Portineria MilanoLa famiglia Napolitano dietro l’addio di Re Giorgio

La famiglia Napolitano dietro l’addio di Re Giorgio

C’è una fotografia della settimana scorsa che racconta meglio di tante parole quello che sta succedendo in questi giorni dentro il Quirinale. O meglio ciò che sta accadendo nella famiglia del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. E’ un’istantanea di Umberto Pizzi, lo storico fotografo romano, scattata durante la prima del film di Ermanno Olmi “Torneranno i prati”. si vede in prima fila Clio, moglie del Capo dello Stato, dietro c’è lo stesso Re Giorgio, affaticato, a braccetto con il figlio Giulio. Bisogna tornare a quella sera, giovedì 6 novembre, perché parte da lì la ridda di voci che inizia a serpeggiare nei palazzi della politica romana, tra palazzo Chigi, Camera e Senato. «Napolitano non ce la fa più, spesso si appoggia a un bastone, gli anni iniziano a farsi sentire» suggeriscono in tanti. Sabato la notizia è sulle prime pagine dei giornali, in particolare è Stefano Folli su Repubblica a fissare il punto: «Il presidente lascerà durante il discorso di fine d’anno, il 31 dicembre». Poi è una pioggia di conferme, dallo stesso Corriere della Sera con il quirinalista Marzio Breda che riporta il virgolettato «non ce la faccio più», fino allo stesso comunicato del Quirinale che non smentisce né conferma le indiscrezioni giornalistiche. 

«Non faccio ulteriori commenti» ha detto ai cronisti lunedì 10 novembre, beccato in via Condotti a Roma. Ma Napolitano pare abbia ormai deciso. E a pesare nella sua scelta è stata in particolare la famiglia. «Giorgio ha ormai tutte le difficoltà fisiche di un uomo di novantanni – spiega un suo vecchio amico-. Ogni giorno ha la sua pena. La moglie Clio che è di qualche anno più giovane conosce bene di queste difficoltà perché le vive con lui ogni giorno. E l’ipotesi che potesse di nuovo affrontare una crisi di governo ha spaventato tutta la famiglia». Per questo motivo le parole di Clio, Giulio e Giovanni hanno superato le richieste del premier Matteo Renzi all’uomo del Colle. Il segretario del Partito Democratico, il rottamatore, scelto come sostituto di Enrico Letta nel marzo del 2014, avrebbe chiesto a Re Giorgio di restare fino al giorno del suo compleanno, i 90 anni che scadono il 29 giugno del 2015. In questa chiave Napolitano avrebbe potuto anche officiare l’inizio di Expo 2015, il primo maggio. 

C’è la famiglia, ma c’è anche altro: si dice che Napolitano abbia capito che le riforme promesse da Renzi in questi mesi difficilmente vedranno la luce nei prossimi mesi. La legge elettorale è ferma al palo, anche se c’è chi fa notare che l’accelerazione voluta da Maria Elena Boschi sulla riforma non sia altro che un modo per rinviare di qualche mese la partita per il Colle. La questione è delicata. Spinosa. Secondo qualcuno i nomi che in questi giorni stanno uscendo sui giornali, dal ministro della Difesa Roberta Pinotti fino all’ex presidente del Consiglio Romano Prodi, sono solo uno specchietto per le allodole. Sul prossimo presidente della Repubblica non si giocano solo i destini di un’intera classe dirigente, cresciuta in questi nove lunghi anni alla corte dell’ex responsabile esteri del Partito Comunista Italiano. S’interseca anche la figura di Silvio Berlusconi, più che mai determinato, anche per le sue situazioni giudiziarie, a pesare nella scelta del nuovo inquilino del Colle. 

Non è un caso quindi che dalla margherita di nomi che in queste ore circolano con insistenza siano in particolare tre quelli su cui si giocheranno le grandi trattative d’inizio 2015: Walter Veltroni, Anna Finocchiaro e Giuliano Amato. «Sono gli unici tre nomi a cui Berlusconi non può dire di no e che, tranne il terzo, non dispiacciono neppure alla minoranza del Pd». Il nome di Amato era uscito anche durante le trattative dell’aprile 2013, prima dell’elezione di Napolitano. All’epoca tra i corridoi di Montecitorio si diceva che il dottor Sottile, ex Psi, fosse il candidato voluto proprio da Renzi, poi la spuntò Re Giorgio. Ma un senatore del Pd fa notare che Amato sarebbe una sorta di conferma «del commissariamento della Troika, la vedo difficile». Meglio una donna come la Finocchiaro? Meglio un politico come Veltroni? O forse si potrebbe convergere su Pier Luigi Bersani, un novello «Sandro Pertini»? Non è detto che alla fine possa comparire un outsider, una scienziata, un professore o un professore di diritto con esperienza internazionale. La strada è ancora lunga.

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