Portineria MilanoPisapia e Milano, un amore finito

Pisapia e Milano, un amore finito

Ai ferri corti con il Partito Democratico. Con le periferie in subbuglio, tra sgomberi di case occupate e centri sociali sul piede di guerra. Una distanza sempre più siderale da quella borghesia che lo sostenne nel 2011 nella scalata al Comune di Milano. E infine un Expo 2015 alle porte con sempre più incognite sulla sua riuscita, tra scandali giudiziari e ritardi nella realizzazioni dei padiglioni espositivi. Se già due anni fa, su Linkiesta, raccontavamo di come la fotografia dei festeggiamenti di piazza del Duomo del 30 maggio del 2011, per il sindaco Giuliano Pisapia fosse un po’ ingiallita, ora quell’istantanea è stata definitivamente riposta nel cassetto da parte del capoluogo lombardo. L’amore tra la città e il primo cittadino è finito, se mai è iniziato. Per capirlo basta mettere in fila i problemi che si sono accomulati questi tre anni e mezzo di governo, con una cittadinanza sempre più ai ferri corti con l’avvocato penalista milanese, simbolo della rivincita della sinistra dopo vent’anni di strapotere del centrodestra di Silvio Berlusconi e della Lega Nord. 

Da mesi Pisapia appare sempre più indeciso sulla scelta se ricandidarsi o meno per la guida della Città Metropolitana. Non ha torto. «Stanchezza e pessimismo» suggeriscono in piazza della Scala, sono i sentimenti che circolano di più tra i corridoi di palazzo Marino. In realtà già un anno fa Pisapia aveva deciso che avrebbe preferito rinunciare alla ricanditura: lo avevamo scritto noi de Linkiesta, nel giugno del 2013 senza ricevere smentite. Adesso il tempo stringe. E c’è già una fila di candidati, in particolare a sinistra, pronta a chiedere le primarie.  Nelle ultime settimane è esplosa persino una polemica con il quotidiano Repubblica, dopo un articolo dove alcuni quadri del Pd chiedevano a mezzo stampa quali fossero le reali intenzioni del sindaco. «Cattivo giornalismo», hanno sentenziato il segretario democrat Pietro Bussolati, come il vicesindaco Lucia De Cesaris: la seconda è stata oggetto di un editoriale di critiche al vetriolo da parte di Repubblica Milano. In sostanza, il clima a Milano non è dei migliori. A una manciata di mesi dall’inizio dell’Expo 2015 tra Pisapia e la città sembra essersi creato una ferita che secondo alcuni sarà difficile da rimarginare. 

LA BORGHESIA, IL MALESSERE NEI POCHI SALOTTI RIMASTI

Dov’è finita quella borghesia tanto impegnata tra il 2010 e il 2011 a sostenere l’ascesa di uno degli avvocati più noti nel cerchia dei bastioni? Da mesi non c’è traccia. In pochi si fanno sentire. Risentono della crisi dei poteri forti, ormai deboli, del nostro Paese, ma molti di loro, come Piero Bassetti, ex presidente di regione Lombardia e anima riformista lombardo o lo stesso Carlo De Benedetti, editore di Repubblica e grande amico del primo cittadino, rivelano solo in privato il malessere di come viene gestita la città: l’Ingegnere lo ha invitato alla sua festa di compleanno ma il sindaco non ha potuto presenziare perché impegnato durante l’esondazione del Seveso. Ai piani più bassi pare che la frattura tra il centro e l’amministrazione comunale sia iniziata con l’introduzione di Area C, la tasse che residenti e non devono pagare per circolare in centro. Non solo. Un’altra spaccatura tra la borghesia e Pisapia si è consumata con le dimissioni dell’architetto Stefano Boeri da assessore alla Cultura. Non è una notizia ricordare come l’archistar – capace di raccogliere 13mila preferenze durante le elezioni comunali – ora fresco di vittoria dell’International Highrise Award di Francoforte per il «Bosco verticale» del quartiere Isola, sia inserito e conosciuto in una certa Milano dei salotti culturali e radical chic, di sinistra ma dove si possono incontrare anche anime di quel che rimane del socialismo meneghino che ha governato la città negli anni ’80.

A restare dalla parte del sindaco, al momento, è rimasto il Corriere della Sera. Il quotidiano di via Solferino, dove negli ultimi decenni si sono incrociati gli interessi di quel che resta del tessuto economico politico lombardo e italiano, continua a dare credito a Pisapia. E’ una domanda che ricorre spesso in città. Perché il Corriere non critica il primo cittadino? In pochi, al momento, hanno trovato una risposta all’altezza. Si tratta di una “stranezza” secondo alcuni, dove s’incrociano pure i dubbi sul futuro del direttore Ferruccio De Bortoli, in uscita, da sempre tra i potenziali candidati per la poltrona più importante di palazzo Marino. A guardare bene, il Corriere della Sera, come il Partito Democratico, sembra aver scelto di accompagnare il sindaco almeno fino all’inizio dell’Expo 2015: affossarlo prima dell’inizio della manifestazione universale sarebbe un comportamento tafazziano. 

