Fino al 1986 Roma-Napoli era il “derby del sole”, una di quelle partite da festa dello sport. Una storia di amicizia. Nella Capitale qualcuno ricorda ancora le festanti trasferte dei tifosi ospiti. I lunghi cortei verso lo stadio, le bandiere azzurre e l’immancabile “ciuccio” (l’asinello, ndr) in testa. Dal gemellaggio degli anni Ottanta si è passati a un clima da guerra fredda. L’incontro di oggi è solo l’ultima pagina di una storia incredibile: stadio San Paolo blindato, trasferta vietata a tutti i tifosi residenti nel Lazio, squadra giallorossa costretta a viaggiare in aereo per evitare problemi in autostrada. Un declino lento, ma irreversibile. E recentemente scandito da una vicenda destinata a lasciare un segno indelebile – a torto o ragione – nei rapporti tra le due curve: la tragica morte di Ciro Esposito prima della finale di Coppa Italia giocata nella Capitale lo scorso giugno tra Napoli e Fiorentina.
Almanacco alla mano, Roma-Napoli è una classica del calcio italiano. In serie A ci sono stati 136 precedenti: 49 vittorie dei giallorossi, 39 dei partenopei e 48 pareggi. È in una di queste partite da segno X, quella del 25 ottobre 1987, che si rompe il gemellaggio tra le due tifoserie. Anche se, notano quelli dalla memoria lunga, il rapporto si rompe almeno un anno prima.
Nell’estate del 1985 il Napoli aveva infatti acquistato Bruno Giordano, idolo della Curva Nord laziale. Un passaggio di casacca che non viene digerito dalla curva sud dell’Olimpico di Roma, che lo considera a suo modo un affronto. Tuttavia anche il 26 ottobre 1986, ripetendo un cerimoniale tipico delle tifoserie gemellate, il Commando Ultrà Curva Sud della Roma e il Commando Ultrà Curva B del Napoli, sfilano sotto le rispettive curve, scambiandosi i vessilli e sostenendo entrambe le squadre durante tutta la partita.
Tuttavia, a inizio partita, come ben ricordano i presenti, dalla curva sud romanista arriva qualche parola di troppo nei confronti di Giordano e lo stesso succede a parti invertite nei confronti della bandiera giallorossa Bruno Conti. Il Napoli, per la cronaca, porterà a casa la partita senza particolari problemi e a fine anno vincerà il campionato.
Il rapporto si inclina definitivamente un anno dopo, però. Siamo ancora all’Olimpico, a inizio campionato. Prima della partita i due portacolori si incontrano nel cerchio di centrocampo, come al solito. Da lì, corrono prima verso la Curva Nord occupata dai napoletani che fanno partire cori che inneggiano la Roma, quindi si muovono verso la Sud romanista dove è previsto lo scambio delle bandiere. È un tranello: quando il portabandiera della tifoseria napoletana porge lo stendardo al romanista, dalla Curva Sud partono fischi, sputi e oggetti. Il tifoso azzurro fugge verso la sua curva, riportando indietro la bandiera, mentre i napoletani, ignari, continuano a inneggiare alla Roma. La partita è molto nervosa. Quando per la Roma va in gol il “bomber” Pruzzo, dalla curva napoletana cominciano a partire insulti nei confronti della Roma. Il gemellaggio è finito.
Il Napoli rimane in nove uomini dopo le espulsioni di Careca e Renica, ma riesce a strappare lo stesso un pareggio con Francini. Il patatrac lo combina Salvatore Bagni, che in piena trance agonistica, corre sotto la curva romanista e fa il gesto dell’ombrello rompendo definitivamente il feeling tra le tifoserie. Il mediano napoletano si scuserà più volte per quel gesto e probabimente la storia non sarebbe cambiata, ormai. Da quel momento, per motivazioni talmente ridicole da sembrare grottesche, tra le curve del Napoli e della Roma è rivaltà accesa. E purtroppo, talvolta, anche qualcosa di più.