«Ogni anno spendiamo oltre 440 milioni di euro per offrire beni e servizi al Vaticano». A Roma, Daniele Frongia è un consigliere comunale del Movimento Cinque stelle. Funzionario dell’Istat, docente a contratto in diverse università, in Campidoglio è diventato presidente della commissione speciale per la razionalizzazione delle spese dell’amministrazione capitolina. L’unica in mano a un grillino. Dopo tredici mesi a spulciare i conti della città, ora solleva un caso destinato a far discutere. Quanto ci costa la Santa Sede? «Tra tasse non riscosse, servizi erogati direttamente e contributi vari, ogni famiglia romana spende almeno 400 euro l’anno. Un obolo versato quasi sempre inconsapevolmente».
Ovviamente la commissione non si occupa solo di Vaticano. «Abbiamo l’obiettivo di individuare sprechi e proporre soluzioni per ridurre i costi» continua Frongia. Per provare a sforbiciare le voci più discusse del bilancio si passano al setaccio la gestione del patrimonio immobiliare del comune, i contratti di servizio con le società partecipate, ma anche le grandi opere incompiute. E il lavoro non manca mai. «Solo prendendo in considerazione le ultime tre consiliature abbiamo già individuato almeno 3,3 miliardi di euro di sprechi».
Molto più particolare il discorso legato ai servizi e ai beni offerti agli Stati esteri presenti in città. A Roma, tanto per dirne una, ci sono almeno 350 rappresentanze diplomatiche. «Ma le ambasciate ci sono in tutte le capitali del mondo – racconta Frongia – Al contrario del Vaticano». È davvero possibile che ogni anni solo la Santa Sede costi al Campidoglio 400 milioni di euro? «Posso assicurare che i dati finora raccolti sono arrotondati per difetto. Le cifre reali rischiano di essere decisamente maggiori».
Al momento la commissione speciale si è occupata di individuare i principali capitoli di spesa più o meno direttamente legati alla Chiesa. Nel giro di un mese saranno pubblicate le voci in dettaglio. Intanto Frongia racconta alcuni esempi. In tema di tasse non riscosse, ad esempio, un aspetto marginale ma significativo riguarda la Ztl (Zona traffico limitato). «Perché da agosto – spiega il presidente – il Vaticano usufruisce di Ztl a prezzo dimezzato per i propri dipententi». Sicuramente ha maggiore incidenza sul bilancio la voce relativa all’esenzione dalle imposte sugli immobili. Anche se qui la commissione ha incontrato non poche difficoltà a fornire le cifre. Districarsi tra diocesi, ordini religiosi e congregazioni non è semplice. «E così non abbiamo ancora una stima precisa sul numero totale degli immobili ecclesiastici». Invano negli anni scorsi si è tentato di procedere a un censimento. «In tutta Italia si parla di almeno 100mila edifici, solo un quarto dei quali sono luoghi di culto. E la maggior parte è proprio qui a Roma».
Nella città culla della religione cattolica, una simile iniziativa rischia di incontrare inevitabili polemiche. Qualche esponente politico ha preso le distanze dai lavori della commissione? «No. Anche perché ad essere sincero, salvo qualche eccezione, ai lavori non partecipa nessuno» ammette Frongia. E così il Movimento Cinque stelle si è intestato la battaglia. I grillini l’hanno ribattezzata “l’operazione Cesare”. Nessun particolare riferimento alla cultura classica. «Il senso del nostro impegno è chiaro – scherza il presidente della commissione speciale – Diamo a Cesare quel che è di Cesare….».
La lista delle voci di spesa legate al Vaticano prosegue. Ci sono i contributi che vengono erogati a diverso titolo ad associazioni legate alla Chiesa. «Anche qui non c’è piena trasparenza» continua Frongia. «Sono queste le situazioni più difficili da individuare». E ci sono i contributi per l’edilizia di culto. «Tecnicamente sono oneri di urbanizzazione secondaria». Senza dimenticare le spese dirette legate a piccoli e grandi eventi. «Non tutti lo sanno, ma il comune sostiene una serie di spese anche quando il Pontefice visita una parrocchia di periferia» spiega il presidente Frongia. Dall’illuminazione, alla sicurezza, fino al pagamento degli straordinari per polizia locale e autisti Atac. Di certo una goccia nel mare, rispetto alla gestione dei grandi eventi. Solo lo scorso aprile la santificazione di Papa Giovanni XXIII e Papa Giovanni Paolo II ha portato in città circa 800mila fedeli. «In questo caso si parla di milioni di euro».
Chiarezza o accanimento? Di fronte a questa iniziativa qualcuno potrebbe pensare a una crociata ideologica contro la Chiesa. Frongia respinge al mittente qualsiasi illazione. «Ma quale accanimento. Anzi, in questo lavoro siamo stati incoraggiati proprio dalla linea di Papa Francesco, improntata alla trasparenza e al messaggio del Vangelo. Proprio venerdì 21 novembre ha detto che le chiese non devono mai diventare casew di affari». Eppure, viene da chiedersi, anche solo da un punto di vista economico, la presenza della Chiesa non è un vantaggio per la città? «In realtà – continua il grillino – il turismo esclusivamente religioso rappresenta una fetta piuttosto marginale. Ma non lo dico io, sono dati dell’Istat. Chi viene a Roma difficilmente visita solo il Vaticano». Semmai sono alcune strutture di accoglienza legate alla Chiesa ad attirare una parte dell’indotto. Del resto anche turisti non credenti vanno nei centri gestiti da religiosi. «Centri che, a differenza di altre pensioni e bed & breakfast possono offrire un servizio a costi minori».
Nelle prossime settimane ci saranno novità. «Come Cinque Stelle stiamo preparando una serie di interrogazioni che rivolgeremo al sindaco Ignazio Marino, agli assessori, ma anche al Vaticano». Ma non c’è solo la Chiesa. Parlando di rappresentanze straniere in città, la commissione speciale del Campidoglio ha studiato anche la situazione della Fao. L’organizzazione delle Nazioni Unite che si occupa di alimentazione e agricoltura. Anche in questo caso, leggendo alcune cifre è difficile non rimanere sorpresi. Secondo i dati presentati da Frongia, l’affitto della sede presso le Terme di Caracalla vale un dollaro all’anno. Spesa decisamente bassa, ma frutto di un’intesa internazionale. «Non tutti sanno, però, che sono a carico dello Stato gli interventi di manutenzione straordinaria del palazzo. Quelli legati alle fognature, ad esempio. Oppure ai restauri della facciata dell’edificio». Per non parlare dell’abuso edilizio all’interno della Fao e che ora si vorrebbe sanare con una delibera comunale ad hoc.