IL PARTITO DEMOCRATICO DIVISO E UN VENDOLA CHE NON C’È PIÙ

Matteo Renzi, premier e segretario del Pd, avrebbe già individuato un possibile candidato a sindaco per il 2016. Si tratta della deputata Alessia Mosca, ex fedelissima di Enrico Letta, nata a Monza – stessa città del leader della minoranza piddina Pippo Civati. Poco conosciuta in centro, Mosca è però una donna nello stile di Maria Elena Boschi o Marianna Madia, capace – secondo le teorie del presidente del Consiglio – di intercettare consensi nella cerchia delle Città Metropolitana, in un hinterland milanese che peserà alle prossime elezioni del 2016. Dal canto loro i democratici milanesi soffrono in questi mesi il calo di gradimento del sindaco. Secondo i consueti sondaggi di Ipr Marketing per il Sole 24 Ore sul consenso degli amministratori comunali, già nel gennaio del 2014 Pisapia aveva perso 4,1 percentuali rispetto al giorno dell’elezione, posizionandosi decimo nella classifica dei sindaci più amati d’Italia. Certo, lo stile della vita a Milano migliora, dicono le ultime rilevazioni. E la città ha ricevuto pagine lusinghiere sui quotidiani internazionali. Ma non è abbastanza. Basti pensare al litigio con gli stilisti Dolce & Gabbana, poi assolti, ma bollati dall’assessore Franco D’Alfonso come «evasori» dopo la sentenza d’appello.   

Tra litigi e malesseri, intorno a Pisapia è rimasto poco delle forze politiche che lo affiancarono nel 2011. Del Pd si è già detto, se si pensa a Sinistra e Libertà di Nichi Vendola la situazione è ancora peggiore, perché il partito e il suo leader non esistono praticamente più. La lista Tsipras è uno sbiadito ricordo delle ultime elezioni europee. E presto Pisapia, nel caso dovesse ricandidarsi, dovrà capire in che area collocarsi. Del resto la crisi del movimento arancione, quell’ideale unione tra liste civiche e politica, tra borghesia del centro e comitati di zona, è ormai un esperimento fallito, dopo gli insuccessi di Luigi De Magistris a Napoli e di Marco Doria a Genova. Difficile che la stessa impostazione del 2011 si avrà nel 2016. Vanno di moda i leader in questo momento. Che non sono altro che Matteo Renzi e Matteo Salvini. Il primo sta cercando di scrollarsi di dosso la riottosa minoranza piddina per dare vita al partito della Nazione. Mentre il secondo è l’unico faro di un centrodestra in panne. Per questo motivo il centrosinistra appare tranquillo in vista delle elezioni. «Ma» suggerisce chi mastica politica da anni a Milano «siamo proprio sicuri che se si candidasse Salvini a sindaco Pisapia vincerebbe così facilmente contro di lui?». 

PERIFERIE E LA CRISI CON I COMITATI PER MILANO

Il tema più scottante, al centro della cronaca ormai da settimane, sono le proteste di alcuni quartieri periferici. Le periferie sono state al centro del programma di Pisapia. Eppure il sindaco si è fatto vedere poco in questi anni, dimostrando di essere più un animale di centro che di “circonvallazione”, per di più affidando a Lina Sotis, giornalista dei salotti di Milano, una consulenza gratuita per gestire il caso periferie: nessuno l’ha mai vista. Non solo. Rispetto alle occupazioni e agli spazi occupati il comportamento del sindaco è stato ondivago, sin dai primi mesi del 2012 con il collettivo Macao e la Torre Galfa di Salvatore Ligresti. Una parte della giunta aveva appoggiato l’occupazione, ma nei mesi successivi sono iniziati gli sgomberi di alcuni centri sociali come lo Zam o il Corvaccio. Non sono mai terminati, anche se Macao è tutt’ora nell’area dell’ex Macello Comunale di proprietà della Sogin, che gestisce l’Ortomercato. Secondo quel che rimane dell’area antagonista milanese Pisapia è peggio dell’ex vicensindaco sceriffo Riccardo De Corato. A questo malessere si è aggiunto in questi mesi il problema delle case occupate dell’Aler.

Giambellino, San Siro e Corvetto sono stati teatri di rivolte e scontri tra manifestanti e forze di polizia, a seguito del programma, approvato lo scorso 18 novembre dalla prefettura di Milano, dello sgombero di 200 alloggi abusivi a settimana. Il problema della gestione degli alloggi popolari non è certo una novità, e al centro delle proteste degli abitanti delle zone interessate vi è la cattiva gestione della questione sia da parte di Aler — l’ente responsabile degli alloggi popolari titolare di oltre cinquantamila abitazioni — che del Comune di Milano. Molti alloggi già pronti per essere abitati sono tuttavia ancora vuoti, e questo ha fatto scattare un meccanismo di occupazione abusiva attorno al quale proliferano diverse attività criminali, in grado di agevolare le occupazioni in cambio di denaro. 

