Il 30 ottobre un colpo di Stato ha scosso la Repubblica del Burkina Faso, ribattezzata un tempo la «terra degli uomini integri» dall’ex Presidente Thomas Sankara, il «Che Guevara d’Africa». La situazione non è ancora risolta e la vicenda è avvolta dal mistero.
Il 30 ottobre, un giovedì, dopo quattro giorni di violente proteste contro il Presidente del Burkina Faso Blaise Compaorè, il capo di Stato maggiore delle forze armate, Nabèrè Honorè Traorè, comunica la dissoluzione del governo e dell’Assemblea Nazionale. E annuncia la nascita di un esecutivo di transizione di dodici mesi aperto a tutte le realtà politiche. Per tutta la notte sarà imposto il coprifuoco nella capitale.
Poche ore dopo, accade una cosa imprevista. Il Presidente ancora ufficialmente in carica, Compaorè, dà il benvenuto «all’azione patriottica dell’esercito», annuncia le dimissioni e dice che «cederà il potere dopo la transizione». Lo stato di emergenza da lui stesso decretato nel pomeriggio viene tolto. Sorge un dubbio. Compaorè ha organizzato il golpe di comune accordo con l’esercito oppure sta cercando un modo per cavalcare l’iniziativa presa dai militari?
Non si sa.
L’opposizione grida al colpo di Stato, e la popolazione si alza in rivolta. Decine di militari passano dalla parte dei manifestanti. Tra la folla si sente gridare: «Compaorè è come l’Ebola». E ancora: «Compaorè è Giuda Iscariota». Compaiono cartelli con scritto: «I militari si sono impossessati della nostra rivoluzione». Seguono scontri, da cui escono morte una trentina di persone, e ferite altre cento.
Wendé Sankara, presidente del partito di opposizione Unione per la rinascita e discendente dell’ex presidente riformista ucciso da Compaorè nel 1987, Thomas Sankara, dichiara inaccettabili le dimissioni di Compaorè. «Ci ha ingannati per 27 anni», dice.
La storia di Thomas Sankara, il Presidente che per primo chiese la fine dell’imperialismo in Africa. Fu ucciso dall’ex amico Compaorè anche, si dice, per volere della Francia spaventata dalle idee di Sankara
Il golpe intanto continua. Il 1 novembre il tenente colonnello Isaac Zida, 49 anni, ex vice comandante della guardia presidenziale, assume le responsabilità di capo dello Stato di transizione in Burkina Faso. Dichiara «nulla» l’autoproclamazione a presidente ad interim fatta poche ore prima dal capo di Stato maggiore dell’esercito, Honoré Traoré, che si era impegnato a traghettare il Paese alle elezioni entro 90 giorni.
I festeggiamenti a Ouagadougou, la capitale del Burkina Faso, dopo le dimissioni di Compaorè
Assicura che l’ex presidente Compaorè «si trova in un luogo sicuro e la sua integrità fisica e morale è assicurata». Davanti a un gruppo di giovani ufficiali, tiene un discorso televisivo: «Assumo d’ora in poi le responsabilità di capo transitorio e di capo dello Stato per assicurare la continuità dello Stato e una transizione democratica tranquilla».
I vertici dell’esercito si riuniscono in un summit e al termine esprimono sostegno «unanime» a Zida. «Il tenente colonnello Yacouba Issaac Zida è stato eletto all’unanimità alla guida (del Paese) nel periodo di transizione dopo la partenza del presidente Blaise Compaore», scrivono in una dichiarazione.
L’opposizione e la società civile del Burkina Faso non si arrendono. Fanno appello alla popolazione perché scenda in piazza a Ouagadougou. Si chiede una transizione democratica non gestita dai militari. E in Piazza delle Nazioni riprende la protesta.
La sera stessa i militari entrano nell’edificio della tv, nella capitale Ouagadougou, e sparano nel cortile dello stabile per disperdere i manifestanti che tentano di prendere l’edificio. I militari hanno in breve il controllo di tutti i locali, dopo aver fatto uscire i dipendenti dell’emittente e i giornalisti stranieri.
