L’auto dei prossimi anni avrà ancora un’anima? Il senso di realizzazione e di libertà che sono stati associati per un secolo alle automobili sarà ancora presente quando avremo un veicolo che si guida da solo e in cui non dovremo che indicare la destinazione? E cosa significherà per i produttori in termini di vendite e costi di progettazione e realizzazione lo sconvolgimento digitale di cui abbiamo avuto finora solo un assaggio? A tutte queste domande ha provato a rispondere uno studio della società di consulenza strategica McKinsey, intitolato “A road map to the future for the auto industry”.
Un’auto a misura dei cinesi
Il primo punto riguarda il mercato, e per essere più precisi il fattore Cina. Bastano un paio di dati per capire di che si parla: se vent’anni fa la Cina, pur con oltre un miliardo di abitanti, rappresentava l’1% delle vendite, globali, dieci anni fa pesava per l’8% e oggi per il 25 per cento.
Fonte: McKinsey. Per guardare il grafico ingrandito cliccare qui
In altri termini, se solo nel 2004 le auto e i camion venduti erano 8,5 milioni, nel 2013 erano 22 milioni e nel 2020 saranno, secondo stime, 30 milioni. Cosa significa questo per i produttori? In primo luogo, che dovranno tenere, per il design e gli accessori, sempre più presenti i gusti dei consumatori cinesi, soprattutto nel settore del lusso. In secondo luogo, che presidiare il mercato cinese per i produttori globali diventerà irrinunciabile (e, pensando a casa nostra, il ritardo di Fca in questo mercato rispetto agli altri partner dovrà essere colmato). Secondo i consulenti di McKinsey, nel breve periodo la competizione in Cina, visti i margini compressi, non darà grandi soddisfazioni economiche. Ma bisognerà presidiare il mercato, perché nel frattempo i produttori cinesi diventeranno sempre più forti. Dieci anni fa solo un costruttore cinese figurava nella lista Fortune Global 500 delle maggiori aziende globali. Oggi sono sei. Secondo lo studio, grazie alla forte domanda locale un certo numero di produttori cinesi si rafforzerà, diventerà più capace di servire il mercato domestico e cercherà di ottenere un impatto globale, forse attraverso joint venture, partnership o altre combinazioni con le società globali. Come ha già cominciato a fare in Europa, peraltro.
Quale elettrico?
Un secondo punto fermo dello studio è che i governi di tutto il mondo continueranno a imporre nuove regolamentazioni sia in termini di sicurezza sia, soprattutto, in termini di emissioni ambientali. Anche in questo caso sarà la Cina il mercato da tenere più d’occhio, perché secondo lo studio (redatto anche da un partner di Hong Kong) il governo di Pechino ha indicato la propria netta preferenza per i veicoli elettrici, anche a costo di bruciare carbone per alimentare le auto, e ottenere quindi un’impronta ecologica maggiore. Già oggi in Cina per ottenere la targa di un’auto a combustione interna possono passare due anni, mentre quella per un’auto elettrica si ottiene immediatamente. I governi dovranno ripensare i bilanci di emissioni e consumo lungo tutta la filiera, concentrandosi tanto sul passaggio “pozzo di petrolio-carrozzeria” quanto su quello “carrozzeria-ruote”. Cosa significa questo per i produttori? Per esempio, spiegano i consulenti, i costruttori potrebbero investire sullo sviluppo di carburanti alternativi o sulle centrali eoliche, per compensare le emissioni create dai veicoli che vendono. Le nuove regolamentazioni dovrebbero avere l’effetto di creare una nuova segmentazione di auto: da una parte quelle piccole ed elettriche per le città, dall’altra quelle grandi e a lungo raggio per gli altri spostamenti. Lo studio McKinsey non ha comunque dubbi: l’era dei motori a scoppio è destinata a finire. Si tratta di capire quale forma di elettrico (se a batteria o fuel-cell, per esempio) risulterà vincente nei prossimi anni.
