma Capitale confermavano a Linkiesta: «Un rifugiato non crea nessun allarme sociale, ma quando diventano migliaia, magari concentrati nella stessa area, il discorso cambia». Situazione che si è consolidata nel quadrante est di Roma. L’Arena di Massimo Giletti e Announo di Michele Santoro hanno mandato le loro telecamere ai Parioli, quartiere simbolo della Roma bene. Gli inviati avvertivano i residenti di un’imminente (e falsa) apertura di un centro rifugiati tra le strade dell’elegante quartiere dove dimorano politici e manager, vip e giornalisti. «Signora lo sa che la prossima settimana arrivano i profughi di Tor Sapienza a piazza Euclide?», «Ma che stiamo scherzando? È una notizia sconvolgente». Le reazioni si leggevano nelle facce sorprese di molti intervistati. Perché se i migranti sbarcano ai Parioli «scoppia la guerra civile».
Un altro modello di accoglienza è possibile? Vale la pena spostarsi dalla metropoli ai piccoli capoluoghi. Da Tor Sapienza alla Riviera Adriatica. Siamo a Pesaro, patria di Gioacchino Rossini e Valentino Rossi, Arnaldo Forlani e Massimo Ambrosini. Provincia benestante che vive di turismo e industria del mobile (Scavolini, Febal, Berloni). Qualità della vita alta, paesaggi bucolici. In questa zona i richiedenti asilo sono circa 300: hanno trovato ospitalità nelle strutture di Comuni, Regione e parrocchie. Sistemazioni suggestive anche dal punto di vista naturale e architettonico. I migranti fanno il loro ingresso in borghi medievali e nei paesi: ci sono strutture con bagno in camera e giardini in cui si coltiva. L’emergenza immigrazione non è una passeggiata, restano molti problemi sul tavolo, ma la sinergia istituzionale e lo stato d’animo del territorio hanno dato una mano. «Ognuno ha fatto la sua parte nel nome dell’accoglienza», spiega a Linkiesta il sindaco di Pesaro Matteo Ricci. «La gestione da parte della Prefettura è stata lungimirante, le cooperative sociali si sono comportate bene e non ci sono stati problemi».
Il sistema governativo prevede la distribuzione dei migranti in ogni regione con stanziamenti del Ministero degli Interni e bandi indetti dalle Prefetture per le cooperative che assistano i migranti. Le risorse impiegate non coprono solo vitto e alloggio, ma includono «in modo complementare anche misure di informazione, accompagnamento, assistenza e orientamento attraverso la costruzione di percorsi individuali di inserimento socio-economico». La cooperativa “Il Labirinto” gestisce il 95% dei rifugiati presenti nel pesarese. Pino Longobardi è il supervisore: «Preferiamo lavorare con piccoli numeri, pochi migranti anche in strutture che potrebbero accoglierne di più. Gruppi tra le 10 e le 40 persone, mediamente 18. Così possiamo seguirle individualmente». Dalle visite mediche alle lezioni di italiano, fino ai corsi di formazione. Alcuni migranti sono diventati cuochi, agricoltori, camerieri, operatori della cooperativa. Vite nuove, contratti a tempo indeterminato. Altre persone sono state ricongiunte ad amici e parenti. D’altronde l’assistenza avviene anche “in uscita”. «Vogliamo evitare – prosegue Longobardi – che al termine della permanenza nei nostri centri questi ragazzi finiscano in mezzo a una strada, in quel caso si porrebbero anche problemi di ordine pubblico».
Nelle ore in cui a Tor Sapienza partivano gli scontri, a Pesaro sono arrivati una trentina di richiedenti asilo. L’alloggio scelto per loro è l’hotel Principe, un vecchio due stelle in riva al mare, tra la Palla di Pomodoro e viale Trieste, cuore del turismo estivo. Niente periferia, l’accoglienza si fa nella passeggiata da cartolina dove negli anni Ottanta planavano ciurme di tedeschi, francesi e inglesi per le vacanze. A due passi dalle boutique del centro storico e dagli aperitivi alla moda. Affacciandosi dalle finestre, i rifugiati vedono il mare Adriatico e la piscina del vicino e lussuoso hotel Vittoria. Ad occuparsi dei nuovi ospiti c’è, al solito, la cooperativa “Il Labirinto”. In albergo si respira un «clima tranquillo», le camere sono in ordine e non viene segnalato alcun problema. I ragazzi portano in valigia storie di guerre, migrazioni e famiglie lontane.