Accade proprio mentre Saran Sereme, esponente dell’opposizione, tenta di annunciare l’autoproclamazione come presidente ad interim del Paese, davanti a centinaia di sostenitori. Sereme non è l’unica a tentare di farlo. Ma i tecnici televisivi lasciano gli studi prima ancora che arrivino i militari, e i progetti di autoproclamazione falliscono.
Le proteste del 2 novembre dopo l’autoproclamazione a Presidente ad interim del tenente colonnello Zida
«Non siamo qui per usurpare il potere e guidare lo Stato, ma siamo qui per aiutare il Paese a uscire da questa situazione», dice il tenente colonnello Zida (addestrato negli Usa) il 3 novembre, dopo aver consultato i principali leader dell’opposizione. L’esercito, dichiara, cederà il potere a un governo di transizione e nominerà il nuovo capo di Stato.
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Noi intanto facciamo un passo indietro, per cercare nelle manifestazione che hanno preceduto il golpe una chiave per capire i fatti.
Cosa è successo nei giorni precedenti al golpe
Perché infatti le proteste, in Burkina Faso, sono nate ancor prima del golpe militare. La gente è scesa in strada contro un progetto di Riforma costituzionale che avrebbe aumentato il numero massimo di mandati presidenziali, permettendo a Blaise Compaorè, capo di Stato del Burkina Faso dal 1987, di candidarsi al quinto mandato.
Quattro giorni di protesta di massa nella capitale, dicevamo. La popolazione riempie Piazza della Nazione a Ouagadougou, e la protesta raggiunge il culmine il 30 ottobre: «I manifestanti sono entrati in Parlamento appiccando il fuoco e l’hanno totalmente bruciato– scrive l’edizione online del quotidiano locale Sidwaya. Inoltre, sono stati incendiati la presidenza, le residenze di diversi deputati e molti edifici del centro città. Una folla inferocita ha distrutto, saccheggiato o bruciato tutto quello che poteva trovare».
Un reparto dell’esercito viene mandato a disperdere la protesta. Spara prima in aria, poi sulla folla. Pochi istanti dopo, parte dei militari – riferiscono alcuni – si schiera con i cittadini.
Gli scontri coinvolgono anche altre città del Paese: Bobo Dialassou a ovest, Ouahiguya a nord, Fada Ngurma a sud-est.
Davanti alle proteste, il Presidente Compaoré cerca di mantenersi in bilico, scioglie l’esecutivo e fa appello all’opposizione, «per permettere un ritorno alla calma e l’avvio di colloqui».
La sera stessa, come sappiamo, l’esercito compie il golpe: costituisce una giunta esecutiva e annuncia lo scioglimento di governo e assemblea nazionale.
Ora cosa succederà?
Mentre protestava, la folla di Ouagadougou ha fatto più volte il nome di Kouame Lougue, generale in pensione, silurato nel 2003 quando rivestiva la doppia carica di capo di Stato maggiore delle forze armate e e ministro della Difesa. I cittadini vorrebbero che assumesse il potere. E Lougue viene invitato a a colloquio dal maggiore Nabere Honore Traore, attuale capo dell’esercito e con gli ufficiali più alti in grado.
Saran Sereme non è stata l’unica a tentare l’autoproclamazione a presidente ad interim del Burkina Faso il 1 novembre. Dalla sede della tv di Stato, quel giorno, è passato anche Lougue: «La popolazione ha fatto il mio nome – ha detto il leader dell’opposizione – sono venuto a rispondere a quella chiamata». Ma il suo tentativo, come quello di Sereme, è stato interrotto dagli spari dell’esercito.
Il leader dell’opposizione Benewende Sankara si rivolge ai manifestanti in Piazza della Nazione il 2 novembre 2014 (ISSOUF SANOGO / Getty Images)
C’è anche chi vede in Bénéwendé Sankara, il discendente dell’ex presidente Thomas, un probabile leader per il futuro del Paese.
Ma l’unica cosa certa in Burkina Faso in questo momento è il count down iniziato dopo che l’Unione Africana, il 3 novembre, ha dato due settimane di tempo all’esercito per tornare all’ordine costituzionale. Se il termine sarà rispettato non è dato saperlo.