Sconvolgimento digitale
Un’auto di lusso oggi ha una quantità di codice di programmazione superiore di sette volte a quella presente in un Boeing 787. E non è che l’inizio: le auto del futuro saranno connesse, non solo per monitorare in tempo reale le proprie componenti e le condizioni di sicurezza circostanti, ma anche per comunicare con altri veicoli e con un’infrastruttura stradale che sarà sempre più intelligente. Le auto saranno quindi sempre meno simili a scatole di metallo e sempre più degli integratori di tecnologie multiple, dei data center e dei componenti di un ampio network di mobilità. Ogni veicolo riceverà e trasmetterà bit di informazioni in milioni di interazioni, cosa che farà aumentare l’efficienza e la sicurezza e metterà i produttori nella condizione di catturare preziosi dati.
Per i costruttori tutto questo significherà nuove opportunità ma anche molti rischi. L’abilità di analizzare i dati che arrivano in tempo reale dalla strada dovrebbe incrementare l’efficacia delle vendite e del marketing. Le simulazioni che si potranno fare tramite i big data e i modelli virtuali potranno far abbassare i costi di sviluppo e accelerare la messa sul mercato dei modelli. Anche sul lato della produzione, i sensori di dati incorporati nelle auto potranno dare informazioni sull’utilizzo delle componenti e suggerire nuove tecniche di “lean-manufactoring”. Una volta che non ci sarà più necessità di guidare (nelle auto self-driving), anche gli interni dei veicoli potrebbero dare ai produttori di auto delle opportunità di generare ricavi dalle attività di chi è sull’auto.
Ci saranno però anche molte sfide. Una su tutte: ci saranno società che potranno fare un doppio salto e sostituire i produttori tradizionali. Il cuore della ricerca e ingegneria per le auto potrebbe spostarsi un luoghi come la Silicon Valley, Tel Aviv o Bangalore. L’acquizione di dati sarà sempre più cruciale per la sicurezza e questo porrà problemi di cyber-security. E bisognerà che i produttori proteggano i dati generati dai guidatori, garantendo la privacy.
Ripensare la proprietà
Già oggi la generazione dei Millennials dà molto meno importanza al possesso di un’auto rispetto ai ragazzi dei decenni precedenti. Questa nuova concezione di proprietà, prevedono i consulenti di McKinsey, non potrà che estendersi. Ne sarebbero segni il crescente successo di servizi di car sharing e di app di autisti a chiamata come Uber. Tuttavia, questo potrebbe non significare necessariamente che le vendite delle auto diminuiranno. Potrà, piuttosto, diventare comune avere consumi di tipo diverso: un’auto condivisa per gli spostamenti quotidiani e un’auto per il proprio divertimento personale per il fine settimana.
I veicoli autonomi e l’anima delle auto
I vantaggi di un’auto che si potrà guidare da sé saranno notevolissimi. Oggi il 90% degli incidenti è causato da errori umani. Un’auto progettata per non avere incidenti e che potrà ottenere questo obiettivo dialogando con le altre vetture e le strade intelligenti significherà, in ordine sparso: nessuna polizia stradale; nessun airbag; auto più leggere, per le minori protezioni di sicurezza, e meno costose da costruire e da mantenere; premi delle assicurazioni che precipiterebbero e si limiterebbero a coprire atti di vandalismo o furti. In più, ci sarà la possibilità per disabili, non vedenti o anziani (una fetta di popolazione destinata ancora a salire percentualmente in Occidente) che potranno usare le auto senza problemi. Ci sarà un periodo intermedio molto difficile da gestire, quello che vedrà sulla stessa strada auto connesse e auto tradizionali, ma superata la fase comincerà la nuova era. Con quali passaggi, e con quali strumenti? Una mappa chiarisce la road map.
Fonte: McKinsey. Per guardare il grafico ingrandito cliccare qui
Tuttavia, uno dei temi che arrovella e appassione i consulenti di McKinsey è quello del divertimento legato alle auto. Nel salone di New York del 1964, ricordano, mentre General Motors presentava un modello futuribile dal punto di vista della sicurezza, Ford mostrava al mondo la grinta della Mustang, che avrebbe conquistato i cuori degli americani. Saranno pronti i consumatori ad abbandonare le sensazioni che dà un’esperienza di guida per avere delle auto in cui l’unica abilità richiesta sarà quella di indicare l’indirizzo di destinazione? Per lo studio no, le persone continueranno a guardare alle proprie auto come mezzi di auto-espressione. I produttori vincenti di domani saranno quelli che sapranno catturare l’immaginario collettivo, come fece la Ford mezzo secolo fa.