Ma in città il loro arrivo non è passato inosservato. Malumori sui social network, mugugni al bar. Pesaro è piccola, le voci corrono e la notizia fa discutere. Piovono le proteste di Forza Nuova e Lega Nord, cui seguono le scaramucce in piazza e un sit-in con qualche coro di troppo. Polizia allertata ma nessuna degenerazione. Il sindaco Ricci taglia corto: «Qualcuno ha usato un non problema per farsi pubblicità». E spiega la genesi della sistemazione alberghiera: «Noi come Comune ci siamo trovati a dover fronteggiare una decisione già presa. Siamo stati avvertiti dopo che la cooperativa aveva stipulato l’accordo con l’hotel». Davanti al fatto compiuto il primo cittadino ha deciso di collaborare insieme a Prefettura e cooperativa affinché la situazione fosse gestita senza complicazioni. Che infatti non ci sono state. Ma resta un dubbio, ed è lo stesso Ricci a esprimerlo: «Non vorrei che qualche albergatore sfruttasse questo precedente come un nuovo business». Il timore è che strutture ricettive vecchie, magari da ristrutturare, si servano dei richiedenti asilo come una scorciatoia per ricollocarsi sul mercato nei mesi invernali. Il responsabile della cooperativa, Pino Longobardi, ammette: «Abbiamo avuto una richiesta enorme di migranti da parte degli albergatori, ma abbiamo detto no». E sulla struttura del lungomare rilancia: « L’hotel Principe sta accogliendo anche gruppi di turisti dal Nord Italia».
La sistemazione è temporanea, dal Comune fanno sapere che i migranti resteranno in albergo fino a febbraio. I dettagli economici dell’operazione li spiegano dalla redazione pesarese de Il Resto del Carlino. «Per ogni rifugiato l’albergo incassa circa 24 euro dei 34 che la cooperativa riceve dallo Stato. Praticamente è la tariffa standard della bassa stagione, la stessa applicata a un gruppo di turisti scandinavi arrivati a Pesaro nel mese di ottobre». Gestione turistica o umanitaria? Il dubbio è lecito, la soluzione alberghiera desta più di una perplessità ed è stata usata per i migranti anche in provincia. In due casi, a Urbania e Macerata Feltria. Alle spese di affitto si aggiunge il “pocket money” (2,5 euro al giorno) elargito direttamente a ciascun rifugiato. Ma Longobardi ha in mente un progetto: «Ottenere un terreno agricolo con un rudere dove richiedenti asilo e over 40 italiani licenziati insieme possano coltivare. Vorremmo coinvolgere l’istituto agrario di Pesaro per formarli e prepararli professionalmente. L’idea è quella di un’attività agricola condivisa che dia frutti per il sostentamento ma anche per la vendita».
Niente guerra tra poveri, dunque. Dalla Cooperativa “Il Labirinto” raccontano di quando, sempre in provincia, ad Acquaviva di Cagli, la cittadinanza fu avvertita dell’imminente arrivo di 25 profughi. Partì la raccolta firme per bloccare l’apertura del centro di accoglienza e fu indetta un’assemblea dei residenti. «Una volta arrivati, i migranti si sono integrati. Dopo due mesi il ministero dell’Interno voleva spostarli altrove e i residenti hanno fatto una nuova raccolta firme, stavolta per farli rimanere». Sono entrati nel tessuto sociale. E le porte della struttura rimanevano «aperte» con i cittadini che varcavano le soglie per bersi un caffè insieme agli ospiti. «I nostri migranti – racconta Longobardi – fanno volontariato, hanno spalato il fango dopo le alluvioni e ora eseguono lavori di giardinaggio e pulizia. Incentiviamo queste modalità per accrescere il loro senso civico e l’appartenenza alla città». Il panorama sembra anni luce distante dalle borgate della Capitale. Pesaro resta un’isola piccola e felice. «Non abbiamo quartieri degradati con disagio sociale – spiega il sindaco Matteo Ricci – ma soprattutto la strategia adottata per i richiedenti asilo è quella di evitare la ghettizzazione. Non vogliamo aggiungere problemi ad altri problemi, cosa che invece è successa nelle periferie romane».