Di nuovo sott’acqua. Ancora nel fango. A circa un mese dall’alluvione che si era scagliata sulla città di Genova causando una vittima e portando con sé una lunga scia di devastazione e polemiche, la Liguria è stata nuovamente colpita dal maltempo. Mentre il popolo zeneize si leccava le ferite, faceva la conta dei danni, e si interrogava su quali soluzioni adottare, in tempi brevi, per evitare il verificarsi di ulteriori catastrofi, il resto della regione ha dovuto fare i conti con la sua dose di calamità. Dal levante al ponente, dall’estremità orientale vicina alla Toscana fino al confine con la Francia, le quattro province di La Spezia, Genova, Savona e Imperia sono state teatro di forti piogge, allagamenti, esondazioni. Purtroppo, non senza vittime. E con pesantissimi danni.
Stato di allerta. Allerta Uno e Due. Arpal. Avviso importante. Protezione Civile. Chiusura scuole. Restare ai piani alti. Non uscire di casa. Forti precipitazioni. Allagamenti. Alluvione. Esondazioni. Una terminologia divenuta ormai comune, comprensibile a tutti, per chi abita in Liguria. Una serie di parole chiave che, se la regione fosse un social network, sarebbero nei trend topic da settimane. Un vocabolario ormai prevalente, nei dialoghi di chi abita in un territorio che, a dispetto delle sue dimensioni ridotte, negli ultimi tempi è riuscito ad attirare su di sé una sequela di calamità. C’era chi sperava che le allerte fossero quasi un eccesso di prevenzione, che le scuole chiuse fossero un’esagerazione, per non correre rischi e per non restare impreparati come successo nel capoluogo di regione un mese fa. Purtroppo, si sbagliavano. Dopo Genova, la natura aveva in serbo avversità anche per il resto della terra ligure.
Acqua, acqua e ancora acqua. Se nelle drammatiche ore dell’alluvione di Genova, i sentimenti prevalenti erano la rabbia per la mancata allerta e il preavviso quasi nullo, l’angoscia per il ripetersi di un’alluvione in una città che ne ha già ospitate fin troppe, e il senso di solitudine per l’abbandono del territorio da parte delle istituzioni e per la scarsa considerazione di cui gode lo stesso al livello nazionale, questa volta, le sensazioni erano di impotenza e rassegnazione. Perché questa volta le allerte erano state date in tempo, e i media di tutta Italia avevano gli occhi puntati su quanto stava accadendo. Dunque, mentre l’acqua inondava le vie di Chiavari, nel Tigullio, e le campagne di Albenga, in provincia di Savona, con una lunghissima sequenza di flagelli tra frane, strade interrotte, case evacuate in tutta la regione, non restava che l’impotenza, di fronte alle piogge torrenziali e interminabili che per giorni hanno caratterizzato il clima della Liguria, senza alcuna possibilità di poterle fermare, ridurre o contrastare, ma limitandosi a difendersi e ripararsi con ogni mezzo possibile, nel tentativo di contenere gli inevitabili danni conseguenti. Con la speranza, quella sì, che la precipitazione si attenui, e che a breve torni il bel tempo.
Assieme all’impotenza, un vago senso di rassegnazione. Rassegnazione al pensiero, terribile ma realistico, che quanto avvenuto sia già accaduto altre volte, e potrebbe capitare ancora. Magari tra un mese, magari tra un anno, magari tra cinque anni. Perché non è la prima volta che i liguri vivono, sulla propria pelle, eventi di questo genere. Anzi, tra loro sono forse ben pochi, coloro che non hanno almeno una storia da raccontare, in materia di alluvione, sia essa una vicenda drammatica, una tragedia sfiorata, o una semplice cantina allagata. Il loro album dei ricordi è costellato di racconti di questo genere. E i liguri sanno bene che, come per ogni calamità naturale, ora ci saranno gli immancabili momenti di solidarietà, le interminabili polemiche politiche – agevolate da un’imminente campagna elettorale per le regionali 2015 – qualche risarcimento danni, e magari, con un po’ di fortuna, anche una manciata di interventi più o meno importanti che, comunque, difficilmente eviteranno il ripetersi di future catastrofi.
C’è chi sostiene che i temporali di oggi siano peggiori di quelli di un tempo. C’è chi attribuisce la colpa ai nuovi fenomeni cosiddetti “auto-rigeneranti” che scelgono la Liguria come preda preferita per il maltempo. C’è chi punta il dito contro le costruzioni e la “cementificazione”. C’è anche chi lamenta una scarsa manutenzione del territorio, meno attenzione rispetto al passato, unitamente a leggi e burocrazia che renderebbero meno semplici gli interventi per le pulizie dei rii e dei torrenti. Un dibattito infinito, inconcludente e inevitabile che si ripete negli anni, ma che, ogni volta, ha una durata paragonabile a quella di un temporale, che come arriva, va via, nel giro di qualche giorno. Ancora una volta, in Liguria, si piangono le vittime, si quantificano gli immensi danni, si spalano le montagne di melma. Ci si rimbocca le maniche, per ripartire. E si prega, con impotenza e rassegnazione, affinché smetta di piovere, e nel cielo compaia il sole. Ultima speranza rimasta, per una regione costantemente in stato di allerta. Di nuovo sott’acqua. Ancora nel fango.