Rubrica Scienza&SaluteBambini iperattivi: non è vero che sono così tanti

Bambini iperattivi: non è vero che sono così tanti

Zache, Armando, Lindsay, Matthias, sono alcuni dei protagonisti delle tante storie che si trovano in rete cercando “Adhd” o deficit dell’attenzione e iperattività (Attention Deficit Hyperactivity Disorder). Tutte raccontano di bambini e ragazzi a cui è stata diagnostica la sindrome, e alcune, soprattutto quelle americane, anche dei dubbi e delle paure dei genitori, che si trovano davanti a scelte non facili: come curare i propri figli con degli psicostimolanti. Oltre alle controversie sulla terapia farmacologica restano poi quelli sulla diagnosi. Non sempre infatti è facile distinguere tra i comportamenti tipici del bambino e quelli del deficit. Inoltre la modalità con cui viene diagnostica l’Adhd varia notevolmente a seconda delle aeree geografiche, anche all’interno dello stesso Paese, con la conseguenza che il numero di bambini iperattivi varia da un posto all’altro.

In Italia per esempio, secondo le stime dei ricercatori, ci sono molti più bambini con sindrome di iperattività a Siracusa che non in Lombardia. «La prevalenza (numero di bambini affetti dalla sindrome ndr) varia dall’1% nella popolazione di età compresa tra 6-17 anni, secondo il Registro nazionale Adhd della Regione Lombardia, al 3%, stimata in un campione di circa 6000 bambini e adolescenti (5-15 anni) mediante screening nelle scuole elementari e medie della città di Siracusa e successiva valutazione clinica strutturata». Queste differenze però, come continuano a spiegare i ricercatori dell’Istituto di ricerche farmacologiche Mario Negri di Milano che hanno di recente condotto un’indagine proprio a partire dai dati del Registro lombardo, sono frutto anche «delle procedure di valutazione diagnostica, che rappresentano  un importante determinante dell’ampia variabilità della prevalenza».

Non esiste quindi al momento un’unica procedura, uguale per tutti in ogni parte del mondo, che possa confermare o meno la presenza dell’Adhd. La diagnosi è di tipo clinico e non esistono dei test specifici per cui la conferma si basa «sulla valutazione dei sintomi da parte del medico, attraverso interviste diagnostiche, scale di valutazione dei sintomi dell’Adhd e sulla somministrazione di questionari a genitori e insegnanti» come riporta il Ministero della Salute.

I dati estrapolati dai ricercatori dell’Istituto Mario Negri inoltre smentiscono quella che è la prevalenza mondiale dell’Adhd, stimata intorno al 5,9 % nei bambini e adolescenti tra i 5 e 17 anni, secondo i dati in letteratura. La ricerca condotta in Lombardia con metodi diagnostici più specifici e affinati, mostra infatti come questo tasso sia ben quindici volte più basso, rispetto la media mondiale. I bambini lombardi con questo disturbo sarebbero circa il 3,5 per mille come riporta lo studio pubblicato sulla rivista Ricerca&Pratica e condotto da Maurizio Bonati, responsabile del Dipartimento di Salute Pubblica dell’IRCCS Mario Negri di Milano e responsabile del Registro regionale. Il maggior pericolo della sopravvalutazione della patologia è, com’è facile immaginare, l’abuso nella prescrizione di psicofarmaci e il ricorso a errate terapie.

L’Adhd è un disordine dello sviluppo neuropsichico del bambino e dell’adolescente, caratterizzato da inattenzione, impulsività, iperattività, che impedisce ai bambini di concentrarsi e focalizzarsi su un’attività, con possibili pesanti ricadute sul rendimento scolastico e sul loro funzionamento sociale. Non dipende da un deficit cognitivo (ritardo mentale) ed è uno dei più comuni disturbi dell’infanzia. La cause sono genetiche e ambientali. La terapia – secondo le linee guida italiane, in accordo con quelle europee – si basa sulla combinazione di interventi psicosociali e terapie mediche. Ogni intervento varia a  seconda del soggetto, dell’età, della gravità dei sintomi e del contesto sociale e in alcuni casi si è costretti a ricorrere all’intervento farmacologico con degli psicostimolanti, come il metilfenidato (nome commerciale in Italia Ritalin), farmaco d’elezione. Si tratta di uno stimolante del gruppo delle amfetamine, che ha un effetto calmante sui bambini affetti da Adhd perché agisce a livello dei neurotrasmettitori neuronali e causa una sorta di “spegnimento” del neurone, interrompendo il circuito cerebrale iperstimolato. Questi farmaci curano i sintomi dell’Adhd e permettono di controllare il deficit finché vengono assunti ma non la curano. In Italia, è stato anche attivato un Registro nazionale dell’Adhd per i soggetti affetti da Adhd gestito da diversi organi istituzionali, per monitorare l’uso di questo farmaco nella popolazione pediatrica. Gli effetti collaterali infatti sono molto rilevanti.

In Lombardia solo il 15% dei bambini a cui è stata diagnosticata la sindrome ha ricevuto un trattamento psicofarmacologico, mentre la quasi totalità uno psicologico. Ben diversa è la situazione americana dove nel 2011 circa all’11% dei bambini era stata diagnosticata la sindrome (percentuale che varia però a seconda del contesto e del metodo di valutazione del deficit). Di questi l’80% viene trattato con farmaci. Negli Stati Uniti si passa da un estremo all’altro, da medici che diagnosticano il deficit e consigliano il trattamento con molta facilità ad altri che addirittura negano che la sindrome esista. Come riporta questo articolo pubblicato sul Times dove Richard Saul un neurologo comportamentale, dopo decenni di attività in questo campo, inizia ad avere qualche dubbio sull’Adhd, anche se non nega che ci siano persone che manifestano davvero seri problemi. Ma che forse devono essere trattate in altra maniera.

Una cosa è certa, che da quando l’Adhd è stata scoperta circa 50 anni fa, ancora oggi la comunità scientifica si divide e si interroga su quale sia il corretto modo per diagnosticare il deficit e trattarlo. «L’adhd e il modo in cui viene diagnosticata assomiglia ad altre “sindromi” apparse e scomparse, legate al periodo storico» afferma Stefano Canali docente di storia della medicina e Bioetica alla Scuola Internazionale di Studi Superiori Avanzati (Sissa) di Trieste, che ha collaborato alla realizzazione del documentario “Adhd – Rush Hour”,  realizzato da Stella Savino e uscito nelle sale lo scorso giugno. «È successo quando venivano reputate tali l’omosessualità o l’isteria».

In collaborazione con RBS-Ricerca Biomedica e salute

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