Referendum proibito? In Catalogna si vota lo stesso

Referendum proibito? In Catalogna si vota lo stesso

Dal centro adibito per la stampa, a Barcellona, rispondono voci entusiaste di giovani catalani. «Ma allora questo referendum ci sarà?», chiediamo al telefono. «Sì, claro, il 9 novembre», risponde Javier, alternando spagnolo, italiano e qualche risata. Avere un’intervista con chi si occupa dell’organizzazione del “plebiscito” sull’indipendenza catalana però è piuttosto difficile. «Siamo molto impegnati qui, ma ci proviamo», risponde il ragazzo tra il brusio frenetico di sottofondo.

Dopo aver cambiato nome più volte, ed essere passato attraverso due bocciature della Corte Costituzionale spagnola, la consultazione sull’indipendenza catalana in ogni caso si terrà. Artur Mas, Presidente della Generalitat de Catalunya (il Parlamento catalano) dal 2010, lo ha detto chiaramente: «Manterremo il processo partecipativo del 9 novembre e avvieremo una causa davanti al tribunale supremo per attentato contro i diritti fondamentali dei catalani».

Artur Mas al Parlamento catalano il 7 novembre (Lluis Gene / Getty Images)

Quello che era nato come «referendum per l’indipendenza» è diventato «processo partecipativo» o «consultazione alternativa», o ancora «elezione plebiscitaria». Un surplus di nomi con cui tentare di superare il blocco posto il 29 settembre della Corte costituzionale spagnola, che ha ammesso il ricorso del governo di Mariano Rajoy contro la legge di consultazione.

Senonché il 4 novembre la Corte costituzionale spagnola ha sospeso all’unanimità anche la consultazione simbolica, perché si tratta di una formula non prevista da nessuno degli ordinamenti spagnoli. Ma la macchina organizzativa ormai è avviata, e domenica 9 novembre più di seimila seggi distribuiti tra 942 comuni della Catalogna (solo quattro si sono rifiutati) accoglieranno gli elettori della provincia più ricca di Spagna, una delle 17 comunità autonome del Paese. «Il processo partecipativo è praticamente pronto», ha dichiarato il portavoce e assessore alla presidenza Francesc Homs, aggiungendo che «non si può vietare quello che non si è ancora fatto».

Insomma, si tratta di portare a tutti i costi i catalani alle urne, farli apparire numerosi in coda a dire la loro. Serve una manifestazione della loro coesione, della convinzione con cui chiedono di dire la loro. Importante anche solo in quanto tale.

«Voglio un Paese dove mia madre possa arrivare a fine mese» si legge su questo cartello pro indipendenza attaccato a Vic (Josep Lago / Getty Images)

Recandosi ai seggi, i catalani si troveranno davanti a un duplice quesito, scritto in catalano, spagnolo e dialetto aranese: «Vuole che la Catalogna sia uno Stato?» e «In caso affermativo, vuole che questo Stato sia indipendente?».
Rispondendo «No» alla prima domanda si esprime la volontà di rimanere parte dello Stato spagnolo. Se invece si barra il «Sì» alla prima domanda e «No» alla seconda, ci si esprime a favore della federalizzazione della Spagna. Il «Sì» a entrambe le domande, infine, è la richiesta di indipendenza assoluta della Catalogna, che diventerebbe Stato a sé.

Una vetrina per gli indipendentismi d’Europa

Attratta dal richiamo della vetrina barcellonese, la nuova Lega Nord di Matteo Salvini ha annunciato che invierà una delegazione guidata dal vicepresidente del Consiglio regionale Fabrizio Cecchetti e di una cinquantina di giovani del Movimento Giovani Padani della Lombardia, insieme agli aderenti del Collettivo Indipendentista Lombardo Avanti.

Fabrizio Cecchetti sul sito della Padania – screen shot

Ma dall’Italia partono anche gli indipendentisti sardi, sponenti di Irs e di Sni-Sardigna Natzione Indipendentzia, che non si sono persi nemmeno il referendum in Scozia del 18 settembre scorso.

A suo tempo, Ska Keller, il leader dei Verdi Europei – Alleanza Libera Europea aveva dichiarato di voler «esprimere il mio impegno personale alla causa», affermando che «i Verdi difendono la democrazia radicale e nella Catalogna c’è una richiesta cittadina a favore del referendum di autodeterminazione».

E così anche Seán Crowe TD, portavoce del partito indipendentista irlandese Sinn Féin, che a fine settembre aveva chiesto al governo spagnolo di rispettare la volontà della gente di Catalogna.

L’unica cosa certa, a Barcellona, è che la consultazione si terrà. E che il Parlamento inizierà a raccogliere le firme per denunciare la violazione del diritto di espressione dei catalani – come annunciato da Artur Mas. Il resto, tutto quello che verrà dopo il voto di domenica, è impossibile anche solo immaginarlo. 

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