Prof. non si nasce, i docenti devono essere formati

Prof. non si nasce, i docenti devono essere formati

La buona scuola introduce il tema della formazione e della carriera dei docenti (cap. 2) con questo incipit: «Il rafforzamento del profilo professionale dei docenti inizia dalla codificazione delle competenze dei docenti, chiaramente definite per ogni stadio della carriera d’insegnamento». L’affermazione, contestualizzata, focalizza quattro aspetti nodali: 1. il profilo professionale dei docenti è centrale nel progetto di riforma e va rafforzato; 2. per rafforzarlo si deve intervenire sulle competenze professionali attraverso una efficace formazione, iniziale e in servizio; 3. le competenze d’insegnamento devono essere codificate per livelli crescenti; 4. lo schema competenze-profilo-formazione deve avere effetti sullo sviluppo di carriera del docente. Come dire che la scuola di qualità si fa solo con insegnanti di qualità, formati e competenti. Sa, il Governo, che questi obiettivi non si possono raggiungere senza adeguati e consistenti investimenti.

La formazione degli insegnanti gioca quindi un ruolo chiave nel disegno di intervento sulla scuola, con due assunti fondamentali: a) il modello di formazione deve superare “gli approcci formativi su base teorica”; b) esso deve essere “incentrato sulla formazione esperienziale fra colleghi” (p. 47). Niente più solo teoria, quindi: né nella formazione iniziale, dove gli insegnamenti non dovranno, quindi, più riproporre corsi con contenuti solo disciplinari, ma affrontare il problema della didattica e della sperimentazione; né nella formazione in servizio dove saranno esclusi corsi che non siano in grado di intervenire concretamente sulla pratica d’insegnamento. 

Il modello di formazione iniziale degli insegnanti è in realtà presentato al paragrafo 1.8, in una forma molto sintetica e che lascia aperta la discussione nella comunità scientifica per dare concretezza al progetto, il che richiede qualche ulteriore riflessione.

Il modello si basa sullo schema laurea magistrale (LM) per l’insegnamento più un periodo di tirocinio nella scuola. Incrociando le indicazioni del modello con i principi enunciati nella parte dedicata alla formazione si deduce che nella laurea magistrale prevarranno gli insegnamenti di didattica e laboratorio, che saranno orientati a coinvolgere formatori che provengono dalla scuola vissuta in classe. Il che dovrebbe tradursi in un patto fra scuola e università più solido e articolato di quello attuale e vedere rispecchiati tali principi nei bandi di selezione dei docenti. 

Anche la maggiore valorizzazione delle associazioni professionali nella formazione, si presume in servizio, e il ruolo centrale attribuito alle reti di scuole mette in luce una doppia attenzione: dare un ruolo più rilevante alla scuola sia nella formazione iniziale, sia in quella in servizio e riaffermare la centralità del docente e dei docenti innovatori in tutti ruoli che possono valorizzarne le competenze. 

Avere una scuola più presente nella partita della formazione, non dovrebbe comportare necessariamente una scissione netta dall’università, soprattutto nella formazione iniziale. Separando infatti la laurea magistrale, affidata esclusivamente all’università, dal tirocinio (sei mesi nella scuola, parrebbe senza rapporti con l’università) si interrompe una serie di virtuose collaborazioni scuola-università, che si sono create, dal 2000 ad oggi, nelle migliori esperienze di formazione iniziale degli insegnanti (come nei corsi di Scienze della formazione primaria).

La collaborazione è possibile sui due terreni degli insegnamenti di laboratorio, presenti sia nella LM, sia – si suppone – in affiancamento al tirocinio, e del tirocinio, che può iniziare con una esperienza di stage nella LM e continuare in un anno di tirocinio post lauream dove si auspica la presenza di laboratori di sperimentazione gestiti dall’università in collaborazione con la scuola. 

Un ruolo chiave per una fruttuosa collaborazione nella differenza dei ruoli, lo rivestono le figure tutoriali che accompagnano il tirocinante nel suo percorso, dando compimento a quella formazione esperienziale fra colleghi che il documento propone. La figura del mentore introdotta, se da una parte realizza la presenza di un responsabile di scuola che possa progettare e organizzare la formazione degli insegnanti, dall’altra non sostituisce efficacemente, nel tirocinio, le due figure che devono operare su due distinti livelli: una presso la scuola  (tutor dei tirocinanti), e il tutor coordinatore che guida la classe di tirocinio e collega i laboratori con i tirocini nelle scuole. 

Il documento sembra lasciare, sulla formazione, spazio alla innovazione e al consolidamento delle esperienze migliori e più efficaci, tenendosi così lontano dal rischio, più volte occorso in passato, di elaborare tesi prive della necessaria bibliografia.

* Presidente ANFIS

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