È come se fossero due paesi diversi.
C’è Italy, il paese delle bellezze naturali e artistiche, dei siti Unesco, dei centri storici da cartolina e dei piccoli borghi antichi. E c’è l’Italia della cementificazione selvaggia, delle periferie che esplodono e della desertificazione delle aree marginali, a meno che non vengano ripopolate da profughi o rifugiati.
C’è Italy, il paese del ”made in…” di lusso e da esportazione, della qualità, dell’eleganza e dello stile. E c’è l’Italia, che i suoi marchi li ha venduti all’estero e che compra tecnologia americana, arredamento svedese, automobili tedesche, elettrodomestici coreani, abbigliamento cinese.
C’è Italy, coi suoi presidi slow food, i suoi prodotti a denominazioni di origine controllata, le sue tradizioni alimentare sedimentate nei luoghi. E c’è l’Italia che mangia fast e etnico e che ha sostituito la moka con le cialde.
C’è Italy, il paese che vuole diventare moderno, che sogna scuole anglosassoni, riforme tedesche e sistemi sociali scandinavi, convinta del potere taumaturgico del “pensiero magico” riformatore, che basti decidere velocemente per velocizzare tutto quanto. E c’è l’Italia, in cui una maggioranza di giovani, precari, disoccupati, incapienti e migranti assiste esausto al solito scontro tra industriali e lavoratori dipendenti, tra governo e sindacati.
È dura capire in che paese si vive, quando realtà e rappresentazione sono così distanti, quando l’Italia che vendiamo è così diversa da quella che compriamo, quando il made in Italy, che si dice sia il marchio più noto al mondo dopo Visa e Coca Cola, è riferito a un paese che non consuma più italiano e che ha perso dieci punti di Pil in sette anni.
Abbiamo raccolto un po’ di storie, questa domenica, muovendoci lungo la linea di confine che separa Italy dall’Italia. Ne abbiamo parlato con imprenditori che sono riusciti a vendere le qualità italiane all’estero e abbiamo provato a vivere autarchico, in Italia, per una giornata. Abbiamo provato a raccontare storie di imprese che vanno dalla polvere agli altari, e viceversa, al cambiare dei costumi e delle abitudini d’acquisto. Abbiamo raccontato cosa accade nelle grandi città che si riempiono e cosa nei piccoli borghi che si svuotano. Ne abbiamo discusso con giovani ricercatori che se ne sono andati all’estero e con un grande vecchio che c’è sempre stato e che abbiamo avuto l’ardire di proporre, per gioco, come prossimo Presidente della Repubblica.
«L’Italia è piena di potenzialità, gente in gamba, aziende che lavorano benissimo. Il problema è che c’è molta intelligenza individuale ma manca intelligenza di sistema», ci ha detto Piero Angela. E forse la forbice da chiudere, la grande differenza tra Italy e Italia, sta tutta in questa frase.