Basta merendine, panini con la maionese, patatine fritte e bibite gassate. Se la proposta approvata dai venti assessori regionali all’Agricoltura si trasformerà in legge, la ricreazione degli studenti italiani potrebbe avere tutto un altro sapore. Mettendo qualche spicciolo nelle macchinette delle scuole, verranno giù yogurt, frutta fresca e sandwich senza salse. Alimenti più sani e meno calorici, perché i bambini italiani sono più obesi di molti coetanei europei.
Il 30 ottobre scorso la Conferenza dei presidenti delle Regioni ha approvato all’unanimità una proposta di legge sulla regolamentazione degli alimenti contenuti nei distributori automatici presenti nelle scuole. La proposta, siglata dagli assessori all’Agricoltura durante il Salone del Gusto di Torino, è chiara. All’articolo 2 viene «vietata la somministrazione, mediante distributori automatici situati negli istituti scolastici e in altri luoghi pubblici abitualmente frequentati da minori, di alimenti e bevande contenenti un elevato apporto totale di grassi saturi, grassi trans, zuccheri semplici aggiunti, sodio, nitriti e/o nitrati utilizzati come additivi, dolcificanti, teina, caffeina, taurina e similari». «Ci impegneremo», ha detto Giorgio Ferrero, assessore all’Agricoltura del Piemonte e promotore della proposta, «perché la salute dei minori venga tutelata e sostanze potenzialmente dannose siano escluse dagli alimenti che quotidianamente assumono nelle scuole». Una volta approvato dalla Conferenza Stato Regioni, toccherà poi al governo tradurre la proposta in una legge che di sicuro rivoluzionerà la ricreazione degli studenti italiani. Molte delle merendine che oggi si trovano sugli scaffali elettronici dei distributori verrebbero sostituite da frutta, yogurt, prodotti senza salse né conservanti e spremute di arancia.
Il progetto che ha fatto da pioniere alla rivoluzione delle macchinette italiane si chiama “Eat”, acronimo di Educazione alimentare teenager, messo in piedi nel 2009 dalla Fondazione del Gruppo ospedaliero San Donato di Milano. Oltre agli incontri su educazione alimentare e corretti stili di vita durante tutto l’anno scolastico, Eat per la prima volta ha lanciato la diffusione di spuntini salutari in quattro scuole medie. Tra gli ingredienti banditi dalle macchinette delle quattro strutture, ci sono sciroppo di glucosio, fruttosio da mais, margarine, oli vegetali e conservanti. Negli scaffali non si trovano bibite gassate, ma solo spremute di mele, succhi di arance e di mirtilli senza zuccheri aggiunti. Le crostatine sono farcite con la composta e la pasta frolla ha meno zuccheri e solo burro biologico. I frollini sono fatti con l’olio d’oliva e farine integrali. I panini sono farciti con la bresaola, che è più magra.
«Il progetto prevede la collaborazione tra agricoltori e produttori locali, le società che gestiscono le macchinette, le scuole e i nutrizionisti», spiega Alexis Malavazos, nutrizionista responsabile dei Eat. «Abbiamo puntato sul cambiamento dell’ambiente obesogeno che si respira nelle scuole. Se non cambi quello, puoi fare tutte le lezioni che vuoi dicendo che bisogna mangiar bene, ma non raggiungi il risultato. Stessa cosa vale per banche, aziende, redazioni dei giornali ecc. Quando ti prendi un intervallo, ti trovi sempre a disposizione cibo di bassa qualità che non scegli, ma ti viene imposto».
Le società che gestiscono le macchinette ovviamente non sono state d’accordo sin da subito. Anzi, all’inizio hanno fatto la guerra a Malavazos e colleghi (come sta già accadendo in Piemonte davanti alla proposta di Ferrero). Perché se nelle macchinette metti solo prodotti freschi, i distributori dovranno essere dotati di frigoriferi e le scadenze saranno molto inferiori, quindi ci dovrà essere un ricambio continuo. «In più il passaggio deve essere giornaliero e questo per loro significa lavorare di più e fare più rifornimenti», spiega Malavazos. La teoria iniziale dei proprietari delle macchinette con i distributori salutari avrebbero guadagnato poco o niente. «Così abbiamo fatto un test all’ospedale Galeazzi: in una notte abbiamo sostituito dieci distributori junk con dieci salutari», racconta Malavazos. Dopo due mesi si è visto che il guadagno per i gestori di macchinette c’era anche con il cibo sano, anche se inferiore rispetto a quanto guadagnano con il solo junk food («se con il junk guadagni 100, con il cibo salutare 85»). E alle società di vending è stata anche chiesto di pagare una piccola percentuale, tra il 12 e il 20%, da versare alla Fondazione San Donato che eroga le borse di studio per giovani nutrizionisti.
