Rubrica Scienza&SaluteCodice rosa, già una realtà per alcuni Pronto Soccorso

Codice rosa, già una realtà per alcuni Pronto Soccorso

A Grosseto qualche anno fa successe una cosa strana. Sempre meno donne urtavano contro gli stipiti delle porte passando l’aspirapolvere o lo straccio sul pavimento. E tanto meno erano quelle che arrivavano in Pronto Soccorso perché un barattolo o uno scatolone gli si era rovesciato addosso aprendo uno scaffale in cucina; o perché si erano ustionate con il ferro da stiro; o ancora erano scivolate in bagno cadendo su una saponetta. “Magico” effetto del codice rosa, un percorso speciale applicato in Pronto Soccorso per chi subisce violenza. La Asl 9 di Grosseto, la prima in Italia ad attuarlo con un progetto pilota, lo raccontava così, con sempre meno donne, uomini, bambini, anziani, immigrati e omosessuali vittime di “incidenti domestici”.

Era il 2010 e oggi a distanza di quattro anni, il codice rosa è applicato in praticamente tutte le provincie Toscane e da un anno anche nella Asl di Nuoro e di recente anche nel Lazio. Un percorso di accesso al Pronto Soccorso diverso, riservato a tutte le vittime di violenze, senza distinzione di genere o età. Nel caso di Nuoro «un codice sanitario che dopo un adeguato periodo di formazione sostenuto con risorse ministeriali, e attraverso un protocollo firmato con la  procura della Repubblica, la  questura  e il comando provinciale dei carabinieri della provincia di Nuoro – spiega Antonio Maria Soru, Direttore Generale dell’ASL di Nuoro – ci permette di governare le vittime di presunti maltrattamenti e indirizzarle in un percorso  di salute e protezione».

La principale differenza è la gestione del paziente, che se attributo al codice rosa viene approcciato dal personale medico sanitario in maniera differente. Il personale infatti è stato formato per cogliere i segnali di un possibile violenza – non sempre facili da riconoscere, soprattutto quando la vittima nega –  e per gestire il paziente nel modo corretto. Così come le forze dell’ordine che hanno ricevuto una formazione ad hoc. Secondo gli accordi, in presenza di codice rosa, saranno proprio queste persone a recarsi al Pronto Soccorso.

«Il “codice rosa” è più un linguaggio criptato che abbiamo ideato per capire senza troppe parole di cosa stiamo parlando, che un vero e proprio codice istituzionale, anche se ora in Regione si parla di istituirlo davvero» spiega a Linkiesta Stefano Sau, Direttore del Pronto Soccorso del Presidio Ospedaliero San Francesco di Nuoro. «Il percorso è partito in seguito alle richieste di un progetto ministeriale che l’ufficio di formazione ha recepito lo scorso anno. Non pensavamo neanche che ci fosse una reale necessità e invece ora più andiamo avanti a studiare il problema più diventa grande e si nota. Non che prima ci fossero meno casi, ma passavano inosservati».

Dallo scorso anno a Nuoro, come in molti altri ospedali toscani, quando una persona che si reca al Pronto Soccorso viene riconosciuta come possibile vittima di violenza, viene attuato un protocollo apposito. «Abbiamo costituito un gruppo di lavoro formato da medici e infermieri e stilato un protocollo operativo da attuare in questi casi» racconta a Linkiesta Lucia Vincenza Marongiu, referente formazione del Servizio Infermieristico e delle professioni sanitarie dell’Asl di Nuoro. «Abbiamo creato anche una stanza particolare, accogliente, diversa dalla sala d’attesa dove sostano gli altri pazienti. È una sala dedicata dove lo stesso lettino è stato sostituito da una chaise longue, e gli arredi sono stati studiati per non dare l’idea di un ospedale ma di accoglienza. È anche un modo per isolare la vittima. A questo punto lo psicologo procede con il primo colloquio, e il medico e l’infermiere verificano i bisogni di tipo sanitario e se c’è bisogno di un ricovero o di tenere la persona sotto osservazione».

Quest’anno presso il Pronto Soccorso di Nuoro il codice rosa è stato attivato quindici volte come racconta Sau, «ma attenzione perché codice rosa non è solo violenza sessuale, ma violenza di genere, a volte anche psicologica. Per esempio c’è stato un caso di violenza psicologica sul lavoro, al limite con il mobbing. Questa persona ha avuto un crollo sul lavoro ed è venuta da noi».

Ma davvero avranno tutti il coraggio di denunciare la violenza subita? E soprattutto mi chiedo se è stato previsto anche un sistema di tutela per queste persone, se verranno seguite anche una volta uscite dall’ospedale.  Sau risponde che il tema sulla sicurezza di queste persone, sul modo di farle sentire protette e denunciare la violenza, è stato portante nelle numerose sessioni quando hanno scritto le procedure operative. «Alla dimissione uno psicologo e un assistente sociale si prendono ancora cura di queste persone gestendo l’aspetto post dimissione, come l’affidamento ai servizi sociali comunali o a onda rosa o altre strutture che in qualche modo riescono a seguirle».

«Molte donne sono frenate perché hanno paura. O perché si vergognano, perché viviamo in una realtà dove ci consociamo tutti, è difficile denunciare situazioni simili» continua Marongiu. «Non ci sono solo le donne sarde, ci sono anche quelle dell’est e del medio oriente su cui l’uomo ha ancora un potere molto forte. Stiamo anche cercando di fargli capire che con il rispetto dell’anonimato non corrono rischi. I numeri di donne che denunciano violenza stanno aumentando, ma non perché prima non ce ne fossero, ma perché ora il personale è in grado di riconoscerli».

L’ospedale San Francesco è uno degli appartenenti al network ospedali rosa, le realtà attente dal mondo femminile che da anni sono segnalati dall’Osservatorio nazionale salute della donna, O.n.da. e premiati con i bollini rosa. Quest’anno poi il Concorso Best Practice 2014 indetto da Onda, mira proprio a identificare e premiare le migliori prassi tra gli ospedali del Network nell’ambito della violenza di genere.

Un problema ora resta la gestione del paziente che non può tornare a casa. Servono fondi per garantire un tetto e lo stretto indispensabile a chi si allontana dal proprio domicilio, finché l’assistente sociale non si raccorda con la rete del sociale e comunale. Intanto il Ministro della salute Beatrice Lorenzin lo scorso ottobre ha annunciato che a breve il codice rosa entrerà in vigore in tutti gli ospedali italiani. «Presto ci sarà anche la firma del ministero dell’Interno, di quello della Giustizia e delle Pari opportunità» ha dichiarato il ministro durante il IV convegno Great Network organizzato dalla stessa associazione.  

In collaborazione con RBS-Ricerca Biomedica e Salute

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