La rabbia di Tor Sapienza smonta i Cinque Stelle

La rabbia di Tor Sapienza smonta i Cinque Stelle

«Io qui ce vengo perché qui ce vivo, ce sò nata e ce sò cresciuta, a me de fa la passerella politica nun me ne frega un cazzo. Io sò annata a vive a Torre Maura, non ai Parioli». La senatrice Paola Taverna arriva a viale Giorgio Morandi alle quattro e mezza del pomeriggio. Cappotto nero, borsa maculata, con lei ci sono il collega Gianluca Castaldi, il videomaker Nicola Virzì (detto Nik il Nero), i consiglieri comunali Marcello De Vito e Enrico Stefano. A una settimana dall’assalto al centro di accoglienza per i rifugiati, la calma che si respira all’ombra delle case popolari è solo apparente. La tensione dei residenti cova sotto il cemento. Strada sgombra, cassonetti puliti, gli operatori dell’Ama spazzano le foglie mentre le volanti della Polizia continuano la ronda intorno ai palazzoni. «Qua bisognerebbe sbragà tutto e ricomincià», mastica amaro un signore con lo sguardo fisso verso i casermoni dell’Ater.

La delegazione del Movimento 5 Stelle è guidata dalla senatrice romana, nata a Quarticciolo e residente a Torre Maura. Pochi isolati da Tor Sapienza, stessi problemi. È lei a metterci la faccia con residenti e giornalisti. Ascolta, spiega, urla. Si ferma nel cortile del comprensorio popolare, tra cemento grigio e giardinetti decadenti, dove si alternano mamme che tornano a casa coi bambini e signori che passeggiano coi cani. «Avete fatto bene a ribellarvi, lo Stato si è dimenticato di voi. La politica vuole creare tensione sociale tra i poveri». Taverna è un fiume in piena, tant’è che subito si scusa per il gergo. «Non me ne frega niente di quello che votate, ma la prossima volta dovete andà in 500 al Comune a sentire quello che decidono sulla pelle vostra». Qualcuno storce la bocca, altri annuiscono. L’arringa scorre appassionata: «È sbagliato tirare i sassi, ma le periferie si ribellano. Che devono fà, devono morì zitte?».

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Taverna si sente a casa: «Abito a cento metri da qui». La accompagnano verso uno degli stabili dove sta per cominciare l’assemblea dei residenti. Devono decidere la strategia da tenere in vista dell’incontro in Campidoglio col sindaco Marino. «Voi giornalisti non entrate, lasciateci parlare in pace». Lei sorride: «Ma io sono una senatrice». «Meglio me sento», chiosa uno dei signori che sbarrano la strada alla portavoce grillina. La riunione si fa a porte chiuse, i Cinque Stelle restano fuori insieme alla stampa. «Noi non vogliamo esponenti politici, qua sono stati cacciati la Meloni e Borghezio», e ancora «Sei venuta perché c’hai avuto cinque giorni di sospensione in Parlamento». I residenti si scaldano e Taverna risponde per le rime: «Non dovete fare così, io non sono un esponente politico». «E che sei ’a Caritas?». Infuria il confronto. Taverna è visibilmente turbata: «Io non sò politico e tu nun te poi permette de chiamamme politico, io nun so senatrice, me devi chiamà Paola e non sono venuta qua per fare campagna elettorale».

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Risponde a tutti, Paola, spiega il motivo per cui è a Tor Sapienza. «Usatemi, porto le vostre istanze in Parlamento». Ferita per essere stata rimbalzata da quelli che considera cittadini di periferia come lei. A tratti è quasi commossa. I capannelli di persone aumentano, le telecamere si tuffano in un piatto sorprendentemente ricco. Nei volti dei residenti si leggono rabbia ed esasperazione, rughe che raccontano una settimana faticosa tra scontri e riflettori. E oggi non si guarda in faccia a nessuno. Borghezio, Meloni, Taverna. Tra i palazzoni di viale Morandi anche il Movimento 5 Stelle, quello dei cittadini portavoce e della democrazia diretta, viene percepito come «parte del sistema», al pari degli altri rappresentanti delle istituzioni. Nessun distinguo, i grillini sono i primi a rendersene conto. Contestati e cacciati dall’assemblea. Scuotono la testa e incassano il colpo, proprio qui dove molti abitanti ammettono di aver votato Grillo nel 2013 perché «la politica non ci rappresentava più». La senatrice ne prende atto: «È normale che siano arrabbiati, non vogliono vedere chi gli ricorda la politica. Tra quindici giorni torno qui quando i riflettori saranno spenti».

I consiglieri comunali M5s provano a stendere la road map degli interventi: «Presenteremo una mozione che impegni il sindaco a ristabilire la sicurezza a Tor Sapienza con uomini e mezzi, poi raccoglieremo le richieste dei residenti», spiega Marcello De Vito. «I problemi di Roma sono stati scaricati tutti sulle periferie», aggiunge Enrico Stefano citando l’alta concentrazione di campi rom nella zona. «Stiamo lavorando a una proposta di delibera per il superamento graduale di questi campi, che oggi rappresentano uno spreco economico e la causa della ghettizzazione». Ma la pacatezza dei consiglieri non fa notizia. Paola Taverna è stata respinta dall’assemblea. «Sentirmi chiamà politico è la cosa che mi ha fatto più male, se io vengo identificata come politico allora ho fallito. Vorrei che prima de uscì dal Senato avessi fatto qualcosa pe’ questo paese». 

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La delegazione dei Cinque Stelle ripiega al centro di accoglienza per i rifugiati, dove si intrattiene un’ora a parlare con gli operatori. Fuori è assiepato un gruppetto di cronisti dietro le transenne che, insieme a quattro blindati della Polizia e alle auto della Digos, proteggono la struttura. Il “post partita” si commenta al bar Lory, diventato uno dei luoghi simboli della protesta. Caffè e tramezzini. Ancora sfoghi e discussioni. Perché le sensibilità dei residenti sono tante, così come le accuse e le proposte messe in campo. Dalla ragionevolezza del Comitato di quartiere agli animi fumantini degli inquilini delle case popolari. Emblematica, a tal proposito, l’assemblea dei residenti di viale Morandi a cui non ha potuto partecipare Taverna. Una signora, che ha difeso la senatrice, denuncia: «Mi hanno quasi messo le mani addosso».

La riunione approva un piano di interventi da portare al sindaco Marino. Fonti interne raccontano: «Bisogna smantellare il centro per i rifugiati, dovrà accogliere solo donne e bambini. Se Marino non ci ascolta siamo pronti a bloccare l’autostrada». L’epilogo è amaro per tutti a Tor Sapienza. A una settimana dagli scontri, dal cielo continua a piovere e dalla terra sale la rabbia. I Cinque Stelle se ne vanno, con la promessa di tornare a trovare residenti e operatori del centro. Anche i giornalisti vengono invitati ad andarsene. La pietra tombale sta nelle parole di una signora, tanto arrabbiata quanto stanca: «Non vi siete mai occupati di noi, adesso che è scoppiata la bomba sono usciti tutti gli avvoltoi, ma qui non ci sono cadaveri».

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