Lunedì 17 novembre, la Commissione europea ha annunciato l’adozione di due direttive per contenere un’epidemia di influenza aviaria, dopo una serie di segnalazioni in allevamenti di Olanda, Regno Unito e Germania.
Tre casi recenti negli allevamenti europei hanno riportato alla memoria un’emergenza sanitaria che ebbe un risalto mondiale, a metà degli anni Duemila, quando i media diedero ampio spazio a un’epidemia che interessò il Medio Oriente e molti paesi asiatici, causando circa 600 casi negli esseri umani e oltre trecento morti negli anni successivi.
Il pericolo maggiore è collegato al mercato del pollame, con l’avvicinarsi delle festività natalizie, e l’Unione Europea si è affrettata a rassicurare sul fatto che tutte le misure precauzionali sono già state messe in atto dalle autorità locali. Finora, i rischi per l’uomo sono valutati come estremamente bassi, anche perché nel mondo non è mai stato rilevato un caso di infezione umana dal tipo di virus che sembra responsabile dei casi più recenti.
L’episodio che ha fatto tornare a parlare di aviaria in Europa è avvenuto a Hekendorp, un paese a sud di Amsterdam. Qui sono stati rilevati alcuni casi di virus del tipo H5N8, letale per il pollame e potenzialmente trasmissibile agli uomini, come ha comunicato il governo olandese. Le autorità hanno ordinato l’uccisione di 150 mila polli dell’allevamento e il 16 novembre hanno imposto un blocco di tre giorni nel trasporto di pollame e uova in tutto il paese.
Già una decina di giorni prima, il 6 novembre, le autorità tedesche avevano comunicato un’epidemia del virus dell’influenza aviaria, dello stesso tipo H5N8, in un allevamento di tacchini a Heinrichswalde, nella Germania nordorientale.
Il terzo episodio è avvenuto in un allevamento a Nafferton, nello Yorkshire. Qui, un’epidemia in un gruppo di 6.000 anatre, che ha causato la morte di 338 animali, è stata comunicata il 17 novembre dalle autorità britanniche. Si tratta della prima epidemia di influenza aviaria dal 2008. Anche in questo caso è stata avviata un’indagine e sono state messe in atto le misure di sicurezza, con la soppressione degli animali e lo stabilimento di una zona di sicurezza nell’area circostante.
Le autorità europee hanno detto che ci potrebbe essere un collegamento tra i tre casi rilevati finora e che il virus potrebbe essere arrivato in Germania tramite gli uccelli migratori che si dirigono verso sud per l’inverno. L’Olanda ha dovuto reagire con misure molto più drastiche – come il blocco del trasporto in tutto il paese – perché la densità degli allevamenti è molto più alta rispetto a Germania e Regno Unito.
Ma perché l’aviaria è trattata con così grande attenzione dalle organizzazioni sanitarie? Gran parte dei virus dell’influenza aviaria, come ricorda l’Organizzazione Mondiale della Sanità, non infetta gli esseri umani, ma due tipi – l’H5N1 e l’H7N9 – hanno dimostrato di farlo e hanno causato almeno 393 morti tra il 2003 e l’ottobre 2014, con un tasso di mortalità intorno al 60% nell’uomo per il tipo H5N1. I paesi più colpiti sono stati Egitto, Indonesia e Vietnam, e alcuni casi continuano a verificarsi dopo il picco avvenuto tra il 2005 e il 2009. Lunedì 17 novembre, riporta Reuters, il ministero della Salute egiziano ha detto che una donna di 19 anni è morta a causa dell’H5N1, la seconda vittima del virus nel paese nel corso di quest’anno.
L’aviaria è molto contagiosa nel pollame, dove si trasmette con le secrezioni respiratorie e le feci e alcuni tipi di virus hanno una mortalità del 100% in 48 ore. Le epidemie hanno causato allarmi di possibili pandemie, oltre a colpire duramente l’allevamento e il commercio di pollame in diverse zone asiatiche.
Non ci sono prove che il virus si trasmetta all’uomo con il cibo, una volta che questo è stato cucinato, e tutti i casi di infezione umana in passato sembrano essere collegati a un contatto diretto con il pollame infetto o con le carcasse, in comunità in cui le persone vivono in prossimità degli animali. Non è stata provata con assoluta certezza neppure la trasmissione tra una persona infetta e un’altra, anche se questa sembra molto probabile in un numero limitato di casi negli anni passati. Non esiste un vaccino sicuramente efficace contro l’aviaria nell’uomo, motivo per cui la principale risposta è la prevenzione.
L’attenzione delle autorità sanitarie internazionali ha una motivazione ben precisa, come ricorda il Guardian. Anche se il passaggio all’uomo è raro, ogni volta che accade aumentano le possibilità che il virus vada incontro a una mutazione con cui si rende possibile il passaggio da un umano infetto a un altro. Questo è lo scenario pià probabile, secondo l’Oms, per la nascita di una pandemia di influenza. La più celebre è quella della cosiddetta “spagnola” nel 1918-1919, che fece decine di milioni di morti in tutto il mondo, ma le pandemie di influenza sono solite ripresentarsi ogni venti, trent’anni e l’ultima risale a quarant’anni fa.
Il virus dell’aviaria del tipo H5N8, quello che sembra alla base dell’epidemia più recente, è stato rilevato inizialmente in uccelli selvatici nel sudest asiatico e ha causato in passato epidemie in allevamenti cinesi e sudcoreani. Nei primi mesi dell’anno, un’epidemia di H5N8 nel pollame ha causato l’uccisione di milioni di animali per contenere la malattia in Corea del Sud, e altri casi sono stati registrati in Cina e in Giappone. Fino a novembre, però, non era mai comparso in Europa.