I QUARTIERI IN RIVOLTA, PER GLI SGOMBERI E GLI STRARIPAMENTI

Corvetto

Corvetto è stato uno dei primi quartieri ad essere interessato dagli sgomberi. La mattina del 18 novembre scorso le forze dell’ordine in tenuta anti sommossa arrivano in zona fin dalle prime ore della mattina. L’obiettivo è sgomberare due centri sociali, il Rosa Nera e il Corvaccio dove risiederebbero antagonsti e anarchici pronti a schierarsi in difesa degli abitanti del quartiere interessati dagli sgomberi. L’azione della polizia va in porto senza particolari intralci per lo sgombero del Rosa Nera, mentre per Corvaccio la situazione è più complessa. All’interno risiedono poco meno di una decine di persone, alcune delle quali si appostano sul tetto dell’edificio per ritardare le operazioni, mentre altri si scagliano contro gli agenti in azione.

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Nel frattempo all’esterno tra le vie adiacenti si scatena una vera e propria guerriglia urbana: cassonetti rovesciati in mezzo alla strada, rifiuti incendiati, si creano delle barricate e inizia un fitto lancio di pietre e altri oggetti contro gli agenti che rispondono con cariche e lancio di lacrimogeni per disperdere la protesta. Più tardi molti di questi contestatori si riuniranno in un corteo in via dei cinquecento con a capo uno striscione che recita “200 sgomberi, 200 barricate. Diffondiamo solidarietà: aler, racket, razzisti, polizia fuori dai quartieri” controllati a vista da un fitto cordone di polizia che staziona in via Ravenna. La tensione però tornerà a salire in serata, quando un nuovo corteo, formato da un centinaio di persone, si scaglia contro gli agenti in tenuta anti sommossa lanciando pietre e bottiglie, al quale seguirà il solito lancio di lacrimogeni. Gli antagonisti poi si disperderanno tra le strade per sfuggire alla polizia che riporterà la calma qualche ora più tardi.

Giambellino
Una madre di 35enne e due figli sono stati i primi ad essere sgomberati in via Vespri siciliani, nel quartiere di Giambellino, il 17 novembre scorso e gli scontri hanno visto coinvolte per la maggior parte donne, scagliatesi contro la polizia lanciando pietre ed estintori e rovesciando cassonetti. Durante le proteste alcuni cittadini della zona hanno addirittura assalito un’ambulanza. Una seconda ondata di scontri è avvenuta lo scorso 25 novembre in occasione dello sgombero di una famiglia marocchina in via degli Apuli. Le dinamiche dello scontro si ripetono seguendo più po meno sempre lo stesso copione: da una parte una settantina di manifestanti dall’altra camionette della polizia, e agenti in tenuta antisommossa. Di seguito il video del “Fatto quotidiano” relativo agli scontri di giorno 17.

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San Siro
Il ministro dell’Interno Angelino Alfano in quei giorni era stato molto chiaro al riguardo, e ai microfoni di Rtl 102.5 aveva tuonato: «Siamo chiamati a far rispettare la legge che mette come titolo la lotta all’occupazione abusiva degli immobili: saremo duri per gli immobili abusivamente occupati”. E allora ecco che il valzer degli sgomberi colpisce anche la zona di San Siro: poco dopo le 8 del mattino del 27 novembre alcune camionette della polizia hanno presidiato la zona di Via Tracia, e costretto una famiglia romena ad abbandonare la casa in cui abitavano. A sentire la famiglia — madre, nonna e tre figli — durante l’operazione di sgombero la polizia avrebbe legato le mani di due figli con delle fascette di plastica, per costringerli a lasciare l’abitazione. Oltretutto sembra che alcuni tecnici di Aler abbiano spaccato i sanitari dei bagni in modo tale da rendere inagibili gli appartmenti — una prassi già denunciata dai contestatori dei fatti di Corvetto. Una situazione esplosiva che rischia di peggiorare nei prossimi mesi, in vista dell’arrivo dell’Expo 2015.

Niguarda e Lambrate

Problema annoso quello dello straripamento del Seveso in caso di forti piogge. L’amministrazione comunale ha addossato le responsabilità alle precedenti amministrazioni comunali di centrodestra, ma ora ha il dovere di intervenire. Negli ultimi mesi l’ingrossamento dei canali che attraversano Milano ha messo in ginocchio la città. A Niguarda e al quartiere Isola i cittadini sono inferociti per una situazione che sembra a poco a poco peggiorare. Così come accade nei quartieri vicini al Lambro, altro canale che non appena piove inonda le strade. Di tempo ce n’è poco, perché la domanda che ci si pone in città è se disagi di questo tipo si verificassero durante l’Expo 2015, con l’arrivo dal 1° maggio di 24 milioni di turisti. La città rischia di esplodere. E se dovesse andare storto qualche cosa tutte le responsabilità ricadranno sul sindaco di Milano, Giuliano Pisapia.