Due mesi di consultazioni online, migliaia di dibattiti sul territorio, oltre un milione di accessi sulla piattaforma web. Eppure la Buona Scuola del governo Renzi rischia di essere un flop. Così almeno denunciano alcuni parlamentari che da tempo si occupano dei temi legati alla pubblica istruzione. Un fronte trasversale riunito martedì a Palazzo Madama per fare il punto sul progetto dell’esecutivo. La prima bocciatura riguarda proprio la consultazione in rete e il coinvolgimento di studenti e insegnanti nella riforma governativa. Un’iniziativa dagli esiti «superiori alle aspettative», stando all’entusiastico commento del ministro Stefania Giannini. Un risultato «ridicolo» a sentire le opposizioni.
Al centro della polemica c’è il questionario web predisposto dall’esecutivo per raccogliere spunti e suggerimenti da parte del mondo della scuola. Una consultazione aperta a metà settembre e chiusa due settimane fa. I risultati? Secondo i dati forniti dal ministro per l’Istruzione, in due mesi si sono registrati oltre 1 milione 350mila accessi al sito e quasi 200 mila contatti attivi. Le cifre sembrano rilevanti, ma a detta dei critici i numeri sono tutt’altro che positivi. Degli oltre 200mila contatti attivi sul sito, denuncia la senatrice Maria Mussini – un passato nei Cinque Stelle e oggi nel gruppo misto – circa 65mila corrispondono a questionari compilati. «La verità è che siamo di fronte a un magro bottino». In Italia, spiega la senatrice, solo gli insegnanti in organico sono 728mila, più 100mila insegnanti di sostegno. Per non parlare degli studenti. Oltre due milioni e mezzo quelli della scuola secondaria di secondo grado, in totale circa otto milioni di scolari «cui corrisponde un numero più o meno doppio dei rispettivi genitori». Eppure di questa enorme platea hanno sentito il bisogno di partecipare al questionario sulla Buona Scuola solo 65mila persone. E non è tutto. Marina Boscaino insegna Italiano e Latino in un liceo romano. Esponente dell’associazione “Per la scuola della Repubblica”, durante l’incontro al Senato solleva altri dubbi sulla consultazione del governo. «Hanno contato oltre un milione di visite? Solo io ho fatto registrare almeno sei o sette accessi. Mi sono accreditata più volte, con gli indirizzi e-mail più disparati, inventati all’istante».
Questi e altri interrogativi sono finiti in un’interrogazione parlamentare, presentata pochi giorni fa dagli esponenti dei principali gruppi di opposizione (tra cui Cinque stelle e Sel). L’atto di sindacato ispettivo punta il dito contro un altro aspetto della consultazione voluta dal governo. Avanzando una maliziosa ipotesi. E se l’iniziativa di Palazzo Chigi, più che un momento di ascolto, fosse solo una vasta operazione di marketing? Gli interroganti sottolineano «la tendenziosità di molte domande nel questionario che non prevedevano la risposta negativa, tantomeno l’espressione di un’opinione diversa da quelle prestabilite». Denunciano l’assenza, tra i quesiti, di alcuni temi fondamentali della riforma. «Un esempio su tutti riguarda l’entrata dei privati nelle scuole – si legge nel documento – considerato un dato acquisito per sopperire alle carenze statali e presentato dal sondaggio solo in termini di possibile destinazione e preferenza nell’utilizzo di eventuali fondi».
Allo stesso modo vengono letti gli oltre 2mila dibattiti organizzati in tutta Italia. Le opposizioni denunciano passerelle di esponenti del Partito democratico e confronti avvenuti regolarmente senza contraddittorio. «Le consultazioni territoriali – racconta la senatrice grillina Michela Montevecchi – si sono trasformate in propaganda politica. Una vicenda particolarmente grave, perché in Emilia Romagna e Calabria sono avvenute a ridosso delle elezioni regionali». E poi c’è la pubblicità. In queste settimane la Buona Scuola è stata presentata con una convincente campagna di comunicazione a livello nazionale. L’interrogazione presentata in Senato si occupa anche di questo, chiedendo di conoscere le spese sostenute per gli spot andati in onda su radio e tv, ma anche su quotidiani e rivisite. Fondi pubblici che forse potevano essere impiegati altrove, «vista la scarsità di risorse economiche».
Alle critiche sulla presunta mancanza di dialogo con la scuola, si accompagna la bocciatura della riforma. I parlamentari presenti all’incontro di Palazzo Madama presentano alcuni dati apparentemente inequivocabili. Solo dalle scuole di Roma e del Lazio la senatrice Mussini ha ricevuto almeno 160 tra delibere e mozioni dei collegi docenti. Non si tratta di realtà secondarie. «In ogni collegio docenti si contano un centinaio di componenti tra insegnanti e dirigenti scolastici» spiega. In queste ore stanno arrivando altre decine di documenti, molti vengono dal Veneto e dall’Emilia Romagna. E il risultato sembra evidente. Tutte le delibere bocciano la riforma dell’esecutivo, racconta la senatrice. In due terzi dei casi all’unanimità dei votanti. «Certo, è una raccolta non statistica – ammette la professoressa Boscaino – Ma estremamente significativa».
Dati che il ministero non sembra voler prendere in considerazione. Come si legge nell’interrogazione parlamentare, il 14 novembre scorso, in occasione della chiusura della consultazione online della Buona Scuola, docenti e studenti si sono dati appuntamento davanti al dicastero dell’Istruzione per consegnare al Miur una parte di questi documenti. «Ci hanno impedito di entrare» racconta Marina Boscaino. «La volontà di “ascolto” del governo – si legge nell’interrogazione – si è concretata nella disposizione di 4 file di forze dell’ordine (Guardia di Finanza e Arma dei Carabinieri, in tenuta antisommossa con caschi e scudi), 2 camionette a ingombrare le rampe di accesso al ministero ed elicotteri a controllare l’area». Le opposizioni lamentano l’assenza di un reale dialogo. Un muro contro muro, a detta loro, evidente già da tempo. Qualche anno fa è stato depositato in Parlamento un progetto di legge popolare sulla scuola. Una riforma nata nel 2005 – al termine di un confronto durato oltre un anno e mezzo – e depositata a Montecitorio con oltre 100mila firme. Anche all’inizio di questa legislatura il documento è stato ripresentato da alcuni parlamentari alla Camera e al Senato. Senza esito. Le opposizioni considerano quel progetto ancora attuale. «Quei documenti sarebbero un ottimo spunto per iniziare a ragionare sulla scuola – spiega Michela Montevecchi – Eppure il governo continua a ignorarli».