Bisogna modificare l’ambiente obesogeno
nelle scuole. Se non cambi quello, puoi fare tutte le lezioni che vuoi dicendo che bisogna mangiar bene, ma non raggiungi il risultato
Per quanto riguarda la differenza di prezzi tra prodotti spazzatura e prodotti salutari, è difficile tracciare una media. «La frutta prima non c’era, ma nemmeno lo yogurt e le insalate, e molti prodotti sono imparagonabili», spiega Alexis Malavazos. «Per quanto riguarda invece le crostatine al cioccolato che ci sono ora e quelle che c’erano prima, ad esempio, i prezzi sono uguali se non minori». La novità è che collaborando con i produttori locali, «abbiamo ridotto la filiera e quindi lo yogurt senza emulsionanti e zuccheri aggiunti da 250 ml costa solo 90 centesimi, prezzi che non si trovano neanche nella grande distribuzione, perché è prodotto e imbottigliato da un allevatore di Brescia».
All’inizio dell’anno scolastico 2009, quando il progetto Eat è partito, i medici hanno misurato il rapporto tra la circonferenza addominale e l’altezza per 1.100 dei ragazzi coinvolti nel progetto. Dopo due anni di distanza, i risultati dicono che gli studenti fanno più sport (dati rintracciabili anche dai contapassi consegnati a ciascuno studente) e per quelli in sovrappeso o obesi di loro la circonferenza addominale è diminuita in media da 78,5 a 75,5 centimetri. Non solo: l’indice di massa corporea (Bmi) si è ridotto per tutti, il numero totale di obesi è sceso del 2%, quello di ragazzi sovrappeso del 7 per cento. Ma sono cambiate anche le abitudini alimentari: la percentuale di chi fa colazione al mattino è passata dal 91,5% al 97,5%, e se prima quasi il 5% non mangiava per niente verdure o frutta durante la settimana, ora questa percentuale è scesa a zero. Il campione dei ragazzi da monitorare salirà a 5.500 nel 2015, e i dati finali verranno presentati per l’Expo di Milano.
I risultati dei nutrizionisti milanesi hanno attirato anche l’attenzione degli scienziati di Harvard. Malavazos con il suo team è già volato a Boston qualche mese fa a presentare i dati, e nella prossima primavera lo farà di nuovo. Nonostante la campagna di Michelle Obama a favore di frutta e verdura e qualche sperimentazione partita nelle scuole di Boston, il progetto italiano è unico nel suo genere. E al piatto proposto dalla first lady in sostituzione della piramide alimentare, hanno affiancato l’italiano “piatto in forma”, composto da ortaggi, frutta, proteine di qualità e cereali integrali.
Dopo due anni di snack sani e spremute al posto delle bibite gassate, la percentuale di ragazzi obesi è scesa del 7%
Prima della partenza del progetto Eat, i comportamenti scorretti, racconta Malavazos, «riguardavano il consumo eccessivo di zuccheri, soprattutto tramite bevande e merendine». Rivoltando come un calzino i distributori automatici, «abbiamo ridotto gli zuccheri semplici, aumentato il contenuto di fibre e leggermente anche quello di proteine, ma sopratutto abbiamo ridotto drasticamente i grassi e distribuito loro una borraccia da riempire d’acqua, perché c’erano alcuni di loro che non bevevano mai durante l’orario scolastico». Di certo «non possiamo controllare tutta la giornata di questi ragazzi, ma nelle 5/6 ore che trascorrono a scuola mandiamo loro un input positivo dicendo che c’è un’alternativa al solito junk food delle macchinette che favorisce l’obesità».
L’Organizzazione mondiale della sanità ha definito l’obesità una «silente epidemia globale». E l’Italia di sicuro ne è contagiata. I dati più preoccupanti riguardano proprio i ragazzi. Il 27% dei giovani dai 6 ai 17 anni ha un peso eccessivo, percentuale che aumenta nella fascia 6-10 anni arrivando a uno su tre (35,7%). I più obesi sono i maschi (30% contro il 23,6% delle donne) e i bambini che vivono al Sud (34,6%). In alcune regioni, come la Campania, dove lo sport è poco praticato, si arriva addirittura al 49%, cioè quasi un bambino su due. A questo si aggiunge il dato che dei 250mila decessi per tumori che si verificano ogni anno in Italia, un terzo sono favoriti o causati dalle abitudini alimentari. Nonostante, come viene fuori da uno studio del ministero della Salute, dal 2008 a oggi il numero di obesi si sia ridotto, l’Italia resta comunque sopra la media europea.
Dietro a questi numeri, come si legge nell’ultimo rapporto Istat-Unicef “Bambini adolescenti tra nutrizione e malnutrizione”, ci sono soprattutto cattive abitudini alimentari. Il 10% dei bambini tra 3 e 17 anni non fa una colazione adeguata, il 14% mangia uno snack almeno una volta al giorno, percentuale che sale al 17,4% tra gli adolescenti, l’8% beve in media più di mezzo litro di bevande gassate al giorno, e solo il 12% mangia almeno quattro porzioni di frutta o verdura al giorno. I numeri di certo variano al variare del livello culturale delle famiglie: più elevato è il titolo conseguito dai genitori, più accurato è l’aspetto nutrizionale dei bambini. Ma perché mettere a disposizione bibite gassate, dolci zuccherati e snack salati anche a scuola?
Malavazos e il suo team hanno già esposto i risultati delle macchinette salutari alla Commissione Sanità del Senato. E a breve è previsto un altro incontro. «Ora speriamo che si muova qualcosa anche dal punto di vista legislativo», dice il nutrizionista. Le Regioni, intanto, si sono già espresse. All’unanimità.